Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2291 del 30/01/2017
Cassazione civile, sez. II, 30/01/2017, (ud. 19/10/2016, dep.30/01/2017), n. 2291
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 13060-2013 proposto da:
L.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO
TRIONFALE 7, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANNUCCI, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
C.C., EDILRISPARMIO IMMOBILIARE SRL;
– intimati –
avverso la sentenza n. 5658/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 13/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/10/2016 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI EMILIO;
udito l’Avvocato LATELLA Stefano, con delega orale dell’Avvocato
MANNUCCI Luigi, difensore del ricorrente che si riporta agli atti
depositati, deposita n. 2 cartoline di ricevimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CAPASSO LUCIO che ha concluso per l’accoglimento (1 motivo del
ricorso) del ricorso per quanto di ragione.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con citazione notificata il 10.3.1995, il geom. L.I. convenne innanzi al Tribunale di Roma C.C. e Solare s.r.l. chiedendone la condanna al pagamento dell’importo di Lire 19.188.000 a titolo di compenso per l’attività professionale oggetto di due distinti incarichi affidatigli dai convenuti.
Questi ultimi si costituirono chiedendo il rigetto della domanda.
Con sentenza del 2.9.2003 il Tribunale accolse la domanda e condannò i convenuti, in solido fra loro, a pagare al L. l’importo di Euro 9.910,00 oltre accessori e spese di lite.
2. C.C. e Solare s.r.l. (poi incorporata in Edilrisparmio Immobiliare s.r.l.) proposero appello chiedendo l’integrale riforma della sentenza; il L. si costituì domandando il rigetto del gravame.
La Corte d’Appello di Roma, in accoglimento dell’impugnazione, rigettò la domanda del L. e compensò le spese di entrambi i gradi di giudizio.
A sostegno della decisione rilevò che il L. aveva affermato di aver svolto due incarichi progettuali, la cui documentazione risultava tuttavia sottoscritta da diversi professionisti e perciò a questi ultimi riconducibile.
Osservò inoltre che, quand’anche fosse stato l’effettivo autore della prestazione, in base al disposto dell’art. 2231 c.c., il L. non aveva azione per il pagamento del corrispettivo, trattandosi di attività riservate e non risultando egli iscritto ad alcun albo professionale, in quanto dipendente comunale.
La corte romana specificò, a tale ultimo proposito, che l’unica azione che il L. avrebbe potuto proporre era quella di arricchimento senza causa.
3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione L.I. sulla base di due motivi. Gli intimati non si sono costituiti.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Con i due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, il L. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 2231 e 2041 c.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, assumendo che la corte d’appello avrebbe errato nel ritenere la natura riservata delle attività oggetto di incarico.
Queste sarebbero infatti consistite nella “consulenza ed assistenza tecnica necessarie all’ottenimento di un’autorizzazione edilizia” per realizzare un muro di recinzione, ovvero nella “assistenza per effettuare uno studio di fattibilità sulla possibilità di utilizzare un immobile frazionandolo in un complesso di mini unità immobiliari”; attività, tutte, che non prevedevano il compimento di atti riservati ad un professionista iscritto ad albo ed erano perciò liberamente esercitabili in forma di lavoro autonomo.
Il ricorrente osserva inoltre che la questione relativa alla natura necessitata delle attività non era mai stata sollevata dalle controparti, le cui contestazioni si erano limitate ai profili dell’individuazione del professionista titolare del credito, e che pertanto la decisione della corte era affetta da ultrapetizione, e si duole che la corte d’appello abbia omesso di considerare il fatto ch’egli, ancorchè dipendente comunale, era stato autorizzato dalla propria amministrazione di appartenenza all’espletamento del secondo dei due incarichi.
Infine contesta l’applicabilità alla fattispecie del rimedio dell’azione generale di arricchimento, non sussistendone i presupposti.
5. I motivi sono infondati.
La sentenza si fonda su una duplice ratio decidendi ovvero la mancata esecuzione da parte dell’attore della prestazione per la quel ha chiesto il pagamento del compenso e, in ogni caso, la mancata iscrizione dello stesso nell’albo professionale previsto dalla legge quest’ultima ratio è assorbente di ogni altra ragione. Ed invero, per il disposto dell’art. 2231 c.c., l’esecuzione di una prestazione d’opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell’apposito albo previsto dalla legge dà luogo a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, rilevabile anche d’ufficio; e, privando il contratto di qualsiasi effetto, non attribuisce al professionista azione per il pagamento della retribuzione (v. Cass. n. 14085/2010; Cass. n 13214/2006; Cass. n. 3021/2005).
Di tale principio ha fatto buon governo la sentenza della corte d’appello.
Quanto, poi, all’accertamento circa la natura delle attività, la corte d’appello ha rilevato le stesse si compendiarono dell’elaborazione di tavole progettuali e planimetriche, incombenze certamente tipiche di una prestazione d’opera di competenza di un tecnico professionista, tant’è che le tavole vennero sottoscritte da un architetto e da un ingegnere. L’accertamento in merito alla natura dell’attività prestata, compiuta dalla corte d’appello ha ad oggetto un indagine di natura tecnica, che è riservata al giudice di merito e, come tale, è sottratta al sindacato di legittimità, tranne il casi di inesistenza o apparenza della motivazione. Qui occorre rilevare che trova applicazione ratione temporis l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è inammissibile il motivo di ricorso per l’omesso esame di elementi istruttori ove il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice. La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. v. Cass. 14324/15; S.U. 8053/14.
Il rilievo della mancata iscrizione del L. all’albo professionale dei geometri appare peraltro decisivo, ai fini dell’invocato diritto al compenso, a prescindere dal fatto che egli fosse stato parzialmente autorizzato dal proprio ente datore allo svolgimento di uno dei due incarichi.
Quanto precede assorbe ogni altra considerazione in punto all’esperibilità dell’azione generale di arricchimento, che comunque il ricorrente non ha mai inteso proporre.
Il ricorso è dunque meritevole di rigetto.
Non avendo gli intimati svolto attività difensiva, non vi è regolazione delle spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dal L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ratione temporis applicabile, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.
PQM
Rigetta il ricorso ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.
La presente sentenza è stata redatta con la collaborazione dell’assistente di studio C.F..
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2017