Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22907 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 29/09/2017, (ud. 09/05/2017, dep.29/09/2017),  n. 22907

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CORTESI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21219/2014 R.G. proposto da:

B.F. e B.A.M., rappresentati e difesi

dagli Avv.ti Pietro FINI e Claudio IACUBINO ed elettivamente

domiciliati presso l’indirizzo di posta elettronica dei medesimi

difensori;

– ricorrenti –

contro

B.G., B.M. e B.E., rappresentati

e difesi dagli Avv.ti Giovanni FULCHINO e Fernando DONNINI ed

elettivamente domiciliati in Roma, via Girolamo Boccardo n. 26/a,

presso lo studio dell’Avv. Gennaro Fredella;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 722/2014,

depositata in data 19.5.2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.5.2017 dal

Consigliere Relatore Dott. CORTESI Francesco.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

F. ed B.A.M. convennero innanzi al Tribunale di Foggia i fratelli G., E. e B.M. e premesso di essere proprietari per via ereditaria della quota indivisa dei 2/9 di un appartamento sito a (OMISSIS), del quale erano comproprietari i convenuti, esposero che costoro li avevano riconosciuti come meri nudi proprietari della porzione, impedendo loro di accedere all’immobile e di esercitarne ogni godimento; chiesero pertanto che, previo accertamento del loro diritto di proprietà, il Tribunale condannasse i convenuti a reintegrarli nel possesso ed a risarcire loro i danni, calcolati in base al valore locativo dell’immobile;

– G., E. e B.M. si costituirono deducendo che gli attori non avevano mai avuto il possesso del bene, ove essi avevano coabitato con il comune dante causa ed erano rimasti dopo il decesso di questo; chiesero pertanto il rigetto della domanda;

– il Tribunale, ritenuto il carattere petitorio dell’azione, dichiarò gli attori pieni proprietari dell’immobile per la quota indivisa dei 2/9 e condannò i convenuti al risarcimento del danno, quantificato nell’importo di Euro 6.451,68;

– G., E. e B.M. appellarono la sentenza; F. ed B.A.M. si costituirono chiedendo il rigetto del gravame e proposero appello incidentale, lamentando che il tribunale non aveva pronunziato sulla domanda di reintegrazione e di risarcimento dei danni successivi alla decisione di primo grado;

– la Corte d’Appello di Bari accolse parzialmente l’appello principale, liquidando a titolo di risarcimento danni la minor somma di Euro 1.433,70, commisurata al valore della quota ideale; confermò per il resto la sentenza, compensando integralmente fra le parti le spese dei due gradi;

– avverso tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione F. ed B.A.M. sulla base di quattro motivi; gli intimati hanno depositato ricorso incidentale affidato ad un motivo; le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

– con il primo motivo i ricorrenti denunziano violazione dell’art. 342 c.p.c., assumendo che la corte barese avrebbe ridotto l’importo liquidato a titolo di risarcimento in assenza di domanda sul punto da parte degli appellati, odierni intimati, e comunque erroneamente omesso di considerare che la somma riconosciuta in primo grado era pacificamente già corrispondente ai 2/9 del valore locativo, e dunque alla quota di loro pertinenza;

– con il secondo essi denunziano vizio di omessa pronunzia in relazione alla loro richiesta di correzione di errore materiale sulla data di un documento nonchè, e soprattutto, sul loro motivo di appello incidentale volto “al recupero della situazione possessoria coerente con la comproprietà”;

– con il terzo motivo lamentano poi violazione dell’art. 345 c.p.c., dolendosi della mancata condanna degli occupanti al risarcimento dei danni successivi, maturati sino al rilascio del bene;

– con il quarto motivo, infine, i ricorrenti si dolgono della decisione sulle spese;

– con l’unico motivo di ricorso incidentale i controricorrenti denunziano violazione di legge e nullità della sentenza in relazione al disposto risarcimento del danno, assumendo che il giudice di merito avrebbe dovuto rinviare all’instaurando giudizio di divisione del bene comune ogni questione sulla corresponsione dei frutti civili di spettanza dei coeredi;

– il ricorso incidentale, che per ragioni logiche può essere scrutinato con precedenza, è infondato;

– infatti, premesso come fatto pacifico l’uso esclusivo del bene comune da parte di G., E. e B.M., il giudice di merito ha dato continuità al principio, più volte affermato da questa Corte (per tutte v. Cass. 12.5.2010, n. 11486; Cass. 7.8.2012, n. 14213; Cass. 28.9.2016, n. 19215), secondo cui il comproprietario che non viene posto in condizione di godere per la sua quota del bene comune ex art. 1102 c.c., da parte del possessore esclusivo ha diritto ad essere indennizzato per la compressione del suo diritto, sussistendo un’ipotesi di pregiudizio in re ipsa, quantificabile in base ai frutti civili tratti dal bene dall’autore della violazione;

– passando all’esame dei motivi di ricorso principale, il primo di essi è fondato per quanto di ragione;

– infatti, benchè priva di pregio in relazione al lamentato vizio di ultrapetizione, poichè nel giudizio di appello gli odierni controricorrenti contestarono la condanna risarcitoria disposta nei loro confronti sia in punto all’an che in punto al quantum debeatur (v. pagg. 8-9 dell’atto introduttivo del gravame), la censura coglie invece nel segno quanto al denunziato errore di fatto, emergendo con evidenza dalla lettura della pronunzia di primo grado che la liquidazione del danno, determinata mediante un calcolo effettuato sulla base della consulenza tecnica appositamente esperita, teneva già conto del valore della quota del bene di pertinenza degli odierni ricorrenti, non necessitando pertanto dell’ulteriore decurtazione erroneamente disposta dai giudici d’appello;

– anche il secondo motivo del ricorso principale è fondato;

– infatti, al di là dell’improprio riferimento alla reintegrazione nel possesso – essendo l’originaria pretesa degli odierni ricorrenti volta alla loro immissione nel godimento pro quota del bene, come peraltro rilevato nella sentenza di primo grado- è tuttavia pacifico che su tale domanda la sentenza impugnata non contiene alcuna statuizione, e ciò pur a fronte dell’apposito motivo di appello incidentale che denunziava identica omessa pronunzia nella decisione di primo grado;

– sussiste, del resto, l’interesse dei ricorrenti ad ottenere una pronunzia di condanna al rilascio del bene pro quota, sulla cui ammissibilità ed eseguibilità si attesta il consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. 5.3.2013, n. 5384; Cass. 5.1.2005, n. 165; Cass. 5.12.1990, n. 11691);

– consegue giudizio di fondatezza anche del terzo motivo di ricorso;

– richiamate, infatti, le superiori considerazioni in punto alla sussistenza di un danno in re ipsa a carico del comproprietario illegittimamente escluso dal godimento del bene comune, non vi è ragione per escludere il risarcimento per il tempo successivo alla pronunzia, e sul punto non può essere condivisa la sentenza impugnata che a tanto si è determinata per non aver accertato se e quando era intervenuto il rilascio del bene;

la sentenza impugnata va quindi cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Bari in diversa composizione per un nuovo esame, limitato alla domanda di rilascio della quota dell’immobile ed al complessivo risarcimento del danno alla luce dei rilievi sopra esposti e dei principi affermati, nonchè alla liquidazione delle spese del giudizio di appello; resta così assorbito l’esame del quarto motivo di ricorso principale.

Il giudice del rinvio provvederà, inoltre, sulle spese di questo giudizio.

Sussistono i presupposti per la condanna del ricorrente incidentale al pagamento dell’importo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

accoglie per quanto di ragione il primo motivo del ricorso principale; accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, assorbito il quarto; rigetta il ricorso incidentale; cassa e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di Bari diversa composizione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’importo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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