Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22906 del 10/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/11/2016, (ud. 22/09/2016, dep. 10/11/2016), n.22906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2501/2014 proposto da:

BECCARIA DIECI SRL, (OMISSIS) in persona dell’amministratore unico

R.M., CORTINA TRE SRL (OMISSIS) in persona

dell’amministratore unico legale rappresentante R.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. NICOTERA 24, presso lo

studio dell’avvocato PIETRO CICERCHIA, rappresentati e difesi dagli

avvocati ANTONIO GIACOMO M. BOLONDI, FORTUNATO TAGLIORETTI giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

SANITARIA CESCHINA & C. SPA in persona del Presidente del C.d.A.

legale rappresentante Dott. C.M., elettivamente domiciliata

in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso lo studio dell’avvocato LUCA

VIANELLO, rappresentata e difesa dagli avvocati ANNELISE GHELFI,

PIETRO MERLINI giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2551/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2016 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito l’Avvocato PIETRO CICERCHIA per delega;

udito l’Avvocato ANNELISE GHELFI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Sanitaria Ceschina & C. s.p.a. ha convenuto la Cortina Tre s.r.l. dinanzi al Tribunale di Milano per sentir convalidare lo sfratto per finita locazione in relazione a un contratto per uso diverso da abitazione relativo a un immobile concesso dalla società ricorrente alla convenuta.

Nel giudizio è volontariamente intervenuta la Beccaria Dieci s.r.l..

2. Il Tribunale di Milano, in accoglimento della domanda proposta dalla Sanitaria Ceschina, ha accertato l’intervenuta scadenza del contratto di locazione (originariamente stipulato il (OMISSIS)) alla data del (OMISSIS) a seguito della disdetta comunicata dalla locatrice con missiva del (OMISSIS).

3. Su impugnazione della Cortina Tre s.r.l. e della Beccaria Dieci s.r.l., la Corte d’appello di Milano ha integralmente confermato la sentenza di primo grado, sottolineando l’insussistenza di alcuna prova a sostegno delle deduzioni delle appellanti circa il ricorso di un dedotto accordo fra le tre parti in giudizio, in forza del quale il rilascio del locale condotto in locazione dalla Cortina Tre sarebbe stato subordinato alla contestuale consegna di altro locale alla Beccaria Dieci, con la conseguente insussistenza di alcun rinnovo del contratto di locazione oggetto di giudizio, ovvero di alcuna altra proroga convenzionale della relativa scadenza.

4. Avverso la sentenza d’appello, hanno proposto ricorso per cassazione la Cortina Tre s.r.l. e la Beccaria Dieci s.r.l. sulla base di quattro motivi di impugnazione, illustrati da successiva memoria.

5. La Sanitaria Ceschina & C. s.p.a. ha depositato controricorso, concludendo per la dichiarazione di inammissibilità, ovvero per il rigetto del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo, le società ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’ammissibilità dei documenti prodotti dalla Cortina Tre e dalla Beccaria Dieci in sede d’appello.

Osservano le ricorrenti come la corte territoriale avesse erroneamente respinto la produzione dei documenti proposti in sede d’appello dalle società impugnanti, atteso che detta documentazione, oltre a non poter essere materialmente prodotta prima del giudizio d’appello, doveva considerarsi obiettivamente decisiva e indispensabile ai fini della decisione, trattandosi di documentazione amministrativa (DIA del 2004 e del 2008) contenente la dichiarazione confessoria dell’impegno assunto dalla Sanitaria Ceschina s.p.a. di permettere il trasferimento dell’azienda gestita dalla Cortina Tre nel locale oggetto di giudizio presso altro locale sotto le insegne della società Beccaria Dieci.

7. Con il secondo motivo, le società ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2730, 2735 e 2733 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla confessione stragiudiziale resa dalla Sanitaria Ceschina.

Sul punto, le ricorrenti evidenziano come la corte territoriale avesse erroneamente interpretato le dichiarazioni contenute nella documentazione amministrativa prodotto in giudizio (e non acquisita dai giudici d’appello), disconoscendone la natura confessoria determinante ai fini della decisione della causa, con particolare riguardo alla comune e riconoscibile volontà negoziale delle tre parti in causa, diretta a legare la sorte del contratto di locazione oggetto di giudizio alla consegna del nuovo attiguo locale in favore della Beccaria Dieci.

8. I primi due motivi di ricorso sono inammissibili.

Con i motivi in esame, il ricorrente – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, delle fattispecie astratte recate dalle norme di legge richiamate – allega una pretesa erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171).

Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierno ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto della documentazione probatoria prodotta in appello e ritenuta, non solo tardiva, bensì (e soprattutto) non “indispensabile” ai fini della decisione, nonostante il (ritenuto) significato confessorio contenuto in detta documentazione, di evidente rilevanza decisiva.

Si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato.

Ciò posto, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 91 85 del 21/04/2011, Rv. 616892).

9. Con il terzo motivo, la società ricorrenti si dolgono della violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), nonchè dell’omesso esame circa un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte d’appello omesso la pronuncia, nonchè l’esame sulla domanda proposta in via subordinata dalla Cortina Tre e dalla Beccaria Dieci, destinata, non già all’accertamento del rinnovo del contratto locazione oggetto di giudizio, bensì dell’impegno della società locatrice di consentire il trasferimento dell’azienda condotta nel locale oggetto del contratto de quo in quelli attigui, senza provvedere, nel frattempo, allo sfratto della società conduttrice.

10. Con il quarto motivo, le società ricorrenti hanno invocato la differente regolazione delle spese del giudizio tra le parti, per l’eventualità dell’accoglimento dei motivi di ricorso per cassazione proposti.

11. La prima parte del terzo motivo (violazione dell’art. 112 c.p.c.) è infondata.

Dal testo della sentenza impugnata risulta in modo evidente come la corte territoriale abbia espressamente considerato, disattendendola, non solo l’ipotesi difensiva del prospettato rinnovo del contratto di locazione oggetto di giudizio, bensì anche la questione relativa al dedotto condizionamento della scadenza del contratto (e dunque la sua eventuale “proroga” oltre la scadenza naturale originariamente convenuta tra le parti) alla circostanza della consegna di altro locale dalla società locatrice in favore della Beccaria Dieci.

Tale questione, in quanto espressamente affrontata e decisa dai giudici d’appello sulla base della ritenuta insussistenza di prove a sostegno, esclude che la corte territoriale sia incorsa nell’omessa pronuncia infondatamente denunciata dalle odierne società ricorrenti: denuncia, da ritenere, pertanto, del tutto priva di fondamento.

12. La seconda parte del terzo motivo (omesso esame circa un fatto decisivo controverso, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) è infondata.

Secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, il testo vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della motivazione in sè (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. Sez. Un., 22/9/2014, n. 19881; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Nella specie, la corte territoriale risulta aver affrontato il tema del dedotto condizionamento della scadenza del contratto alla circostanza della consegna, da parte della società locatrice, di un diverso locale alla società Beccaria Dieci, evidenziando la mancata acquisizione di alcun elemento di prova idoneo a suffragare detta deduzione.

Si tratta di una motivazione corretta sul piano giuridico e del tutto coerente sul piano logico-formale, come tale pienamente idonea a sottrarsi alle censure critiche sul punto sollevate dalle società ricorrenti.

13. Da ultimo, varrà rilevare l’integrale assorbimento del quarto motivo di ricorso, trattandosi di doglianza espressamente subordinata dalle ricorrenti all’eventuale accoglimento delle censure critiche sollevate con i primi tre motivi di ricorso.

14. Le argomentazioni che precedono impongono la pronuncia del rigetto del ricorso, con la conseguente condanna delle società ricorrenti in solido al rimborso, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna le società ricorrenti in solido al rimborso in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità liquidate in complessivi Euro 13.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016

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