Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22903 del 13/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 13/09/2019, (ud. 28/06/2019, dep. 13/09/2019), n.22903

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23074/2018 R.G. proposto da:

Q.F., rappresentata e difesa dagli Avv. Marco Noferi,

Iacopo Tozzi e Marco Antonio Vallini, con domicilio in Roma, piazza

Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

G.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Massimo Macherelli, con

domicilio eletto in Roma, via S. Pellico, n. 24, presso lo studio

dell’Avv. Giuseppe Valvo;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del Tribunale di

Firenze depositata il 20 giugno 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 giugno

2019 dal Consigliere Guido Mercolino;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale DE AUGUSTINIS Umberto, che ha chiesto

la dichiarazione di competenza del Tribunale di Firenze.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Q.F. ha convenuto in giudizio il coniuge G.A., per sentir accertare il suo diritto sul 50% delle quote della Immofin S.r.l., con la pronuncia del trasferimento ai sensi dell’art. 2932 c.c. o la condanna del convenuto alla restituzione di quelle in suo possesso, ed in subordine per sentir accertare l’ingiustificato arricchimento derivante dall’intestazione delle predette quote, con la condanna del convenuto all’indennizzo per la diminuzione patrimoniale da leì subita.

A sostegno della domanda, ha esposto che nella predetta società sono confluiti tutti i beni familiari, dei quali essi coniugi hanno disposto sempre di comune accordo, in virtù del mandato da essa conferito al G., al quale è stata fiduciariamente intestata una parte delle sue quote azionarie. Ha riferito inoltre che, a seguito del manifestarsi di una crisi familiare, il coniuge, avvalendosi della propria partecipazione di maggioranza, l’ha estromessa da ogni decisione, relegandola ai margini della società.

Si è costituito il G., ed ha eccepito preliminarmente l’incompetenza del Giudice adito, essendo competente la Sezione specializzata in materia d’impresa o il collegio arbitrale previsto dall’art. 34 dello statuto societario; nel merito, ha resistito alla domanda, chiedendone il rigetto.

1.1. Con ordinanza del 20 giugno 2018, il Tribunale di Firenze, Sezione specializzata in materia d’impresa, ha dichiarato la propria incompetenza, osservando che, in quanto riguardante il trasferimento di quote di partecipazione ad una società di capitali, la domanda spetta alla competenza del collegio arbitrale cui lo statuto della Immofin devolve tutte le controversie che insorgano tra la società ed i soci o tra questi ultimi, e reputando irrilevante la circostanza che la controversia penda tra due coniugi e s’inquadri in un contesto di crisi familiare, dal momento che essa non è finalizzata alla determinazione delle condizioni della separazione o del divorzio, ma esclusivamente all’esercizio dei diritti di partecipazione alla società.

2. Avverso la predetta ordinanza la Q. ha proposto istanza di regolamento di competenza, affidata ad un solo motivo, illustrato anche con memoria. Il G. ha resistito con memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Premesso che la clausola compromissoria è contenuta nel nuovo statuto della società, approvato nel corso del giudizio, a seguito della trasformazione della società da società a responsabilità limitata in società per azioni, la ricorrente osserva che la controversia esula dalla competenza degli arbitri, non riguardando il contratto sociale o la gestione della società e non configurandosi come una lite tra soci, ma come una controversia tra coniugi, insorta in occasione di una crisi coniugale e rispetto alla quale il contratto sociale rappresenta esclusivamente un presupposto dell’oggetto del contendere. Aggiunge che il rapporto sottostante all’intestazione fiduciaria delle partecipazioni societarie è qualificabile come mandato senza rappresentanza e regola esclusivamente i rapporti tra fiduciante e fiduciario, restando del tutto irrilevante nei confronti della società e degli altri soci.

1.1. Non può condividersi l’eccezione d’inammissibilità sollevata in proposito dalla difesa del resistente, secondo cui l’interpretazione della clausola compromissoria, su cui si fonda l’affermazione della competenza degli arbitri, implicando la ricostruzione della comune intenzione delle parti, si risolve in un’indagine di fatto, riservata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità esclusivamente per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, nella specie neppure indicate dalla ricorrente, oppure per vizio di motivazione, non deducibile in sede di regolamento di competenza.

Tale principio, enunciato dalla giurisprudenza di legittimità in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che ha sostituito il testo dell’art. 819-ter c.p.c., prevedendo la facoltà d’impugnare con il regolamento di competenza la sentenza con cui il giudice abbia affermato o negato la propria competenza in relazione a una convenzione di arbitrato, ha costituito infatti oggetto di rimeditazione alla luce delle modificazioni introdotte dal decreto citato: quest’ultimo, ponendo in risalto la natura giurisdizionale dell’arbitrato, quale strumento di risoluzione delle controversie alternativo alla giurisdizione statale e sostitutivo della stessa, ha riconfigurato in termini di competenza il rapporto tra gli arbitri ed il giudice ordinario (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 25/10/2013, n. 24153; Cass., Sez. I, 8/03/2016, n. 4526; Cass., Sez. VI, 12/11/2015, n. 23176), in tal modo determinando il superamento dell’orientamento giurisprudenziale sviluppatosi sotto la vigenza della precedente disciplina, secondo cui la relativa questione atteneva al merito della controversia, avendo ad oggetto la validità o l’interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria, configurabili come rinuncia delle parti alla giurisdizione statale ed all’azione giudiziaria in favore della soluzione della controversia sul piano privatistico (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 3/08/2000, n. 527; Cass., Sez. III, 19/02/ 2003, n. 2501; Cass., Sez. I, 24/04/2001, n. 6007). L’inquadramento del rapporto tra gli arbitri ed il giudice ordinario nella nozione di competenza, imponendo di qualificare l’eccezione di compromesso come eccezione di natura processuale, ha indotto peraltro a ritenere che nella risoluzione della relativa questione il Giudice di legittimità operi, al pari di quanto accade per le altre questioni di rito, come giudice anche del fatto, e possa quindi procedere alla verifica della correttezza dell’interpretazione fornita dal giudice di merito attraverso l’esame diretto degli atti, al fine di accertare la volontà manifestata dalle parti attraverso la stipulazione del compromesso o della clausola compromissoria (cfr. Cass., Sez. I, 13/03/2019, n. 7198; 18/11/ 2015, n. 23629; Cass., Sez. VI, 30/09/2015, n. 19546)

1.2. Il ricorso è fondato.

Nessun rilievo può tuttavia assumere, ai fini della decisione, la circostanza, posta in risalto dalla difesa della ricorrente, che nell’ambito della trasformazione della Immofin da società a responsabilità limitata in società per azioni, intervenuta nel corso del presente giudizio, si sia proceduto alla approvazione di un nuovo statuto, in sostituzione di quello precedente: nonostante tale modifica, è rimasta infatti sostanzialmente inalterata la clausola compromissoria contenuta nell’art. 34, la quale, nel testo vigente alla data della proposizione della domanda, prevedeva il deferimento al giudizio di un collegio arbitrale di tutte le controversie che fossero insorte tra la società ed i singoli soci, ovvero tra i soci medesimi, relativamente al contratto sociale, purchè avessero ad oggetto diritti disponibili e purchè per esse non fosse previsto l’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero.

Ciò posto, si osserva peraltro che, anche a voler attribuire alla predetta clausola il significato più ampio possibile, includendovi qualsiasi controversia avente un collegamento sia pure indiretto con l’attività svolta dalla società ed i rapporti intercorrenti tra i soci, dovrebbe comunque escludersi la possibilità di ritenere devoluta alla competenza degli arbitri la domanda proposta dalla ricorrente, la quale, pur avendo ad oggetto l’accertamento della titolarità effettiva della partecipazione sociale, fatta valere da un socio nei confronti di un altro socio, non trova la sua causa petendi nel contratto sociale. A sostegno della propria pretesa, la Q. ha infatti allegato il carattere fiduciario dell’intestazione della predetta partecipazione, facendo valere gli obblighi che ne derivano a carico dell’intestatario, e segnatamente quello di ritrasferirle la proprietà dei titoli o di restituirglieli, il cui fondamento non è costituito dal contratto sociale, ma dall’accordo intervenuto con l’intestatario: tale accordo, com’è noto, si configura come una combinazione di due fattispecie negoziali collegate, l’una costituita da un negozio traslativo a carattere esterno, realmente voluto ed avente efficacia nei confronti dei terzi, e l’altra (il c.d. pactum fiduciae) avente carattere interno ed effetti meramente obbligatori, diretta a modificare il risultato finale del negozio esterno mediante l’obbligo assunto dal fiduciario di trasferire al fiduciante il bene o il diritto che ha costituito oggetto dell’acquisto (cfr. Cass., Sez. I, 21/03/ 2016, n. 5507; 8/09/2015, n. 17785; 10/05/2010, n. 11314). L’intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie dà quindi luogo ad un’ipotesi di interposizione reale di persona, in virtù della quale l’interposto acquista la titolarità delle azioni o delle quote, ma è tenuto ad osservare un determinato comportamento convenuto in precedenza con il fiduciante: tale obbligo, pur potendo incidere sulle concrete modalità di esercizio dei diritti sociali e di adempimento dei correlati doveri, non comporta alcun effetto nei rapporti con la società o gli altri soci, nei confronti dei quali viene in considerazione esclusivamente la titolarità formale della partecipazione. A loro volta, gli effetti dell’eventuale accoglimento della domanda sono destinati ad esaurirsi nel rapporto interno tra le parti, non comportando l’automatica sostituzione dell’attrice al convenuto nella titolarità della medesima partecipazione, ma solo il trasferimento di quest’ultima o la condanna del fiduciario a restituirla alla fiduciante.

In definitiva, la controversia in esame, pur vertendo tra due soci, non riguarda il rapporto sociale, ma solo quello interno tra la fiduciante ed il fiduciario, che costituisce il titolo della domanda proposta dall’attrice ed al quale si riferiscono i provvedimenti da quest’ultima invocati: rispetto a tale rapporto, quello sociale si configura come un mero presupposto, estraneo alla materia del contendere, e quindi inidoneo a giustificare la riconduzione della controversia alla competenza degli arbitri. Correttamente, in proposito, la ricorrente richiama il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la clausola compromissoria contenuta in un contratto non consente di estendere la deroga alla competenza del giudice ordinario ed il deferimento agli arbitri a controversie relative ad altri contratti, ancorchè gli stessi risultino collegati a quello principale cui accede la medesima clausola (cfr. Cass., Sez. III, 17/01/2017, n. 941; Cass., Sez. I, 7/02/2006, n. 2598; 11/04/2001, n. 5371). Nessun rilievo può assumere, in contrario, il canone interpretativo consacrato nell’art. 808-quater c.p.c., che impone, nel dubbio, d’intendere la convenzione d’arbitrato nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal contratto o dal rapporto cui la convenzione si riferisce: tale principio, pur costituendo indubbiamente espressione di un favor del legislatore per il ricorso a strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione statale, può infatti consentire, in mancanza di un’espressa manifestazione di volontà contraria, di ampliare l’ambito applicativo di una clausola compromissoria riferita genericamente alle controversie nascenti dal contratto cui inerisce la clausola compromissoria, in modo da ricomprendervi tutte le controversie aventi la loro causa petendi nel contratto stesso, ma non anche di estendere la predetta competenza a quelle che in tale contratto hanno unicamente il loro presupposto storico (cfr. Cass., Sez. VI, 13/10/ 2016, n. 20673; Cass., Sez. II, 3/02/2012, n. 1674).

2. L’ordinanza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa al Tribunale di Firenze, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa l’ordinanza impugnata, e dichiara la competenza del Tribunale di Firenze, dinanzi al quale il processo dovrà essere riassunto nel termine di legge.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2019

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