Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22901 del 04/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 04/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 04/11/2011), n.22901

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ASSO MARMITTE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5,

presso lo studio dell’avvocato MANZI ANDREA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato OMETTO MICHELE, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario

della Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS, S.C.C.I.

S.p.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17,

presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi

dagli avvocati MARITATO LELIO, CORRERA FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA,

giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 41/2007 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/02/2007 R.G.N. 774/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato ALBINI CARLO per delega MANZI ANDREA;

udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega MARITATO LELIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 22 febbraio 2007, la Corte d’Appello di Venezia respingeva il gravame svolto dalla s.r.l. Asso Marmitte contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato le opposizioni avverso le cartelle esattoriali con cui era stato ingiunto il pagamento delle somme ivi indicate per omissione contributiva.

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– l’omissione contributiva concerneva l’illegittimo inquadramento del lavoratore G.A. come apprendista nei periodi 6.9.1996-1.7.1997 e 25.5.1998-30.5.1999 e non, quanto al primo periodo, come operano di 3 livello ccnl a decorrere da due mesi dopo l’effettiva assunzione e, quanto al secondo periodo, sin dall’assunzione, per essere iniziata la prestazione lavorativa già in epoca precedente, vale a dire il 18.5.1998, e non il 24 maggio come risultante, invece, dalla documentazione contabile, e per aver sempre svolto funzioni di saldatore, in piena autonomia e senza tirocinio professionale;

– all’esito dell’istruttoria dibattimentale svolta era risultato provato che il lavoratore, nel corso del primo rapporto, decorso il bimestre iniziale nel corso del quale venne effettivamente addestrato, svolse la propria attività sempre in autonomia quale saldatore, senza controlli o istruzioni specifiche, partecipando unicamente a corsi di aggiornamento professionale sulla sicurezza indirizzati a tutto il personale;

– erano prive di pregnanza le istruzioni su compiti da svolgere e materiali da utilizzare, indirizzate dal caporeparto a tutti i lavoratori della società;

– era risultato provato lo svolgimento di mansioni di saldatore senza ricevere uno specifico addestramento teorico-pratico, se non indicazioni di massima, e non rilevava la mera indicazione formale delle mansioni da svolgere riportata nella lettera di assunzione, non avendo la società, gravata della relativa prova, provato di aver impartito all’apprendista l’insegnamento necessario, provvedendo direttamente all’addestramento teorico-pratico necessario per il conseguimento della capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato;

– il predetto quadro probatorio non risultava alterato dalla dichiarazione del lavoratore di non aver lavorato in autonomia, ma ricevendo istruzioni sul lavoro da svolgere, trattandosi di dichiarazioni rese allorchè G. era dipendente della società e in assenza di spiegazioni sulla difformità tra le dichiarazioni di segno opposto rese agli ispettori e le dichiarazioni dibattimentali.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la s.r.l.

Asso Marmitte, in persona del legale rappresentante pro tempore, ha proposto ricorso per cassazione fondato su sei motivi. L’INPS ha resistito con controricorso, illustrato con memoria, eccependo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. La ricorrente censura la sentenza impugnata con sei motivi, di seguito riportati.

– primo motivo: denuncia violazione dell’art. 2134 c.c. e L. n. 25 del 1955, art. 2. Si duole il ricorrente che la corte di merito abbia ritenuto insussistenti i requisiti minimi per l’addestramento professionale qualificanti il rapporto di apprendistato, non considerando le emergenze istruttorie dalle quali era risultato che l’insegnamento teorico pratico era proseguito anche nel secondo periodo, allorchè G. aveva ripreso l’attività lavorativa dopo aver assolto gli obblighi di leva. Si duole per non aver la corte ritenuto che la formazione teorico pratica costituisse la speciale causa del rapporto di apprendistato.

– secondo motivo: denuncia erronea e contraddittoria motivazione per aver la corte di merito escluso le modalità del rapporto di apprendistato benchè G. ricevesse il medesimo trattamento di altri apprendisti, come emerso dalla deposizione testimoniale dell’ispettore INPS, con riferimento alle dichiarazioni rilasciate dagli altri apprendisti e dal G..

– terzo motivo: si duole della violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c. per avere il testimoniale acquisito alla causa e le informazioni, ex art. 412 c.p.c., confermato, diversamente da quanto ritenuto dalla corte di merito, che all’apprendista era stato impartito l’insegnamento necessario per il conseguimento della qualifica di lavoratore qualificato. Deduce, sul piano dell’onere della prova, che l’INPS, onerato della prova del rapporto di lavoro subordinato, si è basato sulle scarne dichiarazioni rese dal G. all’ispettore verbalizzante, frutto di equivoca esposizione, ambiguità della domanda, incerto significato e della cui attendibilità il giudicante non ha dubitato ritenendo, alla luce delle dichiarazioni dell’ispettore verbalizzante con riferimento agli altri apprendisti che, in via presuntiva, anche nei confronti del G. le norme sull’apprendistato fossero state rispettate come per gli altri apprendisti. La società deduceva, inoltre, di aver adempiuto l’onere della prova di dimostrare, documentalmente e dal testimoniale acquisito alla causa, la sussistenza dei presupposti e requisiti minimi del rapporto di apprendistato. Con il quesito di diritto si chiede alla corte di dire quale soggetto sia gravato dell’onere della prova in caso di contestazione della sussistenza di un rapporto di apprendistato e quando tale onere possa dirsi adempiuto.

– quarto motivo: denuncia erronea, contraddittoria ed insufficiente motivazione per non aver la corte di merito logicamente ed adeguatamente motivato in ordine alla circostanza che il decorso del tempo (nella specie un anno e mezzo) permettesse di affermare che un soggetto potesse/dovesse ricordare con precisione la data di inizio del lavoro. Deduce che era documentalmente provato che G. veniva assunto il 25 maggio 1998 e che lo stesso comunicava in data 27 maggio alla sezione circoscrizionale per l’impiego di Dolo il suo impiego presso la società. – quinto motivo: denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c. con riferimento alla data di assunzione del secondo periodo lavorativo, in ragione della dichiarazione rilasciata dal G. all’ispettore verbalizzante, chiedendo alla corte, con il quesito di diritto, di dire su chi incomba l’onere della prova in caso di contestazione sulla data di inizio del rapporto di apprendistato.

– sesto motivo: denuncia erronea e contraddittoria motivazione per aver la corte di merito indicato con precisione la data della seconda assunzione al 15 maggio 1998 ed aver riconosciuto corretto che successivamente alla predetta data fossero avvenuti i contatti tra G. e la società per l’assunzione.

5. Osserva il Collegio che i primi due motivi sono inammissibili in quanto non censurano la ratio decidendi della sentenza impugnata, trattandosi di doglianze incentrate sulla generica valenza della formazione teorico pratica come speciale causa del rapporto di apprendistato e sulla comunanza di trattamento tra il G. ed altri apprendisti.

6. Passando all’esame del terzo motivo, il Collegio intende dare continuità alla giurisprudenza consolidata di legittimità che, a partire da Cass. n. 996 del 1975, si è espressa nel senso che l’Istituto della previdenza sociale che pretende il pagamento dei contributi dovuti per il personale dipendente è tenuto a provare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, mentre incombe al datore di lavoro che opponga che il rapporto è inquadrabile nello schema dell’apprendistato, la prova che esso si svolge in concreto con le caratteristiche proprie dell’apprendistato ed, in particolare, la previsione di un insegnamento tecnico professionale nell’interesse del dipendente ed il diritto di questo a riceverlo, (v., ex multis, Cass. 3696/2001 e, da ultimo, Cass. 485/2011).

7. Sulla base degli esposti principi di diritto, la sentenza impugnata non è suscettibile di cassazione perchè, nel suo nucleo essenziale, ha rigettato l’appello dell’attuale ricorrente sul rilievo assorbente che, contestata dall’Inps la sussistenza del rapporto di apprendistato, nessuna prova era stata data dalla società debitrice dei contributi che sussistessero gli elementi essenziali di tale speciale contratto di lavoro.

8. Invero, in ordine alle censure per vizi della motivazione, deve rilevarsi che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, essendo del tutto estranea all’ambito del vizio in parola la possibilità, per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di merito attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie. Per conseguenza il vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza e contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo qualora, nel ragionamento del giudice di merito, siano rinvenibile tracce evidenti del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero qualora esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione; per conseguenza le censure concernenti i vizi di motivazione devono indicare quali siano gli elementi di contraddittorietà o illogicità che rendano del tutto irrazionali le argomentazioni del giudice del merito e non possono risolversi nella richiesta di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata nella sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 8718/2005; 15693/2004;

2357/2004; 12467/2003; 16063/2003; 3163/2002).

9. Al contempo va considerato che, affinchè la motivazione adottata dal giudice di merito possa essere considerata adeguata e sufficiente, non è necessario che essa prenda in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice, individuando le fonti del proprio convincimento e scegliendo tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti, indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (cfr, ex plurimis, Cass., 12121/2004).

10. Nel caso all’esame la sentenza impugnata, con motivazione immune da contraddizioni e vizi logici, ha esaminato tutte le circostanze rilevanti ai fini della decisione, svolgendo un iter argomentativo esaustivo, coerente con le emergenze istruttorie acquisite conducenti verso l’inesistenza dell’attività formativa: la dichiarazione del lavoratore G. in sede ispettiva, le deposizioni testimoniali sull’espletamento dei corsi indirizzati a tutto il personale e sull’inesistenza di corsi specifici per gli apprendisti, così come con riferimento alle istruzioni in ordine ai compiti da svolgere e ai controlli sull’attività ad opera del caporeparto, indirizzate a tutti i lavoratori e non specificamente all’apprendista neo – assunto.

11. Le valutazioni svolte dalla Corte territoriale e le coerenti conclusioni che ne sono state tratte configurano, quindi, un’opzione interpretativa del materiale probatorio del tutto ragionevole, espressione di una potestà propria del giudice del merito che non può essere sindacata nel suo esercizio.

12. In definitiva, quindi, le doglianze della ricorrente si sostanziano nell’esposizione di una lettura delle risultanze probatorie diversa da quella data dal giudice del gravame e nella richiesta di un riesame di merito del materiale probatorio, inammissibile in questa sede di legittimità.

13. Quanto alle censure avverso il capo della statuizione concernente l’effettiva data di inizio del secondo periodo lavorativo, la deduzione non si appalesa autosufficiente non avendo la parte ricorrente indicato in maniera adeguata la situazione di fatto della quale chiede una determinata valutazione giuridica, diversa da quella compiuta dal giudice di merito, asseritamente erronea.

14. Il ricorso va quindi rigettato. Alla soccombenza consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione nella misura liquidata come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 40,00 per esborsi, oltre Euro 2.500,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2011

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