Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22899 del 13/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/08/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 13/08/2021), n.22899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17214-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

R.M., B.R., R.C., in qualità di

eredi di R.V., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZALE CLODIO 12, presso lo studio dell’avvocato ROBERTA FEDERICO,

rappresentati e difesi dall’avvocato PAOLO SAMMARITANI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 36/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA VALLE D’ AOSTA, depositata il 28/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. RAGONESI

VITTORIO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Aosta, con sentenza n. 78/17 sez. 1, accoglieva il ricorso proposto da B.R. e R.V. avverso l’avviso di accertamento A00061278 per estimi catastali 2016 attribuendo all’immobile di proprietà dei ricorrenti la classe A2 anziché A1.

Avverso detta decisione l’Agenzia delle entrate proponeva appello, innanzi alla CTR Valle d’Aosta che, con sentenza 38/2018, rigettava l’impugnazione confermando l’orientamento espresso dal giudice di primo grado.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di tre motivi illustrati con memoria.

Hanno resistito con controricorso B.R. e gli eredi di R.V..

La causa è stata discussa in Camera di Consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle Entrate con il primo motivo deduce la nullità della sentenza in quanto motivata per relationem rispetto a quella di primo grado.

Con il secondo motivo deduce la violazione del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 7, perché la sentenza cita invece il R.D.L. n. 625 del 1939.

Con il terzo motivo deduce la violazione del D.P.R. n. 1142 del 1949 e del D.M. n. 28 del 1998 sostenendo che l’Ufficio, nell’attribuire la classe, ha fatto raffronto con le unità immobiliari similari in categoria Al e che quest’ultima individua in genere nell’intero fabbricato ed in relazione ad essa deve farsi riferimento alle condizioni di ordinarietà e non già all’attuale stato di temporaneo degrado dell’immobile imputabile ai proprietari.

Il primo motivo è manifestamente infondato.

La sentenza impugnata nella sua ultima pagina fa invero riferimento alla sentenza di primo grado affermando che la stessa aveva dettagliatamente esaminato ed accolto le argomentazioni dei contribuenti e che pertanto era legittima e ben motivata e che conseguentemente doveva essere confermata. Tuttavia in precedenza il giudice di appello si è soffermato ad esaminare le censure dell’Ufficio esaminando le circostanze di fatto attinenti all’immobile di cui ha rilevato le modifiche intervenute nel corso degli anni rispetto alla originaria attribuzione della categoria Al negli anni 50 e l’evoluzione avutasi nelle caratteristiche oggi necessarie per avere la predetta attribuzione. Ha così osservato che l’immobile in questione ha un unico servizio sanitario, una superficie inferiore ad 80 mq e presenta inadeguatezze riguardo i sistemi di sicurezza, il risparmio energetico, l’acqua calda sanitaria etc. Ha ulteriormente rilevato che l’immobile non dispone di area verde condominiale e neppure di un garage personale.

Trattasi di un accertamento a tutto campo che costituisce una valida ed autonoma motivazione della decisione prescindente del tutto dalla sentenza di primo grado.

Il secondo motivo è manifestamente infondato al limite dell’inammissibilità.

La sentenza ha per mero refuso indicato il R.D.L. n. 625 del 1939, art. 7, in luogo di R.D.L. n. 652 del 1939, art. 17.

Tale circostanza è priva di ogni rilevanza posto che la sentenza ha comunque riportato nella parte motiva il testo del predetto articolo onde nessun errore o confusione è possibile in ordine alla correttezza della motivazione svolta.

Il terzo motivo è anch’esso manifestamente infondato.

La possibilità di modificare l’originaria categoria catastale è espressamente prevista proprio dal R.D.L. n. 652 del 1939, art. 17, di cui si è appena fatto cenno che come già riportato nella sentenza impugnata stabilisce quanto segue:

“Art. 17. Il nuovo catasto edilizio urbano è conservato e tenuto al corrente, in modo continuo ed anche con verificazioni periodiche, allo scopo di tenere in evidenza per ciascun Comune o porzione di Comune, le mutazioni che avvengono: a) rispetto alla persona del proprietario o del possessore di beni nonché rispetto alla persona che gode di diritti reali sui beni stessi; b) nello stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l’attribuzione della categoria e della classe. Le tariffe possono essere rivedute in sede di verificazione periodica od anche in dipendenza di circostanze di carattere generale o locale nei modi e nei termini da stabilirsi con regolamento, salvo quanto è disposto nel successivo articolo”.

Risulta evidente che la norma in esame che le risultanze catastali sono soggette a periodiche verifiche che implicano la possibilità di modificare la categoria e la classe degli immobili, come è del resto del tutto logico essendo le condizioni degli immobili suscettibili di variare in relazione al trascorrere del tempo ed al mutamento delle condizioni.

Si aggiunge ulteriormente che il classamento va comunque riferito ad ogni singola unità immobiliare e non già al fabbricato in cui la stessa si trova.

In tal senso si rinviene una risalente pronuncia di questa Corte che ha affermato che la L. 21 ottobre 1964, n 1013, art. 1, che istituisce una speciale imposta sul reddito dei fabbricati di lusso, con riferimento alle unità immobiliari urbane destinate ad abitazioni di lusso a norma delle Disposizioni vigenti ed alle unità immobiliari urbane la cui costruzione sia stata iniziata dopo il 29 maggio 1946, censite o da censire nel nuovo catasto edilizio urbano nelle categorie a 1 e a 8, va, inteso sia nel senso che l’imposta ha per oggetto il reddito delle unità immobiliari singolarmente considerate e non il fabbricato nel suo insieme (Cass. 930/80).

Il ricorso va dunque respinto.

Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso il ricorso; condanna l’Amministrazione ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2500,00 oltre spese forfettarie 15% ed accessori.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021

 

 

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