Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22898 del 21/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/10/2020, (ud. 07/02/2020, dep. 21/10/2020), n.22898

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Rel. Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 21949/2016 promosso da:

Boffa Arredamenti s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Napoli, via Andrea D’Isernia,

16, presso lo studio dell’avv, Pierpaolo Ardolino, che la

rappresenta e difende in virtù di procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Nola, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, via Francesco Denza 50/a, presso lo studio

dell’avv. Nicola Laurenti, rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio

Renzulli, in virtù di procura speciale allegata telematicamente

nella PEC di notifica del controricorso in atti;

– controricorrente –

e

Equitalia Sud s.p.a. ora Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., in

persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1575/48/2016 della CTR della Campania,

depositata il 18/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2020 dal Consigliere ELEONORA REGGIANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale GIACALONE

GIOVANNI, il quale ha concluso per la dichiarazione della cessazione

della materia del contendere; letti gli atti del procedimento in

epigrafe.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso proposto davanti alla CTP di Napoli, la Boffa Arredamenti s.r.l. ha impugnato la cartella di pagamento n. (OMISSIS) ed il sotteso ruolo esecutivo n. (OMISSIS), riferiti a TARSU 2011, deducendo: l’intervenuta abrogazione della tassa per effetto del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49; il difetto di legittimazione passiva; il difetto di motivazione e di istruttoria; la mancata notifica degli atti di accertamento; la nullità – inesistenza della cartella e del ruolo per mancata sottoscrizione; la mancata erogazione del servizio.

Si è costituito in giudizio il solo Comune di Nola, contestando le allegazioni avversarie, mentre è rimasta contumace l’Equitalia Sud s.p.a.

La CTP ha rigettato il ricorso.

La contribuente ha proposto appello avverso tale decisione e, costituitosi solo il Comune, l’impugnazione è stata rigettata.

Avverso tale sentenza la Boffa Arredamenti s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi.

Il Comune di Nola si è difeso con controricorso, mentre l’Equitalia sud s.p.a., ritualmente intimata, non ha svolto alcuna attività difensiva.

La ricorrente ha depositato memoria illustrativa delle proprie difese, con allegata documentazione sopravvenuta, chiedendo pronunciarsi la cessazione della materia del contendere, a seguito di adozione di provvedimento di discarico da parte del Comune.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione delle norme relative ai presupposti soggettivi ed oggettivi dell’imposizione della TARSU e della tassabilità delle superfici industriali D.Lgs. n. 507 del 1993, ex artt. 62, comma 3, e artt. 63 e 70, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la CTR operato una errata sovrapposizione tra la questione relativa alla legittimazione passiva del contribuente e la questione relativa alla sussistenza dei presupposti del tributo.

Con il secondo motivo si deduce l’omessa valutazione del materiale probatorio attestante lo smaltimento autonomo ad opera della ricorrente dei rifiuti speciali, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), anche in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la CTR omesso di considerare la documentazione offerta dalla ricorrente (formulari e fatture), che dimostrava l’effettivo smaltimento in proprio dei rifiuti industriali.

Con il terzo motivo si deduce l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. della CTR, avente ad oggetto la sollevata eccezione di illegittimità del ruolo per mancata sottoscrizione dello stesso, incidente sulla sua esecutività, nonchè l’omessa valutazione della mancata contestazione dell’ente impositore in ordine a tale eccezione ex art. 115 c.p.c..

Con il quarto motivo si deduce l’errata interpretazione e applicazione delle disposizioni relative all’inesigibilità della pretesa tributaria, in ragione della non tassabilità dell’area industriale e dell’inattività del servizio di raccolta, riferita all’anno 2011 (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, e art. 59, comma 4), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), ed anche l’omessa valutazione del materiale probatorio attestante la mancanza del soggetto deputato al servizio di raccolta rifiuti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

2. Nella memoria depositata prima dell’udienza, parte ricorrente ha chiesto dichiararsi l’intervenuta cessazione della materia del contendere, con statuizione sulle spese in base alla soccombenza virtuale, depositando un provvedimento di discarico comunale datato 13 aprile 2017, relativo proprio al ruolo (OMISSIS), oggetto del presente giudizio.

Il Comune di Nola non ha depositato alcuna memoria ex art. 378 c.p.c., e nessuno è per esso comparso all’udienza di discussione (come è avvenuto anche per parte ricorrente).

3. Com’è noto, la nozione di cessazione della materia del contendere accomuna diversi casi in cui viene meno la posizione di contrasto tra le parti in causa, in ragione del sopravvenire, nel corso del giudizio, di fatti sostanziali idonei a far perdere ogni interesse giuridicamente rilevante ad una statuizione del giudice sulla vertenza (v. da ultimo Cass., Sez. 5, n. 5351/2020). Tali fatti sono suscettibili di essere rilevati anche d’ufficio dal giudice, ove emergano dagli atti di causa (v. da ultimo Cass., Sez. 5, n. 557/2020).

Come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, assume una particolare connotazione l’ipotesi in cui le parti chiedono pronunciarsi la cessazione della materia del contendere in conseguenza di un accordo tra loro intervenuto, che ha definito per via negoziale la vertenza, poichè, in questa ipotesi, non viene meno l’interesse delle parti ad una decisione della vertenza, dato che le parti intendono ottenere una decisione che accerti proprio l’intervenuta definizione, non in via giudiziale, ma in via concordata della lite (Cass., Sez. U, n. 8980/2018).

4. Come evidenziato dalla parte ricorrente, nel caso di specie è senza dubbio intervenuta la cessazione della materia del contendere nella prima accezione sopra evidenziata.

Dalla documentazione sopravvenuta, prodotta dalla Boffa Arredamenti s.r.l., si evince con chiarezza che l’Amministrazione ha adottato un provvedimento di discarico, relativo al ruolo in questa sede impugnato unitamente alla cartella, sicchè, tenuto conto della specifica materia del contendere sopra descritta, nessun interesse alla decisione risulta persistere in alcuna delle parti (cfr. Cass., Sez. 5, n. 23039/2015, Cass., Sez. 5, n. 5641/2015 e Cass., Sez. 5, n. 16324/2014).

5. Diversamente da quanto avviene per il processo civile ordinario, nel processo tributario, la cessazione della materia del contendere è espressamente disciplinata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, ove è stabilito che “1. Il giudizio si estingue, in tutto o in parte, nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere”, con la precisazione che “2. La cessazione della materia del contendere è dichiarata con decreto del presidente o con sentenza della commissione. Il provvedimento presidenziale è reclamabile a norma dell’art. 28”.

La stessa disposizione poi precisa che “3. Nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate”.

Negli altri casi di estinzione del giudizio previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, si deve invece fare ricorso al criterio della soccombenza virtuale, applicato dalla giurisprudenza di legittimità in tutte le ipotesi di cessazione della materia del contendere, come pure si evince dalla sentenza n. 274 del 12 luglio 2005 della Corte costituzionale, nella parte in cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost., del testo previgente dell’articolo in esame, ove, a seguito della dichiarazione di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, precludeva ai giudici tributari di condannare l’Amministrazione virtualmente soccombente.

La disposizione appena richiamata, inserita nel citato D.Lgs., Capo I, riguarda i procedimenti pendenti davanti alle Commissioni tributarie di primo grado. L’operatività nei giudizi di appello è subordinata al vaglio di “non incompatibilità”, previsto dal medesimo D.Lgs., art. 61. Per quanto riguarda il giudizio di legittimità, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 2, stabilisce che “Al ricorso per cassazione e al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto”.

Numerose sono comunque le pronunce che hanno espressamente applicato il disposto del citato D.Lgs., art. 46, comma 1, ai casi di cessazione della materia del contendere verificatesi in pendenza del giudizio di legittimità (cfr. Cass., Sez. 5, n. 27815/2019; Cass., sez. 5, n. 23377/2019; Cass., Sez. 5, n. 18622/2019; Cass., Sez. 5, n. 18621/2019; Cass., Sez. 5, n. 14634/2019; Cass., Sez. 5, n. 2869/2019; Cass., Sez. 6-5, n. 9753/2017; Cass., Sez. 5, n. 17817/2016; Cass., Sez. 5, n. 16324/2014; Cass., Sez. 5, n. 19533/2011).

Questa Corte ha inoltre più volte evidenziato che, nonostante l’estinzione del giudizio, in tali ipotesi, non può darsi una sopravvivenza della sentenza di merito, in applicazione dell’art. 310 c.p.c., comma 2, perchè il sopravvenire di un fatto nuovo, esterno al processo, diretto a far venire meno l’oggetto stesso del giudizio (costituito dalle originarie contrapposte pretese e difese delle parti), da un lato, priva dette parti dell’interesse ad ottenere una – ormai inutile – pronuncia determinativa della regola del rapporto giuridico sostanziale e, dall’altro, rende del tutto privo di funzione pratica il regolamento di un non più attuale assetto di interessi, stabilito dalla pronuncia di merito impugnata – che in caso di ordinaria declaratoria di estinzione del giudizio (cfr. l’art. 338 c.p.c., applicabile anche la giudizio di legittimità) o di inammissibilità sopravvenuta della impugnazione, passerebbe in giudicato. Secondo tali pronunce dunque, la decisione impugnata deve essere cassata senza rinvio, non potendo riconoscersi la idoneità al passaggio in giudicato di una regolamentazione del rapporto controverso non più attuale (cfr. le pronunce supra menzionate e, in particolare, Cass., sez. 6-5, n. 9753/2017; Cass., Sez. 5, n. 17817/2016; Cass., Sez. 5, n. 19533/2011; v. anche Cass., Sez. 5, n. 18125/2019).

6. In conclusione deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e conseguentemente deve essere cassata senza rinvio la decisione impugnata.

7. Tenuto conto della particolarità della vertenza, oltre che delle ragioni della decisione, le spese di giudizio devono essere compensate tra le parti.

6. Il tenore della statuizione adottata esclude l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che consegue soltanto al rigetto dell’impugnazione nel merito ovvero alla dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso (cfr. Cass., Sez. 3, n. 3542/2017).

P.Q.M.

La Corte:

dichiara l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e cassa la sentenza impugnata senza rinvio.

Compensa interamente tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2020

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