Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22897 del 29/09/2017
Cassazione civile, sez. trib., 29/09/2017, (ud. 12/07/2017, dep.29/09/2017), n. 22897
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20768-2013 proposto da:
COMUNE DI PALERMO, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’Avvocato ROBERTA CANNAROZZO FAZZARI, (avviso postale ex art.
135);
– ricorrente –
contro
SIGMA NUOVA DI D.G. & C. SNC, domiciliato in ROMA PIAZZA
CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’Avvocato ETTORE MARIA ANTONIO LO RE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 106/2012 della COMM.TRIB.REG. di PALERMO,
depositata l’11/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/07/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.
Fatto
RILEVATO
che:
p. 1. Il Comune dì Palermo propone un articolato motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 106/30/12 dell’11 giugno 2012 con la quale la commissione tributaria regionale della Sicilia, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittima la cartella di pagamento notificata a Sigma Nuova di D.G. & c. snc per Tarsu 2002-2006.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che il Comune di Palermo, prima di procedere all’emissione della cartella, avrebbe dovuto procedere con avviso di accertamento; atteso che la pretesa impositiva si basava sulla determinazione di una superficie produttiva di rifiuti (959 m2) contrastante con quella (71,25 m2) indicata dalla società debitrice il 27 aprile 2007, ad integrazione e rettifica della dichiarazione iniziale del 21 dicembre 2006.
Resiste con controricorso la Sigma Nuova snc in liquidazione.
p. 2.1 Con l’unico articolato motivo di ricorso il Comune di Palermo lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – carenza di motivazione e violazione o falsa applicazione della normativa Tarsu di riferimento (D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 70,71 e 72; D.M. 25 agosto 1999, 140/E). Diversamente da quanto sostenuto dalla commissione tributaria regionale, correttamente il Comune aveva proceduto all’emissione della cartella di pagamento senza previa attività di accertamento; posto che il credito prendeva a riferimento la superficie di produzione e smaltimento di rifiuti industriali (959,35 m2) indicata dalla stessa società con l’autodenuncia del 21 dicembre 2006, avente decorrenza dal 25 dicembre 2001.
p. 2.2 Il motivo è infondato.
La commissione tributaria regionale ha ravvisato la nullità della cartella di pagamento in questione, in quanto non preceduta da apposito accertamento. Tale conclusione si è basata sul fatto che l’importo richiesto dall’amministrazione comunale prendeva a riferimento una superficie che, per quanto dichiarata dalla stessa società contribuente, era poi stata da quest’ultima rettificata in diminuzione; anche con corredo di documentazione tecnica di riscontro della minor superficie industriale produttiva di rifiuti assoggettati a Tarsu. Il convincimento del giudice di merito è stato dunque nel senso della necessità di considerazione unitaria ed interdipendente delle due dichiarazioni rese dalla società; con conseguente presupposto per l’attività accertativa del Comune in sede di applicazione dell’imposta sulla base di una superficie superiore a quella da ultimo risultante dall’autodichiarazione rettificata.
Questa ratio decidendi – che, a ben vedere, il Comune di Palermo non contesta in maniera specifica – deve ritenersi comunque giuridicamente corretta.
Si è in proposito affermato che il Comune può iscrivere il maggior importo Tarsu richiesto in ruoli suppletivi, notificati all’interessato mediante cartella di pagamento non preceduta da avviso di accertamento, ove non contesti le condizioni di tassabilità indicate nella denuncia originaria, integrativa o di variazione del contribuente; al contrario, deve ritenersi nulla la cartella di pagamento emessa senza un previo motivato avviso di accertamento “quando la maggiore imposta derivi dalla rettifica delle condizioni di tassabilità denunciate; dall’accertamento d’ufficio delle condizioni di tassabilità in caso di omessa denuncia; dal diniego della riduzione o agevolazione richiesta dal contribuente con apposita istanza (non surrogabile con contestazione giudiziale del provvedimento); dall’esercizio di un potere discrezionale” (Cass. n. 3657/15; in termini, anche Cass. 19120/16).
Nello stesso senso si è pronunciata Cass. 22248/15, secondo cui “il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 72, comma 1, attribuisce ai Comuni la facoltà eccezionale, non suscettibile di applicazioni estensive, di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo sulla base dei ruoli dell’anno precedente, purchè sulla base di dati ed elementi già acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione; sicchè, salvo il caso di omessa denuncia o incompleta dichiarazione da parte del contribuente, non occorre la preventiva notifica di un atto di accertamento”; atto di accertamento che, ragionando a contrario, deve ritenersi invece prescritto dalla legge ogniqualvolta l’importo richiesto sia conseguenza della rettifica di un elemento costitutivo della fattispecie impositiva.
Rettifica nella specie appunto individuabile nella contestazione mossa dal Comune (per le stesse argomentazioni sviluppate anche nel corso del procedimento) alla minor superficie tassabile indicata dalla società debitrice – ben prima della cartella, e con riguardo anche alle annualità in oggetto in sede di integrazione e specificazione dell’autodenuncia iniziale.
PQM
La Corte
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.100,00; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge;
v.to il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta civile, il 12 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017