Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22897 del 13/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/08/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 13/08/2021), n.22897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7847-2020 R.G. proposto da:

ITALCASE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

Dott. R.N., rappresentata e difesa, per procura speciale

a margine del ricorso, dagli avv. Francesco FALCONE e Giuseppe

FALCONE, ed elettivamente domiciliata in Roma al corso Vittorio

Emanuele II, n. 287, presso lo studio legale dell’avv. Antonio

IORIO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2661/01/2019 della Commissione tributaria

regionale della CALABRIA, depositata il 12/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Dott. LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento per IVA, IRES ed IRAP per l’anno d’imposta 2011 con cui l’amministrazione finanziaria recuperava a tassazione nei confronti della ITALCASE s.r.l. componenti negativi di reddito che l’amministrazione finanziaria riteneva indeducibili, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR accoglieva l’appello principale dell’Agenzia delle entrate e rigettava quello incidentale condizionato proposto dalla società contribuente con riferimento ai motivi che i giudici di primo grado (che avevano annullato l’atto impositivo per difetto nella delega alla sua sottoscrizione del nominativo del delegato) avevano ritenuto assorbiti.

2. Nella sentenza impugnata la CTR sosteneva che l’Agenzia delle entrate aveva prodotto in giudizio l’ordine di servizio n. 13 del 02/07/2015 contenente valida delega di firma in capo al soggetto ( A.P.) che aveva sottoscritto l’avviso di accertamento; che la notifica dell’avviso di accertamento era stata effettuata mediante invio diretto a mezzo raccomandata postale sicché non era necessaria la redazione di una relata per attestare la ricezione regolarmente effettuata al destinatario; che la società contribuente non aveva fornito la prova, sulla medesima incombente, “delle condizioni per la detraibilità delle spese relative, tra le altre, alla energia elettrica ed al carburante”, oltre a quelli per leasing e premi di assicurazione.

3. Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui replica l’intimata con controricorso.

4. Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale, all’esito del quale la ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e/o errata applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, sostenendo che aveva errato la CTR a ritenere valida la delega alla sottoscrizione dell’atto impositivo nonostante la stessa non fosse stata allegata allo stesso e non contenesse alcuna motivazione delle ragioni del suo conferimento né l’indicazione di un periodo di validità.

2. Il motivo è infondato e va rigettato.

3. In tale prima pronuncia si è precisato che “Con la delega di firma il delegato non esercita alcun potere o competenza riservata al delegante, trovando titolo il suo agire nei poteri di ordine e direzione, coordinamento e controllo attribuiti al dirigente preposto all’ufficio (art. 11, comma 1, lett. c, ed, Statuto Agenzia delle entrate, approvato con Delib. n. 6 del 2000; art. 14, comma 2, reg. amm. n. 4 del 2000) nell’ambito dello schema organizzativo della subordinazione gerarchica tra persone appartenenti al medesimo ufficio” e che “La delega, pertanto, non deve indicare le cause che ne hanno resa necessaria l’adozione (quali la carenza di personale, l’assenza per malattia, una vacanza d’organico, ecc.), il termine di validità e, neanche, il nominativo del soggetto delegato”.

4. E ciò sulla scia di Cass., Sez. 5, sentenza n. 8814 del 29/03/2019 (Rv. 653352), secondo cui, dalla medesima premessa che la delega in questione è una delega di firma e non di funzioni, “deriva che il relativo provvedimento non richiede l’indicazione né del nominativo del soggetto delegato, né della durata della delega, che pertanto può avvenire mediante ordini di servizio che individuino l’impiegato legittimato alla firma mediante l’indicazione della qualifica rivestita, idonea a consentire, “ex post”, la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto”

5. Va inoltre ricordato che “In tema di accertamento tributario, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 24, convertito dalla L. n. 44 del 2012” (Cass. n. 5177 del 2020).

7. Va dato atto che nella memoria ex art. 378 c.p.c. la ricorrente ha chiesto la rimessione della causa alle Sezioni unite di questa Corte per la composizione del contrasto tra l’orientamento giurisprudenziale inaugurato da Cass. n. 8814 del 2019 e n. 11013 del 2019 (sopra citate) e quello precedente di segno contrario. Analoga istanza ha rivolto al Primo Presidente di questa Corte ritenendo che la questione posta si configurasse come di massima di particolare importanza. Istanza che è stata rigettata con provvedimento presidenziale del 07/04/2021, depositato il 09/04/2021.

7.1. Orbene, ritiene il Collegio che non sussistono le condizioni per l’accoglimento della richiesta della ricorrente atteso che, come sopra detto, questo Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall’indirizzo interpretativo di cui alle sopra indicate pronunce giurisprudenziali, introduttive di un orientamento giurisprudenziale nuovo e più condivisibile rispetto a quello precedente, ormai superato.

8. Con il secondo motivo di ricorso la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2010, art. 29, convertito con modificazioni dalla L. n. 122 del 2010, della L. n. 890 del 1982, art. 14, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 nonché artt. 156 e 160 c.p.c. censurando la sentenza impugnata in punto di rilevata validità della notifica dell’atto impositivo nonostante la stessa fosse stata effettuata a mezzo di messo notificatore che non aveva redatto alcuna relata, sicché doveva ritenersi inesistente con conseguente inapplicabilità dell’istituto della sanatoria.

9. Il motivo è infondato e va rigettato.

10. Al riguardo deve osservarsi che proprio nel primo dei documenti riprodotti fotograficamente nel ricorso è scritto a chiare lettere che si tratta di “notifica a mezzo posta (ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 14)” effettuata “tramite raccomandata con avviso di ricevimento n. 76434002361-8)”, che corrisponde esattamente al numero riportato sull’altro documento fotoriprodotto nel ricorso, in cui è apposta anche la sigla dell’agente postale che ha provveduto alla spedizione del plico. Trattasi di quindi di notifica diretta effettuata a mezzo raccomandata postale con avviso di ricevimento.

11. Pertanto, richiamando i principi enucleati da Cass. n. 34260 del 2019 (in motivazione), quando l’ufficio finanziario si sia avvalso di tale facoltà di notificazione semplificata, la notificazione avviene senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (Cass. n. 14501 del 15/07/2016), alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982″ (Cass. n. 17598 del 2010; cfr. anche Cass. n. 9240 del 2019), “non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione” (Cass. n. 15315 del 04/07/2014).

12. Ma anche ove, per mera ipotesi, volesse ritenersi che la notifica nella specie sia stata effettuata a mezzo messo notificatore che si sia avvalso del servizio postale, deve ricordarsi che secondo questa Corte, in tal caso “la fase essenziale del procedimento è costituita dall’attività dell’agente postale, mentre quella dell’ufficiale giudiziario (o di colui che sia autorizzato ad avvalersi di tale mezzo di notificazione) ha il solo scopo di fornire al richiedente la prova dell’avvenuta spedizione e l’indicazione dell’ufficio postale al quale è stato consegnato il plico: pertanto, qualora all’atto sia allegato l’avviso di ricevimento ritualmente compilato, la mancata apposizione sull’originale o sulla copia consegnata al destinatario della relazione prevista dalla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 3 non comporta l’inesistenza della notifica, ma una mera irregolarità, che non può essere fatta valere dal destinatario, trattandosi di un adempimento che non è previsto nel suo interesse” (Cass. n. 21762 del 2009).

13. In ogni caso, anche in relazione al recente arresto delle Sezioni Unite (Cass. n. 14916 del 20/07/2016), giammai potrebbe ritenersi che quella prospettata dalla ricorrente configuri un’ipotesi di inesistenza della notificazione, ma al limite la sua nullità, sanata dalla tempestiva proposizione del ricorso da parte della società contribuente (cfr., ex multis, Cass. n. 1238 del 2014; n. 21071 del 2018).

14. Con il terzo ed ultimo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e s.s. c.c., artt. 24 e 111 Cost., nonché TUIRD.P.R. n. 917 del 1986, art. 109. Richiamando alcune pronunce di questa Corte (tra cui Cass. n. 18904 del 2018 e n. 33504 del 2018) sul modo di atteggiarsi dell’onere probatorio di componenti negativi di reddito a seconda che i costi concernano o meno “berli normalmente necessari e strumentali”, sostiene che nel caso di specie, trattandosi di costi del primo tipo, l’onere probatorio posto a carico del contribuente sarebbe di tipo semplificato, sicché avrebbe errato la CTR nell’escludere da detti componenti i costi di energia, di carburante e di trasferte, in quanto assolutamente fisiologici per l’impresa e di limitato ammontare e ciò nonostante alcune irregolarità nella documentazione di supporto per errori nelle schede carburanti e la mancanza sulle fatture dei consumi di energia elettrica della dicitura “energia da cantiere”.

15. Il motivo è infondato e va rigettato.

16. Invero, diversamente da quanto sostiene la ricorrente nel motivo in esame, in materia di componenti negativi di reddito, la semplificazione dell’onere probatorio posto a carico del contribuente in materia di costi riguarda il requisito dell’inerenza, in tal senso essendosi chiaramente espressa Cass. n. 33504 del 2018, richiamata dalla ricorrente, che ha affermato il principio in base al quale, “In tema di determinazione dei redditi d’impresa, l’onere del contribuente di dimostrare l’inerenza dei costi sostenuti sussiste anche per i beni “normalmente necessari e strumentali” allo svolgimento dell’attività di impresa: peraltro, l’assolvimento di tale onere e’, in detta ipotesi, semplificato in quanto, a fronte degli elementi di fatto addotti dal contribuente, l’Amministrazione finanziaria può contestarne soltanto la carenza o insufficienza ovvero addurre l’esistenza di circostanze di fatto idonee, in concreto, ad inficiare gli stessi”, ma non riguarda l’esistenza e l’entità del costo.

17. Orbene, nella specie la CTR ha correttamente escluso la deducibilità delle spese per carburante a causa dell’irregolare compilazione delle schede carburanti, richiamando ed attenendosi al consolidato principio giurisprudenziale espresso da Cass. n. 22918 del 2018, secondo cui “In tema di tributi erariali diretti e di IVA, la possibilità di dedurre le spese per i consumi di carburante per autotrazione e di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per il suo acquisto è subordinata al fatto che le cosiddette “schede carburanti”, che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, siano complete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte, senza che l’adempimento, a tal fine disposto, ammetta equipollente alcuno e indipendentemente dall’avvenuta contabilizzazione dell’operazione nelle scritture dell’impresa”.

18. Ha altrettanto correttamente escluso la deducìbilità dei costi per energia elettrica e per trasferte, in relazione ai quali la società contribuente si è limitata a ribadire nel ricorso di essere gravata di un onere probatorio semplificato senza però di fatto argomentare sulle ragioni per le quali quella addotta come spesa energetica, senza alcuna riferibilità all’impresa (mancando le bollette, a dire della stessa, della dicitura “energia dai cantiere”) e le spese per trasferte fossero riferibili all’attività (evidentemente di cantiere) della società.

19. Conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021

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