Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22894 del 13/09/2019

Cassazione civile sez. III, 13/09/2019, (ud. 14/06/2019, dep. 13/09/2019), n.22894

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8945/2016 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, (OMISSIS) in persona del Responsabile del

Contenzioso Regionale Lazio, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

G. P. DA PALESTRINA, 19, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA DI

STEFANI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), in persona del Commissario Straordinario,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21,

presso lo studio dell’avvocato ROSALDA ROCCHI, che la rappresenta e

difende;

R.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA PINETA

SACCHETTI, 201, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA FONTANELLA,

che la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso il provvedimento n. 19732/2015 del TRIBUNALE di ROMA,

depositata il 01/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/06/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

RITENUTO

che:

la società Equitalia Sud s.p.a. (alla quale è succeduta ope legis l’Agenzia delle Entrate) ha impugnato per cassazione la sentenza del Tribunale di Roma 1.10.2015 n. 19732;

tale sentenza ha riformato in parte qua quella di primo grado, con cui era stata accolta l’opposizione all’esecuzione proposta, ex art. 615 c.p.c., da R.G. avverso l’esecuzione iniziata da Equitalia Sud per la riscossione d’una cartella esattoriale, a sua volta emessa per il pagamento di sanzioni amministrative, e compensato le spese di lite;

con la suddetta sentenza il Tribunale di Roma ha modificato la regolazione delle spese compiuta dal giudice di primo grado, condannando sia il Comune di Roma (e cioè l’ente impositore), sia la Equitalia Sud s.p.a. (e cioè l’agente della riscossione), alla rifusione in favore di R.G. delle spese tanto del primo grado, quanto del giudizio di appello;

con tutti e tre i motivi del proprio ricorso la Equitalia Sud lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3; è denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 12,24,25 e 59;

con tali motivi la società ricorrente denuncia che nel giudizio di opposizione all’esecuzione essa non si sarebbe potuta ritenere “soccombente” ai sensi dell’art. 91 c.p.c. e di conseguenza non poteva essere condannata alle spese, in quanto l’opposizione fu accolta a causa dell’omessa notifica del verbale di accertamento dell’infrazione, attività non spettante e non eseguita dall’agente per la riscossione; nonchè che, in virtù delle norme che disciplinano la riscossione coattiva a mezzo ruolo esattoriale (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 12 e 24), l’agente della riscossione non ha nè l’obbligo, nè il potere, di verificare la legittimità del titolo esecutivo in base al quale è iniziata l’esecuzione, e di conseguenza non può essere condannata alla rifusione delle spese processuali, nel caso in cui l’opposizione venga accolta per fatti imputabili all’ente impositore; che con la sua sentenza il tribunale di Roma avrebbe, di fatto, imposto all’agente della riscossione un “onere di verifica” della regolarità formale del titolo, onere che non trova fondamento nella legge.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorso è infondato;

il presente giudizio infatti ha preso le mosse da una opposizione a cartella di pagamento, con la quale l’opponente si dolse di non avere mai ricevuto la notifica del verbale di contestazione dell’infrazione;

tale opposizione, in virtù della scissione che il nostro ordinamento prevede tra la titolarità del credito e la titolarità del potere di azione esecutiva, va proposta nei confronti dell’agente della riscossione;

questi, pertanto, è il solo soggetto che, iniziando l’esecuzione, fa sorgere l’onere di contestazione in capo al debitore ed è quindi giocoforza che sia esso a sopportarne le conseguenze in dipendenza della sua veste, per il caso di fondatezza delle contestazioni all’azione esecutiva da esso, come già ritenuto da questa Corte (Sez. 6-3, Ordinanza n. 3101 del 6.2.2017, alla cui ampia motivazione può in questa sede farsi rinvio; nello stesso senso, peraltro, si vedano altresì Sez. 6-3, Ordinanza n. 6954 del 20.32018; Sez. 6-3, Ordinanza n. 2996 del 7.2.2018; Sez. 6-3, Ordinanza n. 2993 del 7.2.2018; Sez. 6-3, Ordinanza n. 1110 del 18.1.2018); la sopportazione di tali conseguenze, da parte dell’agente della riscossione, costituisce dunque applicazione del principio di causalità, non di quello di soccombenza, e trova il giusto contrappeso nella facoltà dell’agente della riscossione di chiamare in causa l’ente creditore (ai sensi del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 39), quando l’opposizione si fondi su vizi di procedimento o di merito ascrivibili esclusivamente all’ente impositore o creditore;

aggiungasi che al fine di non aggravare ulteriormente la posizione del debitore d’una pretesa esattoriale, il quale è già assoggettato ad un regime di particolare sfavore – rispetto all’esecuzione ordinaria – in nome delle esigenze di maggiore effettività del recupero connesse alle qualità oggettive o funzionali del credito, non può farglisi carico della ripartizione, tutta interna al rapporto tra ente creditore interessato ed agente della riscossione, dell’imputabilità dell’ingiustizia od iniquità dell’azione esecutiva al primo o al secondo, nemmeno ai fini del riparto delle spese della lite che egli è stato costretto a promuovere per fare valere l’illegittimità dell’azione esecutiva stessa;

le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo;

Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di Cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna Equitalia Sud s.p.a. alla rifusione in favore di R.G. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 900, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Equitalia Sud s.p.a. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2019

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