Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22894 del 10/11/2016

Cassazione civile sez. III, 10/11/2016, (ud. 21/07/2016, dep. 10/11/2016), n.22894

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4865-2014 proposto da:

M.P., B.M., elettivamente domiciliati in ROMA, V.

APPIANO 8, presso lo studio dell’avvocato ORAZIO CASTELLANA,

rappresentati e difesi dall’avvocato TOMMASO SAVITO giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MA.CO., MO.FI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 487/2013 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. DI

TARANTO, depositata il 19/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO ROSARIO GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento dei primi

due motivi di ricorso, assorbito il terzo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c. depositato presso il Tribunale di Taranto – sezione di Martina Franca, M.P. e B.M., premesso di aver sottoscritto, in data 14 maggio 2004, un contratto di locazione relativo ad un immobile adibito ad uso abitativo di proprietà di Ma.Co. e Mo.Fi., i quali, nonostante la pattuizione di un canone mensile per Euro 250,00, avevano preteso illegittimamente un supplemento mensile di ulteriori Euro 100,00, sempre corrisposto, chiedevano dichiararsi la nullità dell’accordo volto a determinare un canone superiore a quello risultante dal contratto registrato, con condanna del locatore alla restituzione di Euro 4.818,68. I resistenti si costituivano asserendo che solo per richiesta di conduttori era stato riportato in contratto il canone di Euro 250,00 inferiore a quello effettivamente pattuito di Euro 350,00, con una correlata avvenuta simulazione della pattuizione per un canone minore; chiedevano il rigetto della domanda attorea e l’accoglimento della riconvenzionale da essi spiegata per la condanna dei ricorrenti al pagamento di Euro 9.637,36, attesa la temerarietà della lite.

Il Tribunale adito, con sentenza del 9 maggio 2013, ritenendo che la clausola contrattuale modificativa del canone non era affetta da nullità e considerato che la produzione in giudizio – da parte dei locatori – della scrittura modificativa, sottoscritta dai soli conduttori, era avvenuta il 17 novembre 2008, riteneva doversi riconoscere ai ricorrenti la differenza fra il canone pattuito e quello di cui al patto aggiunto dal 14 maggio 2004 al 14 maggio 2008, condannando i resistenti al pagamento di Euro 5.053,28, oltre spese, escluse quelle per la c.t.u..

Avverso tale decisione il Ma. e la Mo. proponevano appello, invocando il rigetto della domanda di controparte e l’accoglimento della propria riconvenzionale.

All’impugnazione resistevano il M. e la B..

La Corte di appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto, con sentenza depositata il 19 novembre 2013, accoglieva l’appello per quanto di ragione e, in riforma della sentenza gravata, rigettava la domanda di ripetizione delle somme proposta da M.P. e B.M., dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale ex art. 96 c.p.c. avanzata dagli appellanti e condannava gli appellati alle spese del doppio grado del giudizio di merito.

Avverso la sentenza della Corte di merito M.P. e B.M. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, rubricato “Violazione dell’art. 360 n. 3 cpc in relazione all’art. 342 c.p.c.”, i ricorrenti lamentano che la Corte di merito non abbia accolto l’eccezione da essi proposti di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 434 c.p.c. come novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

1.1. Il motivo, peraltro corredato di quesito di diritto non necessario, stante l’intervenuta abrogazione dell’art. 366 bis c.p.c. ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) è inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 6, non essendo stato riportato in ricorso il tenore letterale dell’unico motivo di appello proposto dalla controparte (Cass. 10/01/2012, n. 86; Cass. 20/07/2012, n. 12664).

2. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 329 c.p.c., n. 2” si lamenta che la Corte territoriale non abbia dichiarato il giudicato interno in relazione alle parti della sentenza di primo grado non censurate e relative alla decorrenza dell’efficacia inter partes di un patto aggiunto modificativo dell’entità del canone non sottoscritto ab origine dai locatori ma successivamente dagli stessi prodotto in giudizio.

2.1. Il motivo, pure corredato di quesito di diritto non necessario, è inammissibile, non essendo stato riportato in ricorso il tenore letterale del motivo di appello e della parte della sentenza di primo grado che si assume passata in giudicato onde consentire a questa Corte l’eventuale rilievo dell’eccepito giudicato (Cass. 13/05/2016, n. 9888).

3. Con il terzo motivo, lamentando “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 92 c.p.c.”, i ricorrenti sostengono che, ricorrendo nella specie un’ipotesi di soccombenza reciproca, stante il rigetto della domanda principale e la declaratoria di inammissibilità della domanda riconvenzionale di condanna risarcitoria ex art. 96 c.p.c., la Corte di merito avrebbe dovuto compensare per intero o parzialmente tra le parti le spese di lite.

3.1. Il motivo all’esame, pure corredato di quesito di diritto non necessario, va rigettato, atteso che la facoltà di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione (Cass., sez. un., 15/07/2005, n. 14989; v., per quanto utile, anche Cass. 2/07/2008, n. 18173; Cass. 02/09/2004, n. 17763; Cass. 11/11/1996, n. 9840).

4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

5. Non vi è luogo a provvedere per le spese del presente giudizio di legittimità nei confronti degli intimati, non avendo gli stessi svolto attività difensiva in questa sede.

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016

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