Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22890 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 29/09/2017, (ud. 12/07/2017, dep.29/09/2017),  n. 22890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9052-2013 proposto da:

LOGISTICA CREMASCA SRL, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE

COGLITORE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MARIAGRAZIA BRUZZONE;

– ricorrente –

contro

DUOMO GPA SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 32/2012 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

BRESCIA, depositata il 07/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/07/2017 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

Fatto

RITENUTO

che la CTR della Lombardia, con la sentenza n. 32/67/12, depositata il 7/2/2012, ha respinto l’appello proposto da Logistica Cremasca s.r.l., avverso la sentenza della CTP di Cremona, che aveva respinto il ricorso proposto dalla contribuente, nei confronti di Duomo GPA s.r.l., Concessionaria per la gestione del servizio di accertamento e riscossione della Tassa rifiuti solidi urbani del Comune di Casaletto Vaprio, avverso l’avviso di accertamento per tassa di smaltimento rifiuti solidi urbani (TARSU) relativa agli anni 2003, 2004 e 2005, sostenendo la contribuente di aver provveduto a proprie spese allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani prodotti dall’attività di commercio all’ingrosso nel settore alimentare, esercitata su una superficie dichiarata di mq. 700, in assenza del relativo servizio di smaltimento pubblico;

che il giudice di appello ha motivato la decisione nel senso che le circostanze costituenti presupposto delle deroghe alla tassazione, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2, devono essere dedotte nella denuncia originaria o di variazione, e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi, direttamente rilevabili. o ad idonea documentazione, dimostrazione che, sulla base delle risultanze probatorie esaminate, non può dirsi raggiunta nel caso di specie;

che la società Logistica Cremasca ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo, mentre la Concessionaria non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che con motivo di impugnazione la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, artt. 21,34,35 e 43, omessa e/o insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, giacchè la CTR non ha considerato che, nella specie, si discute di rifiuti speciali, quali sono gli imballaggi terziari, che non possono essere conferiti nei normale circuito di raccolta dei rifiuti, e che la contribuente ha prodotto, sin dal ricorso introduttivo, planimetria catastale rappresentativa delle aree in questione, illustrata da allegata documentazione fotografica, a riprova che le operazioni di movimentazione della merce avvenivano tramite “baie”, alle quali gli automezzi potevano “attraccare” per effettuare le operazioni di carico e scarico della merce, poi allocata in un magazzino di tipo c.d. “intensivo”, destinato allo stoccaggio palletts, e che non vi erano locali ad uso ufficio, in quanto l’attività amministrativa era svolta presso la sede legale, nel Comune di (OMISSIS), che, pertanto, ricorreva un caso di esclusione dalla tassa, implicante l’insussistenza dell’obbligo di presentazione della denuncia e di richiesta di riduzioni o esenzioni, tenuto anche conto del fatto che il Comune non aveva attivato un servizio in privativa e che il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70, non prescrive l’obbligo di presentazione della denuncia per le aree escluse dalla tassazione;

che il motivo di doglianza va disatteso per le ragioni di seguito precisate;

che, come questa Corte ha avuto modo di affermare, “il D.Lgs. n. 22 del 1997 (Decreto Ronchi), emanato in attuazione delle Direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, ha previsto, nel Titolo 2” (specificamente dedicato alla “gestione degli imballaggi”), che la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio è disciplinata “sia per prevenirne e ridurne l’impatto sull’ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente sia per garantire il funzionamento del mercato e prevenire l’insorgere di ostacoli agli scambi, nonchè distorsioni e restrizioni alla concorrenza”, ai sensi della citata direttiva 94/62/CE (art. 34, comma 1), ed ha disposto che: a) gli imballaggi si distinguono in primari (quelli costituiti da “un’unità di vendita per l’utente finale o per il consumatore”), secondari o multipli (quelli costituiti dal “raggruppamento di un certo numero di unità di vendita”) e terziari (quelli concepiti “in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli”) (art.35, comma 1); b) “i produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti”: oltre ai vari obblighi in tema di raccolta, riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio, sono a carico dei produttori e degli utilizzatoti i costi per – fra l’altro – la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari, la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio, lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari (art. 38); c) “dal 1 gennaio 1998 è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Dalla stessa data eventuali imballaggi secondari non restituiti all’utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata” (art. 43, comma 2)” (Cass. n. 4793/2016);

che, dunque, come evidenziato dalla Corte, “i rifiuti degli imballaggi terziari, ronche quelli degli imballaggi secondari ove non sia attivata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai comuni ai rifiuti urbani, nell’esercizio del potere ad essi restituito dall’art. 21 Decreto Ronchi e dalla successiva abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39 sicchè i regolamenti che una tale assimilazione avessero previsto andrebbero perciò disapplicati in parte qua dal giudice tributario. Ciò non comporta, però, che tali categorie di rifiuti siano, di per sè, esenti dalla TARSU, ma che ad esse si applica la disciplina stabilita peri rifiuti speciali, che è quella dettata dal D.Lgs. n.507 del 1993, art. 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo, nell’ovvio presupposto che in un locale od area in cui si producano rifiuti speciali si formano anche, di norma, rifiuti ordinari, l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano solo rifiuti speciali.” (Cass. n. 5377/2012; n. 4793/2016); che, al riguardo, questa Corte ha ribadito “che incombe all’impresa contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza ed alla delimitazione delle aree che, per il detto motivo, non concorrano alla quantificazione della complessiva superficie imponibile; infatti, pur operando anche nella materia in esame – per quanto riguarda il presupposto della occupazione di aree nel territorio comunale – il principio secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70) un onere di informazione, al fine di ottenere l’esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. nn. 4766 e 17703 del 2004, 13086 del 2006, 17599 del 2009, 775 del 2011).” (Cass. n. 5377/2012 citata);

che, come appare evidente, la sentenza impugnata non contiene affermazioni contrastanti con le disposizioni ed i principi giurisprudenziali sopra citati, desumendosi anzi dalla relativa motivazione, ancorchè sintetica, una corretta applicazione degli stessi, avendo la CTR dedotto l’impossibilita di riconoscere il preteso diritto alla esenzione tributaria, sulla base della pacifica circostanza che la società non avesse mai presentato la denuncia (prescritta dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70), e che la stessa fosse venuta meno all’onere, espressamente imposto dalla legge; di indicare le ragioni che avrebbero potuto giustificare la concessione del beneficio;

che, infatti, questa Corte ha evidenziato che siffatta omissione è “da ritenersi preclusiva dell’agevolazione tariffaria prevista daal citato art. 62, comma 3 essendo a prescrizione chiaramente dettata, come si evince dal combinato disposto degli artt. 62 e 70 del menzionato decreto legislativo, al fine di porre l’amministrazione nelle condizioni di effettuare tempestivamente i riscontri e le verifiche indispensabili per accertare l’esistenza dei presupposti di fatto per la concessione del beneficio dell’esclusione dall’imposizione. ” (Cass. n. 22020/2004; n. 16235/2015), sicchè non può che operare a previsione di generale tassazione, ai TARSU, di tutte le aree (Cass. n. 18288/2004; n. 3772/2013);

che, in conclusione, attesa l’incensurabilità, in questa sede, della valutazione in fatto delle emergenze processuali effettuata dal giudice di merito, e risultando le statuizioni adottate dalla CTR coerenti alle stesse, l’impugnata sentenza non merita d’essere censurata;

che non v’è luogo a pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità non avendo l’intimato Comune svolto attività difensiva.

PQM

 

La Corte rigetta i ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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