Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2289 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. U Num. 2289 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: NOBILE VITTORIO

Data pubblicazione: 03/02/2014

SENTENZA

sul ricorso 22132-2012 proposto da:
DA ROS ALVARO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
XXI APRILE 11, presso lo studio dell’avvocato MORRONE
CORRADO, che lo rappresenta e difende, per delega a
margine del ricorso;
– ricorrente contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO
GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio
dell’avvocato PONTONE MICHELE, che lo rappresenta e

– controricorrente nonchè contro

MINISTERO DELLA SALUTE, PERTICAROLI SERGIO, TAGLIAFERRO
IDILIO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 842/2012 del CONSIGLIO DI STATO,
depositata il 17/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2013 dal Consigliere Dott. Vittorio
NOBILE;
uditi gli avvocati Corrado MORRONE, Michele PONTONE;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

difende, per delega in calce al controricorso;

R.G. 22132/2012
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 550/2006 il TAR del Lazio accoglieva in parte il ricorso
proposto da Alvaro Da Ros avverso la delibera dell’ISPESL 18-3-2005, resa in

stata annullata in parte qua la graduatoria per il conferimento degli incarichi di
direzione e coordinamento in seno all’ISPESL, a causa della mancata
attribuzione al ricorrente del punteggio relativo a diversi titoli che dovevano
essere valutati. Con la delibera l’ISPESL aveva ottemperato, ma, su ricorso
dell’interessato per elusione del giudicato, il Tribunale amministrativo, in
parziale accoglimento del ricorso, riconosceva al ricorrente il punteggio
relativo ad altri titoli in suo possesso, dichiarando tuttavia inammissibile per
difetto di interesse (avendo comunque ottenuto il ricorrente per tale voce il
punteggio massimo di punti 5) la pretesa al riconoscimento della attività di
partecipazione a commissioni istituzionali in sede internazionale e nazionale e
respingendo la pretesa relativa al punteggio aggiuntivo rivendicato con
riguardo ai titoli non espressamente contemplati nella sentenza n. 2983/1998
passata in giudicato.
Il Da Ros proponeva appello reiterando le censure già dedotte in prima
istanza ed insistendo per la corretta esecuzione del detto giudicato rilevando
anche l’incompetenza del Direttore generale dell’ISPESL all’adozione dell’atto
conformativo impugnato in primo grado. L’INAIL (subentrato all’ISPESL) si
costituiva in giudizio resistendo al gravame e chiedendone la reiezione. Il
Ministero della Salute nonché Sergio Perticaroli e Idilio Tagliaferro, ai quali
veniva notificato l’appello, non si costituivano
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esecuzione della sentenza del detto TAR n. 2983/1998. Con tale sentenza era

Con sentenza depositata il 17-2-2012 il Consiglio di Stato respingeva
l’appello e compensava le spese.
In sintesi il Giudice del gravame, respinta l’eccezione di incompetenza del
Direttore generale dell’ISPESL, rilevava che il giudice dell’ottemperanza “è

per cui immune da censure era la pronuncia del TAR nella parte in cui aveva
riconosciuto che al ricorrente potesse essere attribuito il punteggio relativo ai
titoli professionali espressamente citati nella sentenza n. 2983/98”. Tale regola
di “tassatività dei titoli da (ri)valutare” valeva anche per la voce
“partecipazione a commissioni, comitati, gruppi di lavoro per conto
dell’amministrazione di provenienza e dell’ISPESL”, in relazione alla quale,
peraltro, correttamente il primo giudice aveva rilevato che il ricorrente aveva
già ottenuto il punteggio massimo, per cui non aveva interesse a coltivare la
relativa censura. Né l’interesse sussisteva con riguardo alla incidenza sulla
complessiva valutazione della professionalità dell’interessato, atteso che una
tale prospettazione costituiva “un inammissibile novum rispetto alle statuizioni
della sentenza passata in giudicato”.
Per la cassazione di tale sentenza il Da Ros ha proposto ricorso con un
unico motivo. L’INAIL ha resistito con controricorso. Il Ministero della Salute,
il Perticaroli e il Tagliaferro sono rimasti intimati.
Infine il Da Ros e l’INAIL hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il ricorrente lamenta che il Consiglio di Stato con la
sentenza impugnata, “ha omesso di rendere la propria funzione giurisdizionale
e di pronunciarsi sull’esecuzione del giudicato, così come identificato e
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astretto agli specifici contenuti della sentenza della cui esecuzione si tratta”

definito, omettendo di ordinare all’Amministrazione inadempiente di eseguirlo,
nominando un Commissario ad acta per rivalutare ora per allora la posizione
del ricorrente” ed altresì “ha omesso di rendere giurisdizione e di pronunciarsi
sulla domanda di risarcimento del danno da ritardo e da mancata esecuzione

In tal modo il Consiglio di Stato, secondo il ricorrente, avrebbe “violato i
limiti esterni della propria giurisdizione” e sarebbe incorso in un “palese
eccesso di potere giurisdizionale per omissione”, in un “diniego di giustizia”,
così violando i principi di giustizia sostanziale e di effettività della
giurisdizione.
Le censure risultano infondate.
Come è stato più volte affermato da queste Sezioni Unite, “le decisioni del
Consiglio di Stato in sede di giudizio di ottemperanza sono soggette al
sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sul rispetto dei limiti
esterni della propria potestà giurisdizionale, tenendo presente che in tal caso è
attribuita al giudice amministrativo una giurisdizione anche di merito. Al fine
di distinguere le fattispecie nelle quali il sindacato è consentito da quelle nelle
quali è inammissibile, è decisivo stabilire se oggetto del ricorso è il modo con
cui il potere di ottemperanza è stato esercitato (limiti interni della
giurisdizione) oppure se sia in discussione la possibilità stessa, in una
determinata situazione, di fare ricorso al giudizio di ottemperanza (limiti
esterni della giurisdizione); ne consegue che, ove le censure mosse alla
decisione del Consiglio di Stato riguardino l’interpretazione del giudicato,
l’accertamento del comportamento tenuto dall’Amministrazione e la
valutazione di conformità di tale comportamento rispetto a quello che si
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del giudicato debitamente riproposta in sede di appello”.

sarebbe dovuto tenere, gli errori nei quali il giudice amministrativo può
eventualmente incorrere, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano
interni alla giurisdizione stessa e non sono sindacabili dalla Corte di
cassazione.” (v. Cass. S.U. 19-1-2012 n. 736, Cass. S.U. 26-4-2013 n. 10060 e

12-2009 n. 25344).
Più in generale, poi, queste Sezioni Unite hanno avuto anche occasione di
affermare come debba ormai essere considerata norma sulla giurisdizione non
solo quella che individua i presupposti dell’attribuzione del potere
giurisdizionale, ma anche quella che dà contenuto a quel potere, stabilendo le
forme di tutela attraverso le quali esso si estrinseca (v. S.U. 23 dicembre 2008,
n. 30254), ma tutto ciò (come è stato precisato da Cass. S.U. n. 736/2012 cit. in
motivazione) non significa che il sindacato della Suprema Corte possa
estendersi a qualsiasi eventuale error in iudicando o in procedendo imputato al
giudice amministrativo nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme che
disciplinano il giudizio di ottemperanza. Per scriminare le fattispecie in cui il
sindacato sui limiti di tale giurisdizione è consentito da quelli in cui esso risulta
invece inammissibile, dovendosi aver riguardo al cosiddetto

petitum

sostanziale ed all’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio (cfr., ex
multis, Sez. un., 25 giugno 2010, n. 15323), risulta decisivo stabilire se quel
che viene in questione è il modo in cui il potere giurisdizionale di ottemperanza
è stato esercitato dal giudice amministrativo, attenendo ciò ai limiti interni
della giurisdizione, oppure il fatto stesso che, in una situazione del genere di
quella considerata, un tal potere, con la particolare estensione che lo
caratterizza, a detto giudice non spettava”.
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da ultimo Cass. S.U. 29-11-2013 n. 26775, cfr. anche, fra le altre, Cass. S.U. 2-

In tale quadro è stato altresì precisato che “il ricorso col quale venga
denunciato un rifiuto di giurisdizione da parte del giudice amministrativo
rientra fra i motivi attinenti alla giurisdizione, ai sensi dell’art. 362 cod. proc.
civ., soltanto se il rifiuto sia stato determinato dall’affermata estraneità alle

essere da lui conosciuta” (v. Cass. S.U. 8-2-2013 n. 3037) e nello stesso quadro
è stato inoltre chiarito che “è configurabile l’eccesso di potere giurisdizionale
con riferimento alle regole del processo amministrativo solo nel caso di
radicale stravolgimento delle norme di rito, tale da implicare un evidente
diniego di giustizia e non già nel caso di mero dissenso del ricorrente
nell’interpretazione della legge” (v. Cass. S.U. 30-10-2013 n. 24468, Cass. S.U.
14-9-2012 n. 15428).
In particolare, infine, queste Sezioni Unite hanno anche affermato che “il
rigetto della domanda di risarcimento del danno proposta contro la P.A., deciso
in base all’interpretazione delle norme invocate dalla parte a sostegno della
propria pretesa, non configura un eccesso di potere giurisdizionale da parte del
giudice amministrativo, non determinandosi né una sostituzione della volontà
dell’organo giudicante a quella della P.A., né un’autonoma produzione
normativa e né, comunque, un radicale stravolgimento delle norme di rito, tale
da implicare un evidente diniego di giustizia.”(v. Cass. S.U. 5-9-2013 n.
20360).
Orbene nella fattispecie il Consiglio di Stato, premesso che “in via
amministrativa l’amministrazione potrebbe riconoscere al ricorrente, in
autotutela, il punteggio relativo a titoli ed esperienze professionali
eventualmente non contemplate espressamente nella sentenza n. 2983 del
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attribuzioni giurisdizionali dello stesso giudice della domanda, che non possa

1998” e che “a tanto non potrebbe far luogo il giudice dell’ottemperanza, che è
evidentemente astretto agli specifici contenuti della sentenza della cui
esecuzione si tratta”, nel confermare la pronuncia del TAR Lazio, interpretando
il giudicato, ha riconosciuto che al Da Ros potesse essere attribuito soltanto il

eseguire.
In particolare, in relazione alla voce valutativa “partecipazione a
commissioni, comitati, gruppi di lavoro per conto dell’amministrazione di
provenienza e dell’Ispesl”, il Consiglio di Stato ha, poi, confermato che “il
ricorrente ha ottenuto il punteggio massimo.. .già sulla base dei titoli
riconosciuto in suo favore, di guisa che non avrebbe interesse a coltivare la
relativa censura” ed ha altresì affermato che neppure “potrebbe dirsi che
l’interesse sussisterebbe in relazione alla incidenza che quelle attività
potrebbero assumere con riguardo alla complessiva valutazione della
professionalità dell’interessato, atteso che anche una tale prospettazione
costituisce un inammissibile novum rispetto alle statuizioni della sentenza
passata in giudicato, che (pur riconoscendo, in relazione a tale voce, la
valutabilità degli incarichi conferiti al ricorrente con decreto ministeriale…)
non ha previsto una tale opzione valutativa “allargata” dei titoli relativi alla
partecipazione a commissioni istituzionali, ed è rimasta sul punto
inoppugnata”.
In tal modo, in sostanza, il Consiglio di Stato, attenendosi ai principi più
volte enunciati da queste Sezioni Unite e sopra riaffermati, si è limitato
strettamente ad interpretare il giudicato, sulla base degli elementi interni del

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punteggio relativo ai titoli professionali espressamente citati nella sentenza da

giudicato stesso, senza effettuare alcun sindacato integrativo e senza, in effetti,
esorbitare dalla giurisdizione propria del giudice dell’ottemperanza.
Nel contempo il Consiglio di Stato non è incorso in alcun “rifiuto di
giurisdizione” o “diniego di giustizia” nei sensi sopra precisati, bensì, a ben

respingendo la pretesa relativa al punteggio aggiuntivo rivendicato con
riguardo ai titoli non espressamente contemplati nella sentenza n. 2983 del
1998 e ritenendo inammissibile la pretesa al riconoscimento ulteriore della
attività di partecipazione a commissioni istituzionali, per difetto di interesse in
relazione alla voce specifica e per novità in relazione alla voce generale della
professionalità.
D’altra parte è evidente che il mancato accoglimento di tali pretese ha
comportato il rigetto (implicito) anche delle richieste di nomina di un
commissario ad acta e di risarcimento del danno.
Il ricorso va pertanto respinto e il ricorrente va condannato a pagare le
spese all’INAIL. Nulla per le spese nei confronti degli altri intimati.
P. Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare all’INAIL le
spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi e 4.000,00 per compensi, oltre
accessori di legge; nulla per le spese nei confronti degli altri intimati.
Roma 17 dicembre 2013

vedere, ha semplicemente confermato la decisione di primo grado, così

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