Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22888 del 21/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/10/2020, (ud. 03/07/2019, dep. 21/10/2020), n.22888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 398/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Darsena Salento s.a.s.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 247/22/2011, depositata il 17 novembre 2011.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Marco Dinapoli nella camera

di consiglio del 3 luglio 2019.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Letto il ricorso per cassazione presentato, per quattro motivi, dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 247/22/2011 depositata il 17 novembre 2011, che ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado n. 370/03/2007 pronunziata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lecce che, in accoglimento del ricorso proposto dalla contribuente, aveva annullato l’avviso di accertamento emesso per la maggiore Iva dovuta per l’omessa fatturazione della somma di Euro 563.508.900 corrispostale dal Comune di Lecce.

2. – Considerato che la ricorrente, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con ogni consequenziale provvedimento, ha proposto quattro motivi di ricorso.

2.1 – Con il primo motivo lamenta insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 perchè la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto di avere riunito alla causa il procedimento relativo alla cartella esattoriale emessa per l’anno di imposta 2001, mentre invece detto procedimento è stato trattato e definito separatamente e il procedimento che assume di aver riunito riguarda invece un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 1998. La confusione operata si è poi rivelata decisiva per l’erroneo giudizio, perchè la CTR ha ritenuto che la vertenza riguardasse il versamento dell’imposta nell’anno successivo a quello di percezione della somma, mentre invece la questione dedotta dalla ricorrente e contestata dall’Ufficio atteneva alla pretesa duplicazione dell’imposta, circostanza che pertanto la sentenza non ha accertato.

2.2- Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè la sentenza pur non essendosi pronunziata sull’eccezione formulata dall’ufficio che l’Irap non poteva aver costituito oggetto di duplicazione dell’imposta, in quanto per l’anno 2001 la società non aveva compilato il relativo quadro della dichiarazione, ha annullato integralmente l’avviso di accertamento (quindi anche relativamente all’Irap).

2.3- il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 (vizio di ultrapetizione), perchè la sentenza ha deciso che l’Amministrazione Finanziaria avrebbe potuto accertare d’ufficio l’omesso pagamento della società, invece che eccepire in giudizio la mancanza di prova del pagamento. Tale eccezione però non era mai stata sollevata prima dal contribuente.

2.4- Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 4 e art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La norma di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 4 (applicata dalla sentenza) riguarda solo la fase amministrativa, mentre in fase processuale valgono i principi del c.c. sulla ripartizione dell’onere della prova. Inoltre l’interpretazione datane dalla Commissione tributaria regionale comporta che viene posto a carico dell’ufficio l’onere di provare l’inesistenza del pagamento, che è una prova negativa impossibile.

3.- Rilevato che la società intimata non si è costituita in giudizio.

4.- Ritenuto preliminarmente che, in applicazione del principio della “ragione più liquida” desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. (Cass. Sez. U. 8 maggio 2014 n. 9936; Cass. 18 novembre 2016 n. 23531; Cass. 17 marzo 2015 n. 5264) sia opportuno privilegiare le questioni di più agevole soluzione, idonee a definire il giudizio.

5.- Ritenuto che il quarto motivo di ricorso sia fondato, perchè la sentenza impugnata non ha fatto riferimento ad uno specifico documento, sicuramente esistente e indicato dal contribuente, ma solo ad una generica e indeterminata possibilità di accertamento d’ufficio della inesistenza di un documento attestante il pagamento, in violazione dei principi sulla ripartizione dell’onere della prova. Sul punto si richiama Cass. 21 gennaio 2015 n. 958, per cui “Questa Corte ha già affermato il principio, che il Collegio condivide e ad al quale, quindi, intende dare continuità, secondo cui la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 4 (c.d. Statuto del contribuente) – per il quale al contribuente non possono essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell’amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente, dovendo tali documenti ed informazioni essere acquisiti ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 18, commi 2 e 3 – costituisce espressione di un principio generale applicabile anche al processo tributario e presuppone che la documentazione sia già sicuramente in possesso dell’amministrazione finanziaria, o che, comunque, il contribuente dichiari e provi l’avvenuta trasmissione del documento all’amministrazione medesima (Cass. n. 21956 del 2010; cfr. già Cass. nn. 21209 del 2004, 22775 del 2009).

6.- Ritenuto, pertanto, che sia superfluo l’esame dei rimanenti motivi di ricorso, e che la sentenza impugnata debba essere annullata con rinvio al giudice del merito per un nuovo giudizio anche sulle spese.

P.Q.M.

la Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo giudizio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Puglia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2020

 

 

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