Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22888 del 10/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 10/11/2016, (ud. 27/06/2016, dep. 10/11/2016), n.22888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22478-2013 proposto da:

D.F.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SABINA CICCOTTI,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FABIO ROBERTO

FAVERO, SIMONE BAGGIO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ALLIANZ SPA, in persona del procuratore dr. C.P.A.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio

dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che la rappresenta e difende giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

AXA ASSICURAZIONI SPA, C.A., EREDI C.M. SRL,

S.V., S.O.;

– intimati –

Nonchè da:

AXA ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VESPASIANO 17-A, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE INCANNO’,

che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso con ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

ALLIANZ SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso

lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che la rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al controricorso per

resistere al ricorso incidentale;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

D.F.L. (OMISSIS), C.A., EREDI C.M.

SRL, S.V., S.O.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1774/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata in data 08/08/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito l’Avvocato GIOVANNI GIUFFRE’ per delega;

udito l’Avvocato GIORGIO SPADAFORA;

udito l’Avvocato GIUSEPPE INCANNO’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS LUISA che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1997 D.F.L. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Belluno, C.A., la Ditta Eredi C.M. S.r.l., Allianz Subalpina S.p.A. nonchè S.V. e O. e Allsecures Assicurazioni S.p.A., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito del sinistro avvenuto il 24 novembre 1994, allorchè, mentre era trasportata a bordo dell’auto Opel Calibra, condotta da S.V. e di proprietà di S.O., detta auto entrò in collisione con il veicolo Mitsubishi, condotto da C.A. e di proprietà della Ditta Eredi C.M. S.r.l..

Si costituirono in giudizio tutti i convenuti, ad esclusione di S.V., che restò contumace, i quali contestarono la domanda attorea.

Il Tribunale adito, con sentenza depositata il 13 agosto 2005, ritenuta l’esclusiva responsabilità di C.A. nella causazione del sinistro, accolse, per quanto di ragione, la domanda nei confronti del C., della Ditta Eredi C.M. S.r.l. e di Alleanz Subalpina S.p.A., che condannò, in solido, al pagamento della somma capitale di Euro 29.493,405 in moneta corrente, quale ulteriore importo dovuto a titolo di risarcimento del danno, con interessi come indicato in quella sentenza, tenuto conto dell’acconto di Euro 120.000,00 versato in data 2 ottobre 2003.

In particolare il primo giudice ritenne che la responsabilità del sinistro dovesse essere attribuita esclusivamente al fatto colposo del C., consistito nell’aver viaggiato in orario serale e in una zona scarsamente illuminata a fari spenti e che la condotta di S. risultasse essere stata conforme alle norme della circolazione stradale di comune esperienza.

Avverso tale decisione D.F.L. propose appello, lamentando l’insufficiente liquidazione dei danni.

Allianz Subalpina S.p.A. si costituì contestando la fondatezza dell’impugnazione e proponendo, a sua volta, appello incidentale per accertare la concorrente responsabilità di S.V..

Si costituì anche AXA Assicurazioni S.p.A. (già Allsecures Assicurazioni), chiedendo il rigetto dell’appello incidentale e la conferma della sentenza e proponendo, a sua volta, appello incidentale in relazione all’operata compensazione delle spese di primo grado. Restarono contumaci C.A. e la Ditta Eredi C.M. nonchè S.V. e O..

La Corte di appello di Venezia, con sentenza depositata l’8 agosto 2012, accolse per quanto di ragione l’appello principale e l’appello incidentale di Allianz Subalpina S.p.A. e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, che confermò nel resto, condannò C.A., la Ditta Eredi C.M. S.r.l. e Allianz Subalpina S.p.A., in solido tra loro, a pagare a D.F.L. l’ulteriore somma di Euro 11.224,00, oltre interessi, accertò inoltre il concorso di colpa di S.V. per la quota del 30% e, conseguentemente, accertò la corresponsabilità in capo a Virginia e S.O. e ad AXA Assicurazioni S.p.A. per la quota del 30% dei danni e regolò tra le parti le spese di lite.

Avverso la sentenza della Corte di merito D.F.L. ha proposto ricorso per cassazione illustrato da memoria e articolato in sei motivi.

AXA Assicurazioni S.p.A. ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale basato su due motivi.

Allianz S.p.A. (già RAS S.p.A. conferitaria dell’azienda di Allianz Subalpina S.p.A.) ha resistito con distinti controricorsi, illustrati da un’unica memoria, al ricorso principale e a quello incidentale.

Gli intimati C.A., Ditta Eredi C.M. S.r.l. e S.V. e O. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorso principale.

1. Con il primo motivo, lamentando “violazione degli artt. 1223, 1226, 2043 e 2056 c.c. in relazione alla mancata liquidazione del danno patrimoniale da perdita di reddito” (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto insussistente il danno patrimoniale sul rilievo che, con la stabilizzazione dei postumi permanenti, la D.F. (libera professionista nel settore dell’informatica) non era minimamente impedita a svolgere la sua attività professionale e che la decisione della predetta di cessare l’attività nel novembre 1995 risultava “correlabile a motivazioni diverse, probabilmente personali (all’epoca la predetta aveva già compiuto 54 anni), in difetto di qualsiasi elemento comprovante un effettivo impedimento al lavoro dovuto ai postumi” Rappresenta la ricorrente che, prima del sinistro di cui si discute in causa, svolgeva attività libero professionale, occupandosi, in particolare, della tenuta della contabilità per conto di aziende e di professionisti e che, tenuto conto dei ricoveri e dei numerosi interventi chirurgici subiti a seguito del sinistro, la malattia era durata circa tre anni (circa due anni, secondo il C.T.U.) e sostiene che il Giudice di merito avrebbe dovuto liquidare in suo favore il danno patrimoniale da lucro cessante costituito dalla perdita di reddito da lei subita in conseguenza della perdita totale della clientela causata dalla lunga malattia originata dal sinistro, risultando provati lo svolgimento, da parte sua, di attività libero professionale, il verificarsi del sinistro, la sussistenza di malattia di lunga durata originatasi dal sinistro, l’effetto pregiudizievole di siffatta malattia sulla sua clientela e la cessazione della sua attività lavorativa.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Art. 360 c.p.c., n. 5): omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia e precisamente in relazione alla mancata liquidazione del danno patrimoniale da perdita di reddito”, la ricorrente sostiene che i motivi addotti dalla Corte territoriale, anche con il rinvio operato alla sentenza di primo grado, per negare in suo favore il risarcimento del danno da perdita di reddito non sarebbero condivisibili e lamenta che la predetta Corte abbia omesso di valutare il fatto storico decisivo costituito dalla lunga durata della malattia conseguente al sinistro, il cui effetto pregiudizievole sulla clientela del professionista in generale e della ricorrente in particolare costituirebbe regola di comune esperienza e comunque fatto affermato e ribadito anche dal C.T.U..

3. Con il terzo motivo, rubricato “Art. 360 c.p.c., n. 5): omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata liquidazione del danno patrimoniale da perdita di reddito. Art. 360, n. 3): violazione degli artt. 1223, 1226, 1227, 2043, 2056 e 2697 c.c. relativamente alla liquidazione del danno patrimoniale da perdita di reddito”, la ricorrente sostiene che se la Corte di merito avesse preso le mosse dalla durata della malattia e non dalla capacità lavorativa specifica non avrebbe potuto affermare che la sua decisione di cessare l’attività, nel novembre 1995, risultava correlabile a motivazioni personali da individuare nell’età della D.F., età che, invece, avrebbe rappresentato un fattore, ma di natura occasionale o al più concausale, ma non avrebbe costituito la causa della cessazione dell’attività. Lamenta altresì la ricorrente che la motivazione sarebbe sul punto “insufficiente e frutto dell’omessa considerazione di un fatto decisivo” e sarebbe viziata in diritto per violazione delle norme del codice civile indicate nella rubrica del mezzo in parola.

4. Con il quarto motivo, rubricato “Art. 360 c.p.c., n. 3: violazione delle norme degli artt. 1223, 2043, 2056 e 2059 c.c. in relazione alla mancata liquidazione del danno patrimoniale da perdita di reddito”, la D.F. censura la sentenza impugnata nella parte in cui “nega il risarcimento del danno patrimoniale da perdita di reddito dichiarando che lo stesso sarebbe comunque e in ogni caso compensato dal riconoscimento dell’incapacità lavorativa generica”; sostiene la ricorrente che il danno alla cenestesi lavorativa costituirebbe danno non patrimoniale che non potrebbe compensare il danno patrimoniale da perdita di reddito ed assume che, anche sotto tale profilo, la Corte di merito avrebbe errato nel non aver considerato che la causa della perdita del reddito dovesse individuarsi nella lunga malattia che aveva determinato la perdita della clientela e non nella incapacità lavorativa.

5 Con il quinto motivo, rubricato “Art. 360 c.p.c., n. 5): motivazione contraddittoria in ordine a un fatto decisivo per la controversia. In subordine, art. 360 c.p.c., n. 3): violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 345 c.p.c.”, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di merito ha dichiarato non ammissibile la produzione della dichiarazione del dott. N.P.A. (relativa alla clientela prima dell’incidente e attestante che tutti i clienti si erano rivolti ad altri professionisti dopo il sinistro) e ha al contempo affermato l’assenza di prova di un “effettivo impedimento al lavoro”. Ad avviso della D.F., la Corte territoriale avrebbe considerato l’effettivo impedimento al lavoro e la perdita di clientela legati da un rapporto di consequenzialità e ribadisce, ancora una volta, che la Corte di merito si sarebbe “soffermata nell’indagare la sussistenza di incapacità lavorativa specifica, ma non gli effetti della durata della malattia sul reddito della ricorrente”.

6. Con il sesto motivo, rubricato “Art. 360 c.p.c., n. 3): violazione degli artt. 1223, 2043 e 2056 c.c. in relazione alla mancata liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa temporanea”, la ricorrente si duole che la Corte di merito abbia confermato la limitazione, operata dal Tribunale, del risarcimento del danno da perdita di reddito conseguente alla incapacità lavorativa temporanea ad un solo anno, ossia fino alla formale cessazione dell’attività e sostiene che la motivazione addotta al riguardo sarebbe insufficiente e non convincente atteso che, in conseguenza del sinistro, la D.F. aveva perduto la clientela e il “tenere aperta l’attività lavorativa” avrebbe comportato l’assenza sicura e totale di reddito a fronte di altrettanto sicuri costi, sicchè la decisione di cancellare la partita IVA non sarebbe stata arbitraria ma sarebbe stata eziologicamente collegata al sinistro.

7. I motivi sopra riportati, che, essendo tra loro connessi, come evidenziato dalla stessa ricorrente (v. ricorso p. 19), possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

7.1. Le censure proposte non colgono nel segno, avendo la Corte di merito confermato la decisione del primo Giudice, quanto all’esclusione dei pretesi danni patrimoniali da perdita della capacità lavorativa, anche sulla base di quanto emerso dalla c.t.u., e quindi ha, evidentemente, tenuto conto pure della durata di malattia e ha motivato al riguardo in modo congruo e non contraddittorio, pur se pervenendo a conclusioni diverse da quelle auspicate dalla ricorrente che, sostanzialmente, ripropone in gran parte questioni di fatto rimesse alla valutazione del Giudice del merito e non prospettabili in questa sede.

7.2. Inoltre, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., nella previgente formulazione, applicabile ratione temporis, non ammissibile la produzione documentale in secondo grado, ed invero trattasi di documento che ben poteva essere prodotto in primo grado e comunque non indispensabile ai fini della decisione, con la precisazione il mezzo istruttorio in sede di gravame di merito è indispensabile quando appaia di per sè idoneo a sovvertire la decisione di primo grado, nel senso di mutare uno o più giudizi di fatto sui quali si basa la pronuncia impugnata, fornendo un contributo decisivo all’accertamento della verità materiale, in coerenza con i principi del giusto processo (v. tra le più recenti, Cass., ord., 11/02/2015, n. 2729 e Cass. 29/04/2016, n. 8568).

7.3. Corretta risulta, altresì, la determinazione del “danno patrimoniale da incapacità lavorativa temporanea”, avendo la Corte territoriale accertato la cessazione dell’attività professionale della ricorrente nel novembre 1995 e avendo conseguentemente limitato detto danno al solo periodo intercorso tra il sinistro in questione e la formale cessazione di detta attività.

Ricorso incidentale.

8. Con il primo motivo, deducendo “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, la controricorrente – ricorrente incidentale lamenta che la Corte di merito, in relazione all’an debeatur, abbia motivato in modo illogico, insufficiente e contraddittorio e censura la valutazione – a suo avviso “assai superficiale” – delle risultanze istruttorie operata dalla predetta Corte.

9. Con il secondo motivo, deducendo “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 115 c.p.c., artt. 2697 e 2054 c.c.”, la AXA Assicurazioni S.p.A. censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di attribuire a S.V. la responsabilità concorsuale al prodursi dell’evento del sinistro nella misura del 30%, in violazione delle norme richiamate in rubrica e non tenendo conto delle emergenze processuali.

10. Entrambi i motivi del ricorso incidentale, che ben possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro connessione, sono inammissibili.

Con gli stessi l’AXA Assicurazioni S.p.A. tende, in sostanza, ad una rivalutazione del merito non consentita in questa sede.

Va pure evidenziato che, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità, da cui non vi è motivo di discostarsi, la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili (v., ex plurimis, Cass. 23/05/2014, n. 11511 Cass. 24/05/2006, n. 12362). Inoltre, l’accertamento delle modalità del sinistro e la ripartizione e graduazione della colpevolezza nonchè l’accertamento circa la sussistenza o meno del nesso di causalità costituiscono oggetto di un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia – come nel caso all’esame – caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (Cass. 14/07/2003, n. 11007; Cass. 23/02/2006, n. 4009; Cass. 25/01/2012 n. 1028).

Conclusioni.

11. Alla luce di quanto sopra evidenziato, il ricorso principale deve essere rigettato e il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile.

12. Tenuto conto della soccombenza reciproca, le spese del giudizio di cassazione vanno compensate per intero tra la ricorrente principale e la controricorrente-ricorrente incidentale AXA Assicurazioni S.p.A.; la ricorrente principale va condannata, invece, in favore della controricorrente Allianz S.p.A., alle spese del presente giudizio di legittimità liquidate come da dispositivo, in base al principio della soccombenza; non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti degli intimati, non avendo gli stessi svolto attività difensiva in questa sede.

13. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della controricorrente-ricorrente incidentale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso principale e il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte, pronunciando sui ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa per intero tra la ricorrente principale e la controricorrente-ricorrente incidentale AXA Assicurazioni S.p.A. le spese del presente giudizio di cassazione;

condanna la ricorrente principale, in favore della controricorrente Allianz S.p.A., alle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della controricorrente-ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016

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