Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22885 del 10/11/2016
Cassazione civile sez. III, 10/11/2016, (ud. 04/05/2016, dep. 10/11/2016), n.22885
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –
Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8210-2013 proposto da:
FARO 368 SRL, (già denominata Faro Rappresentanze s.r.l), in persona
del suo Amministratore Unico e Legale rappresentante Dott.
C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 14,
presso lo studio dell’avvocato MARIO MENDICINI, che la rappresenta e
difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
ALLIANZ SPA (già RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’ SPA), in persona del
procuratore dr.ssa G.A., elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che
la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al
controricorso;
B.V., R.B.C., elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 27, presso lo studio dell’avvocato
ETTORE GRIMALDI, che li rappresenta e difende giusta procura
speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e contro
CONDOMINIO VIA DEL GESU’ 62 ROMA, SPIC SOLI PIETRO SRL, S.L.,
M.R., SI.PI., SI.GU., REALE MUTUA DI
ASSICURAZIONI SMA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 257/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 15/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;
udito l’Avvocato MARIO MENDICINI; udito l’Avvocato ETTORE GRIMALDI;
udito l’Avvocato ANTONIO MANGANIELLO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’accoglimento p.q.r. del 1^
motivo di ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Faro Rappresentanze S.p.A. (ora FARO 368 s.r.l.) convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma i coniugi B.V. e B.C.R. chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni subiti dall’appartamento di sua proprietà sito in (OMISSIS), compresi quelli per la mancata utilizzazione dell’immobile, a causa dei lavori di ristrutturazione eseguiti nell’appartamento soprastante, di proprietà di B.C.R. ed utilizzato da entrambi i coniugi.
Si costituirono i convenuti contestando la domanda, spiegando domanda riconvenzionale e chiedendo e ottenendo la chiamata in causa delle imprese che avevano eseguito i lavori, dei loro fideiussori e del condominio in cui erano ubicati gli appartamenti.
Esteso il contraddittorio anche alle compagnie assicuratrici Reale Mutua S.p.A. e RAS (ora ALLIANZ) S.p.A. ed espletata consulenza tecnica, il Tribunale rigettò le domande proposte in via principale e in via riconvenzionale, compensando tra le parti le spese di lite.
Proposto appello principale dalla società FARO 368 ed appello incidentale dai coniugi B., la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 15 gennaio 2013, ha confermato la sentenza impugnata, compensando tra le parti le spese del grado.
Contro la decisione la FARO 368 s.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi ed illustrato da memoria.
Resistono, con distinti controricorsi, i coniugi B. e ALLIANZ S.p.A., che ha depositato memoria.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la FARO 368 s.r.l. denuncia violazione dell’art. 2051 c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Censura la sentenza impugnata per avere escluso la responsabilità ex art. 2051 c.c. di B.C.R., proprietaria dell’appartamento soprastante quello di proprietà della ricorrente, sul rilievo che i danni lamentati dalla FARO 368 s.r.l. “non sono derivati dalla res, bensì dall’attività svolta sulla res dall’appaltatore”, ponendosi in tal modo in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che contempla la responsabilità del proprietario custode anche nell’ipotesi di danni cagionati dall’appaltatore.
Il motivo è infondato.
Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte il proprietario di un immobile non cessa – di regola – di averne la materiale disponibilità per averne pattuito, in appalto, la ristrutturazione, e pertanto è responsabile, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. perchè custode del bene, dei danni derivati ad un terzo, purchè rimanga titolare di una qualche potestà di fatto sulla cosa (Cass. n. 3041/99; Cass. n. 2298/04).
Ciò posto, nella situazione di fatto in concreto accertata, il giudice del merito ha escluso che fossero emersi elementi che dimostrassero la sussistenza dei presupposti indicati dalla giurisprudenza ai fini della configurabilità della responsabilità della proprietaria – come pure del coniuge committente – in riferimento ai lavori eseguiti dall’appaltatore. L’apprezzamento di fatto espresso dalla corte territoriale non è stato censurato dalla ricorrente sotto il profilo del vizio motivazionale, sicchè è immune da censura la decisione assunta sulla base di tale presupposto fattuale in conformità della giurisprudenza di questa Corte.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 101 c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Con i due motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro connessione, la ricorrente lamenta che la corte di appello aveva confermato la decisione di primo grado di rigetto della domanda proposta nei confronti di B.V., ritenendo legittimo il rilievo d’ufficio, operato in assenza del contraddittorio delle parti, del difetto di legittimazione passiva del predetto, pur trattandosi di questione inerente la titolarità sostanziale passiva della pretesa risarcitoria, mai contestata dal B..
I motivi sono infondati.
Come si è accennato in precedenza, la corte di merito ha rilevato, nella concreta situazione di fatto, l’insussistenza delle ipotesi in cui eccezionalmente può configurarsi la responsabilità del committente per danni cagionati a terzi durante l’esecuzione delle opere da parte dell’appaltatore. In tal modo il giudice di appello, pur evocando impropriamente il difetto di legittimazione passiva, ha accertato, nel merito, a fronte delle contestazioni mosse da B.V. in ordine alla propria responsabilità per i danni lamentati, l’infondatezza della pretesa risarcitoria. Tale apprezzamento di fatto non è stato censurato dalla ricorrente per vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sicchè resta confermata sul punto la decisione assunta dalla corte di merito.
3. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la ricorrente è tenuta al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore delle parti resistenti, liquidate, per ciascuna di esse, in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 4 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016