Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22884 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 29/09/2017, (ud. 11/07/2017, dep.29/09/2017),  n. 22884

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. DI GERONIMO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8264-2013 proposto da:

CITIS PARK SRL IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in ROMA

VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA

VALVA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANNI

MARONGIU, ANDREA BODRITO;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA NORD SPA, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

Avvocati ERSILIO GAVINO, GIOVANNI CALISI (avviso postale ex art.

135);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 43/2012 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 04/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/07/2017 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

p. 1. La Citis Park srl in liquidazione propone cinque motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 43 del 4 giugno 2012 con la quale la commissione tributaria regionale della Liguria, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittima l’intimazione di pagamento notificatale da Gest Line spa (poi Equitalia Polis spa, poi Equitalia Nord spa) per tassa smaltimento rifiuti dovuta al Comune di Loano (SV).

La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, ha ritenuto che: – l’agente per la riscossione fosse territorialmente competente sul rapporto impositivo in oggetto, in quanto investito, D.L. n. 203 del 2005, ex art. 3, comma 1, della riscossione per la provincia di Genova, città nella quale aveva sede la società contribuente; – l’intimazione di pagamento in oggetto fosse stata debitamente preceduta dalla notificazione a mezzo posta della cartella di pagamento, con conseguente sua impugnabilità soltanto per vizi propri, non attinenti alla pretesa impositiva; – la prova della previa notificazione della cartella di pagamento risultasse dall’avviso di ricevimento del plico raccomandato depositato dai concessionario, e recante numero conforme della cartella notificata; – a nulla rilevasse, ex art. 2719 c.c., che tale avviso fosse stato prodotto soltanto in copia, dal momento che la società contribuente non aveva proposto formale disconoscimento di conformità della copia all’originale; tale non potendo ritenersi la mera istanza di esibizione in giudizio dell’originale (già disposta dal primo giudice con ordine al quale il concessionario non aveva ottemperato, esponendo la soverchia difficoltà di reperire, in cartaceo, il documento richiesto).

Resiste con controricorso Equitalia Nord spa, la quale ha anche depositato memoria tardiva.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso la società contribuente lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione o falsa applicazione dell’art. 2719 c.c., art. 210 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7. Per non avere la commissione tributaria regionale rilevato che il formale disconoscimento di conformità all’originale della copia dell’avviso di ricevimento in questione doveva desumersi implicitamente dalla sua istanza di esibizione dell’originale del medesimo. A sua volta conseguente al fatto che, nell’intimazione di pagamento opposta nel presente procedimento, la data di notificazione della cartella risultava indicata in un giorno (15 dicembre 2006) diverso e successivo a quello risultante dall’avviso di ricevimento prodotto in copia.

p. 2.2 Il motivo è infondato.

La commissione tributaria regionale – dopo aver premesso che la previa notificazione della cartella oggetto di controversia era legittimamente avvenuta tramite il servizio postale ordinario e, dunque, senza necessità di relata di notificazione – ha ritenuto che la prova della regolarità di tale notificazione dovesse desumersi dallo stesso avviso di ricevimento; ancorchè prodotto in copia.

E ciò in ragione del fatto che, ex art. 2719 c.c., non vi era stato formale disconoscimento della copia da parte della società contribuente, con conseguente sua efficacia probatoria corrispondente a quella dell’originale.

Quanto al mancato disconoscimento, ha osservato il giudice di appello che, nella specie, era stata proposta solo una “richiesta di esibizione sulla base di un’asserita non corrispondenza tra il numero della cartella ed il numero di cartella riportato sull’avviso di ricevimento”; richiesta ritenuta non equipollente al formale disconoscimento.

Questo ragionamento deve ritenersi giuridicamente corretto.

Infatti si è in proposito affermato (Cass. 13425/14; 4476/09 ed altre) che l’art. 2719 c.c., esige l’espresso disconoscimento con riguardo alla contestazione non solo dell’autenticità del contenuto o della sottoscrizione della scrittura, ma anche della conformità della copia all’originale; in entrambi i casi deve osservarsi la procedura di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c..

Con la conseguenza che anche nell’ipotesi, qui rilevante, di dedotta difformità della copia dall’originale, la copia fotostatica non autenticata si ha comunque per riconosciuta ove la parte comparsa non la disconosca in modo specifico ed inequivoco alla prima udienza, ovvero nella prima risposta successiva alla sua produzione.

Fermo restando che il disconoscimento – se ritualmente proposto – onera l’altra parte della produzione dell’originale, nel caso in cui non si contesti il contenuto o la sottoscrizione del documento bensì la sua conformità all’originale, è comunque “in facoltà del giudice di merito di accertare aliunde tale conformità”, anche attraverso presunzioni (Cass. cit.).

Quanto ai requisiti del disconoscimento, la relativa dichiarazione non richiede, in effetti, l’adozione di forme sacramentali o altrimenti vincolate; ma deve purtuttavia essere (oltre che tempestiva) specifica, esplicita ed univoca, così da non lasciar margine alcuno di dubbio ed incertezza (Cass. 3474/08; 24456/11; 18042/14); come invece accade allorquando, come nella specie, essa risulti sovrapposta ad altre difese, ovvero sottintesa nella deduzione di una diversa versione dei fatti (Cass. 12448/12).

La ricorrenza di tali requisiti nella concretezza della fattispecie processuale rientra in ogni caso nella delibazione fattuale del giudice di merito: “la valutazione dell’idoneità delle espressioni utilizzate dalla parte a configurare un valido disconoscimento di una scrittura privata prodotta contro di essa costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato” (Cass. n. 11460/07 ed altre).

p. 3.1 Con il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso la società contribuente deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, così evidenziabili: – (secondo motivo), le ragioni per cui l’istanza di disconoscimento non potesse individuarsi nella stessa istanza di esibizione dell’originale; – (terzo motivo) le ragioni per cui era stata ritenuta raggiunta la prova della previa notificazione della cartella di pagamento, nonostante l’eclatante divario (di alcuni anni) della data risultante dalla copia dell’avviso di ricevimento e quella indicata dal concessionario nell’intimazione di pagamento opposta; (quarto motivo) le ragioni per cui il giudice di merito non aveva desunto argomenti di prova contraria, ex art. 116 c.p.c., dal comportamento processuale del concessionario, che non aveva ottemperato all’ordine di esibizione in originale dell’avviso di ricevimento in questione.

p. 3.2 Nessuno di questi motivi può trovare accoglimento.

La commissione tributaria regionale ha dato adeguatamente conto delle ragioni per cui la dichiarazione di disconoscimento non poteva desumersi dalla semplice istanza di esibizione dell’originale, anche in ragione del fatto che quest’ultima presupponeva, come detto, “un’asserita non corrispondenza tra il numero della cartella ed il numero di cartella riportato sull’avviso di ricevimento”. Vale a dire, una circostanza diversa dalla asserita difformità della copia rispetto all’originale e che, comunque, lo stesso giudice di merito ha ritenuto smentita per tabulas, dando atto dell’avvenuto positivo accertamento della “piena corrispondenza tra i numeri identificativi riportati nell’intimazione di pagamento, i numeri identificativi riportati nell’estratto di ruolo ed i numeri identificativi riportati negli avvisi di accertamento”.

Quanto alle censure mosse alla valutazione probatoria resa dal giudice di merito, basterà qui evidenziarne la radicale inammissibilità, in quanto in realtà rivolte a suscitare nella presente sede di legittimità una delibazione fattuale insindacabile; proprio perchè congruamente motivata.

Rileva in proposito, come agevolmente desumibile da quanto accertato e riferito dal giudice di appello, che: – l’avviso di ricevimento prodotto in copia attestava dell’avvenuta effettiva notificazione, in data antecedente, della stessa cartella di pagamento (numericamente identificata) costituente il fondamento dell’intimazione opposta, ed in quest’ultima richiamata; tale data di notificazione risultava del tutto compatibile non soltanto con l’anno di emissione della cartella, ma anche con la data, antecedente di pochi giorni, di spedizione del plico mediante consegna all’ufficio postale (invece del tutto incompatibile con la data di notificazione erroneamente indicata, nell’atto di intimazione, in quella di alcuni anni successiva del 15 dicembre 2006).

Ciò posto, il ragionamento offerto dal giudice di merito risulta del tutto congruo ed adeguatamente motivato; non senza tuttavia rimarcare come il requisito della previa notificazione della cartella di pagamento dovesse ritenersi soddisfatto quand’anche tale notificazione, in ipotesi, fosse avvenuta nella successiva data risultante dalla intimazione.

Profilo, quest’ultimo, che la ricorrente non ha affrontato, mediante la specifica indicazione in ricorso della rilevanza, in fatto e diritto, dell’individuazione dell’esatta data di notificazione della cartella; cartella che – nell’alternativa tra data dell’ avviso di ricezione e data indicata nell’atto di intimazione – risultava in ogni caso eseguita prima dell’intimazione stessa.

Quanto, infine, alla lamentata sottovalutazione, da parte del giudice di appello, del comportamento processuale del concessionario che aveva omesso di ottemperare all’ordine giudiziale di esibizione dell’originale, basterà rilevare come si tratti – anche in tal caso – di delibazione discrezionale del giudice di merito. Il quale ha implicitamente ritenuto – da un lato – che la mancata esibizione dell’originale trovasse giustificazione nella obiettiva difficoltà di reperimento del corrispondente cartaceo e dall’altro – che tale mancata esibizione fosse ad ogni modo probatoriamente ininfluente; posto che la data di notificazione della cartella era desumibile (come consentito dal su riportato indirizzo giurisprudenziale di legittimità) all’esito della valutazione del quadro istruttorio nel suo complesso.

p. 4.1 Con il quinto motivo di ricorso la società contribuente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente motivazione in punto incompetenza territoriale – per mancanza di delega da parte dell’agente competente – dell’agente della riscossione che aveva proceduto alla formazione del ruolo ed alla notificazione della cartella.

p. 4.2 Nemmeno questa doglianza può trovare accoglimento.

In primo luogo, essa censura la decisione della commissione tributaria regionale soltanto sotto il profilo motivazionale, e non della violazione di legge; nonostante che il tenore sostanziale della stessa appaia invece indirizzato alla violazione o falsa applicazione delle norme di legge concernenti l’attribuzione della competenza territoriale al concessionario (ora agente) per la riscossione.

In secondo luogo, essa individua entrambe le rationes decidendi poste dal giudice di appello a fondamento della propria decisione (competenza dell’agente per la riscossione che ha qui proceduto nell’ambito della provincia di Genova, città dove la società contribuente aveva sede; sopravvenuta concentrazione della funzione di riscossione, all’esito di fusioni per incorporazione, in capo ad Equitalia Nord spa, parte nel giudizio), ma ne censura specificamente soltanto una (la prima).

In ogni caso, la motivazione del giudice di appello appare del tutto congrua ed adeguata nel dare conto del proprio convincimento in ordine al fatto che la competenza dell’agente per la riscossione fosse stata qui correttamente radicata (indipendentemente dalla sede legale della società di riscossione, all’epoca in Napoli), in ragione: a. del luogo di residenza del contribuente (sede legale della società), in Genova, ambito geografico di operatività istituzionale dell’agente medesimo (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 46); b. della ravvisabilità nella specie di delega telematica da parte del concessionario consegnatario del ruolo operante in diversa provincia, insita nella stessa trasmissione dell’estratto di ruolo e nella coincidenza dei numeri identificativi di quest’ultimo con quelli della cartella e dell’intimazione di pagamento.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200,00; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della quinta sezione civile, il 11 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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