Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22884 del 13/08/2021

Cassazione civile sez. lav., 13/08/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 13/08/2021), n.22884

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6765-2015 proposto da:

ASL N. (OMISSIS) AVEZZANO-SULMONA-L’AQUILA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 55, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CARLI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MAGNA GRECIA

84, presso lo studio dell’avvocato DANILO D’ANGELO, rappresentato e

difeso dagli avvocati MARGHERITA FARAGLIA, VINCENZO BOTTINO, ELENA

DE OTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 964/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 20/11/2014 R.G.N. 966/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/03/2021 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 964/2014, pubblicata in data 20 novembre 2014, la Corte d’Appello di L’Aquila, in riforma della sentenza del Tribunale di Sulmona, accoglieva la domanda proposta da P.G., già dirigente medico, cessato dal servizio, e condannava L’ASL n. (OMISSIS) di Avezzano, Sulmona e L’Aquila al pagamento in suo favore dell’indennità sostitutiva delle ferie pari a 77 giornate, nella misura determinata secondo i criteri di cui agli artt. 5 e 26 del c.c.n.l. integrativo della dirigenza medica del 10/2/2004 oltre interessi come per legge;

riteneva la Corte territoriale che fosse stato provato dal P. che il mancato godimento delle ferie era dipeso dalle esigenze di servizio e non dalla volontà del dirigente medico;

richiamava il principio affermato da questa Corte a Sezioni unite nella sentenza n. 9146 del 17 aprile 2009 secondo cui, ribadito che il dirigente titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, nel caso in cui non eserciti tale potere e non usufruisca quindi del periodo di riposo, non ha diritto all’indennità sostitutiva, non si applica nei confronti dei dipendenti con qualifica dirigenziale privi di tale potere;

rilevava che, nella specie, il P. avesse più volte inutilmente denunciato ai vertici dell’azienda la condizione di grave carenza di organico del personale medico della struttura complessa da lui diretta ((OMISSIS)) come dimostrato dalla produzione documentale di parte appellante da cui si evinceva che il predetto aveva avanzato varie richieste alla ASL di misura organizzativa che potessero consentire al personale medico (e quindi anche allo stesso P.) di fruire del congedo ordinario senza pregiudicare il principio della continuità assistenziale nel reparto e che tali istanze erano state in massima parte disattese;

evidenziava che l’appellante avesse dimostrato di aver predisposto (in data 24/9/2009, in tempo utile) un piano di fruizione di ferie residue e che la ASL aveva autorizzato tale piano con decorrenza dal 15/12/2009 quando ormai non era più possibile l’integrale fruizione dei giorni residui per il suo collocamento a riposo;

riteneva che il divieto di monetizzazione delle ferie non godute non potesse considerarsi assoluto nel senso di proibire radicalmente il pagamento del compenso sostitutivo a fronte di evidenti impossibilità al godimento delle ferie non attribuibili in alcun modo alla volontà del lavoratore;

condannava, perciò, l’ASL al pagamento dell’indennità sostitutiva per 77 giornate (dato incontestato nel quantum – cfr. nota prot. N. 0093552/10 in data 2/11/2010 della Direzione Amministrativa della ASL -);

2. la ASL ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi, cui P.G. ha opposto difese con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3);

sostiene che la Corte territoriale abbia ribaltato il principio correttamente posto a base della decisione di prime cure secondo il quale il dipendente avrebbe dovuto dimostrare di aver prestato attività lavorativa nei giorni destinati alle ferie ed ha ritenuto di accogliere la domanda sulla base della grave carenza di organico come se quest’ultima potesse soddisfare (presuntivamente) la prova specifica in ordine allo svolgimento di prestazioni lavorative nei giorni destinati alle ferie;

2. il motivo è inammissibile;

2.1. innanzitutto, non sono trascritti né la sentenza di primo grado né i motivi di censura formulati dal P. in violazione del principio di specificità del ricorso;

2.2. il motivo non e’, comunque, idoneo a scalfire il ragionamento della Corte territoriale ed anzi attribuisce alle argomentazioni del Collegio un significato travisato e non corrispondente al decisum;

la Corte di L’Aquila, infatti, ha ricostruito la disciplina collettiva applicabile al rapporto e, sulla base di questa, enucleato i presupposti per il pagamento dell’indennità sostitutiva richiamando, quanto al dirigente che sia anche titolare del potere di attribuirsi le ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, i principi espressi da Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9146 (seguita da numerose conformi tra cui Cass. 26 gennaio 2017, n. 2000; Cass. 9 marzo 2021, n. 6493);

ha, quindi, specificamente evidenziato che il suddetto sistema prevede, rispetto alla regola generale della insussistenza del diritto all’indennità sostitutiva per il dirigente che sia titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, nel caso in cui non eserciti il detto potere e non usufruisca quindi del periodo di riposo, una salvezza dell’ipotesi in cui, invece, tale dirigente provi la ricorrenza di necessità aziendali assolutamente eccezionali ed obiettive, ostative alla suddetta fruizione (v. in tal senso Cass. 16 giugno 2009, n. 13953; Cass. 7 giugno 2005, n. 11786; Cass. 5 maggio 2004, n. 8591; Cass. 27 agosto 1996, n. 7883);

valutato, poi, tutto il materiale probatorio acquisito e ritenuto incontestato il numero di giorni di ferie non godute, ha evidenziato che fosse emerso che l’appellante aveva predisposto in tempo utile un piano di fruizione di ferie residue, piano autorizzato tardivamente dall’ASL, quando ormai non era più possibile per il P. l’integrale fruizione dei giorni residui per collocamento a riposo;

ciò, ad avviso della Corte territoriale, ha integrato già la deroga al principio generale dell’insussistenza di un diritto all’indennità sostitutiva;

il suddetto ragionamento, inoltre, ha dato conto, implicitamente, dell’avvenuta prestazione dell’attività lavorativa nei giorni che sarebbero dovuti essere riservati al godimento delle ferie residue;

2.3. né può dirsi che sia stata violata la regola di giudizio di cui all’art. 2967 c.c. non essendosi certo posto l’onere probatorio a carico di una parte diversa da quella che ne era onerata ma essendosi utilizzati, a fini decisori, tutti gli elementi acquisiti al processo;

2.4. sul punto, invero, il rilievo si colloca al di fuori del novero di quelli spendibili ex art. 360 c.p.c., comma 1 perché, nonostante il richiamo normativo in esso contenuto, sostanzialmente sollecita una rivisitazione nel merito della vicenda (non consentita in sede di legittimità) affinché si fornisca un diverso apprezzamento delle prove (Cass., Sez. Un., 10 giugno 2016, n. 11892);

3. con il secondo motivo la ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, illogicità della motivazione nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c.;

censura la sentenza impugnata per avere ritenuto presuntivamente che la (comprovata) inadeguatezza organica e funzionale del laboratorio di analisi testimoniasse l’effettivo svolgimento di attività lavorativa nei giorni destinati alle ferie;

4. il motivo è inammissibile per le stesse ragioni evidenziate con riguardo al primo motivo di ricorso;

4.1. ed infatti la Corte territoriale, sulla base delle risultanze di causa, ha valorizzato la circostanza che la grave carenza di organico, l’avvenuta presentazione tempestiva di un piano ferie da parte del dirigente ed il colpevole ritardo dell’amministrazione nel concedere la relativa autorizzazione, fossero dimostrative dell’impossibilità per il P. di godere dei giorni di ferie residui prima del pensionamento ed integrassero quella salvezza di cui sopra si è detto;

4.2. in ogni caso, è devoluta al giudice di merito non solo la valutazione delle risultanze delle prove (spettando a tale giudice, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge – v. ex multis Cass. 7 aprile 2017, n. 9097; Cass. 6 aprile 2011, n. 7921 -) ma anche la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c. per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione (v. tra le più recenti Cass. 17 gennaio 2019, n. 1234);

5. sulla scorta delle considerazioni che precedono il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna ex art. 91 c.p.c. della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo;

6. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass., Sez. Un., n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15% con attribuzione agli avvocati M. Faraglia, E. De Oto e V. Bottino anticipatari.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 agosto 2021

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