Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22877 del 03/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 03/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 03/11/2011), n.22877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20566/2009 proposto da:

ASSIMOCO VITA SPA (OMISSIS) in persona del legale rappresentante

pro tempore (in qualità di procuratore ad negotia), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA RODI 32, presso lo studio dell’avvocato

BONITO GIUSEPPINA, rappresentata e difesa dall’avvocato COLALEO

Luigi, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 136/2008 della Commissione Tributaria

Regionale di ROMA del 28.10.08, depositata il 27/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MARIAIDA PERSICO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FEDERICO

SORRENTINO.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Il Relatore Cons. Dott. Mariaida Persico, letti gli atti depositati, osserva:

1. La società Assimoco Vita s.p.a. propone ricorso per cassazione, fondato su quattro motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 136/29/08, depositata il 27 novembre 2008, con la quale è stato accolto l’appello proposto dall’ufficio avverso la sentenza di primo grado che aveva integralmente accolto il ricorso avanzato da essa società avverso il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso presentata il 23.12.02 e relativa alle imposte Irpeg ed Ilor esposte nel Mod.

760/02. Il giudice dell’appello ha motivato affermando sia che la contribuente non aveva fornito la prova della effettiva e tempestiva presentazione dell’istanza di rimborso; sia che tanto aveva riverberi sulla prescrizione dei crediti fatti valere; sia che, tenuto conto dell’andamento processuale, dovevano compensarsi le spese dei due gradi di giudizio.

L’Agenzia resiste controdeducendo.

2. Con il primo motivo del ricorso la ricorrente deduce l’omessa ed erronea motivazione della sentenza impugnata circa il fatto che l’istanza del 2.8.2005 sia stata considerata come mero sollecito, mentre la C.T.P. l’aveva ritenuta come l’istanza originante il silenzio-rifiuto.

2.1 La censura appare fondata: il giudice dell’appello esclude ogni valenza dell’istanza del 2.8.2005 rilevando che la stessa non può avere valenza probatoria dell’esistenza della prima missiva (cioè quella del 23.12.02)”, ma non motiva affatto sulle ragioni che lo portano ad escludere che l’istanza del 2.8.05, della quale pure da atto specificando che ne è stata provata la notifica all’Ufficio, possa avere la sostanza di istanza di rimborso e possa quindi avere determinato la formazione di un silenzio-rifiuto, come sostenuto dalla contribuente ed affermato dal giudice di primo grado.

3. Il secondo motivo del ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., e pone il seguente quesito di diritto (necessario essendo stato l’art. 366 bis c.p.c., abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d): “Dica la Suprema Corte se nel motivare la sentenza la C.T.R., abbia omesso di pronunciarsi sul punto relativo all’eccezione proposta dalla Assimoco di inammissibilità dell’appello per tardività dei motivi ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e art. 345 c.p.c., come formulata nella memoria costitutiva in appello: In aggiunta in domanda avanzata dall’ufficio con il ricorso deve ritenersi inammissibile per espressa violazione del divieto dello ius novum sancito dal nostro ordinamento dall’art. 345 c.p.c., che prevede l’impossibilità nel giudizio di appello di proporre domande nuove. A tenore dell’art. cit. le domande nuove, se proposte, devono essere dichiarate inammissibili d’ufficio”, nonchè per inversione dell’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 c.c., sulla presentazione dell’istanza 23.12.2003, stante la contumacia in primo grado dell’Agenzia delle Entrate e la proposizione per la prima volta in appello dell’eccezione di prescrizione e della mancata ricezione dell’istanza 23.12.2002, considerata l’atto impugnato”.

4. Con il terzo motivo, accompagnato dal relativo quesito, la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., D.Lgs. n. 546 del 1997, art. 57 e art. 345 c.p.c., per non avere ritenuto che l’ufficio delle Entrate di Roma avesse l’onere in appello, essendo rimasto contumace in primo grado, di provare la mancata ricezione dell’istanza 23.12.2002 e per avere ritenuto ammissibile, senza adeguata motivazione, l’appello proposto dall’Agenzia, non considerando nuova l’eccezione di prescrizione proposta per la prima volta in appello.

5. I due motivi possono essere trattati congiuntamente stante la stretta interconnessione. Gli stessi appaiono manifestamente infondati.

5.1 Quanto al primo profilo di omessa pronuncia va rilevato che lo stesso giudice di secondo grado nella prima parte della sentenza relativa allo svolgimento del processo, ha precisato che l’eccezione formulata dall’appellante era quella di inesistenza dell’atto impugnabile per mancata dimostrazione dell’effettiva presentazione dell’istanza di rimborso, e che nella parte motiva si è pronunciato su tale eccezione affermando che “la mancanza dell’istanza rende inesistente il provvedimento e conseguentemente rende inesistente il presupposto per l’azione processuale introdotta”. Tanto rende evidentemente un obiter dictum quanto aggiunto in ordine al riverbero della mancata prova dell’effettiva presentazione dell’istanza sulla prescrizione dei crediti Ilor fatti valere e sul regime eventualmente applicabile, non avendo tale punto forza di decisum, stante quanto poco prima affermato sull’inesistenza di un atto impugnabile.

A tanto si aggiunge la genericità dell’eccezione sollevata dalla contribuente nell’atto di costituzione in appello – fornito sul punto della necessaria autosufficienza essendo stato riportato testualmente -, avendo la stessa semplicemente ricordato quanto previsto dalla normativa vigente, senza specificare quali e per quali motivi dovessero essere considerate come domande nuove ed anzi indicando come nuova “la domanda” tutta dell’appellante.

5.2 Quanto al secondo profilo deve rilevarsi che, secondo i generali principi in materia di onere della prova, essendo il fatto controverso, è onere del contribuente-ricorrente dimostrare la formazione dell’atto impugnabile, cioè il silenzio-rifiuto formatosi su di un’istanza di rimborso presentata tempestivamente (cioè prima che si sia verificata la decadenza dal diritto o la prescrizione del diritto a proporre l’istanza). Ancora deve sottolinearsi che in tema di contenzioso tributario l’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce” (D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18, 22 e 53), (Cass. n. 20743 del 2010).

6. Con il quarto motivo viene dedotto il vizio di motivazione illogica ed abnorme con riferimento alla compensazione delle spese di giudizio per entrambi i gradi di merito. La doglianza appare infondata per avere il giudice dell’appello giustificato il decisum con l’affermazione che “..il giudizio di primo grado, seppure censurabile, ha comunque giustificato il comportamento processuale della parte ricorrente”, affermazione questa che, per quanto decisamente sintetica, chiarisce il percorso logico-giuridico seguito dalla C.T.R. per compensare, invece di addebitare secondo il principio della soccombenza, le spese del giudizio di entrambi i gradi.

7. Si ritiene, quindi, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio e la definizione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., con il relativo accoglimento per manifesta fondatezza del primo, il rigetto per manifesta infondatezza del quarto motivo e la dichiarazione di inammissibilità del secondo e del terzo motivo”.

Che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto con riferimento al primo motivo del ricorso, rigettato con riferimento al quarto, mentre va dichiarata l’inammissibilità del secondo e terzo motivo;

che, pertanto, la impugnata sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione della competente Commissione Regionale, che provvederà ad applicare il principio di cui sopra ed a regolamentare le spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, rigetta il quarto e dichiara l’inammissibilità del secondo e del terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di giudizio, ad altra sezione della Commissione Tributaria del Lazio.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2011

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