Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22875 del 21/10/2020

Cassazione civile sez. III, 21/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 21/10/2020), n.22875

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28525/2019 proposto da:

N.A., elettivamente domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

LUIGI MIGLIACCIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 436/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

N.A., cittadino (OMISSIS), ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politica, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis);

a sostegno della domanda proposta, il ricorrente ha dedotto di essere fuggito dal proprio paese per il timore di subire ritorsioni e violenze di carattere persecutorio;

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento N.A. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Catanzaro, che ne ha disposto il rigetto con ordinanza in data 23/2/2014;

tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Catanzaro con ordinanza in data 28/2/2019;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) del carattere meramente reiterativo dell’istanza avanzata dal ricorrente, in considerazione dell’irrilevanza rappresentativa dei nuovi elementi istruttori dedotti, nonchè della sostanziale inattendibilità del relativo racconto di vita; 2) della mancata dimostrazione della riconducibilità delle aggressioni dedotte dal richiedente a effettive ragioni di discriminazione; 3) della mancanza, nei territori di provenienza del ricorrente, di condizioni tali da integrare, di per sè, gli estremi di una situazione generalizzata di conflitto armato; 4) della insussistenza di un’effettiva situazione di vulnerabilità suscettibile di giustificare il riconoscimento dei presupposti per la c.d. protezione umanitaria;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da N.A. con ricorso fondato su due motivi d’impugnazione;

il Ministero dell’Interno, non costituito in termini mediante controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo, il ricorrente si duole dell’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha omesso di rilevare la illegittimità della mancata audizione del ricorrente nel corso del procedimento (tanto da parte della Commissione territoriale che del tribunale), non avendo la corte territoriale confermato l’originaria statuizione di inammissibilità emessa dalla Commissione territoriale (motivata dal carattere meramente reiterativo della domanda dell’istante), avendo piuttosto provveduto a disattendere l’appello proposto dall’istante sulla base di una motivazione di merito;

il motivo è infondato;

osserva il Collegio come, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, comma 1, “la Commissione territoriale dichiara inammissibile la domanda e non procede all’esame, nei seguenti casi: (…1 b) il richiedente ha reiterato identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte della Commissione stessa senza addurre nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine”;

ne caso di specie, varrà evidenziare come la corte territoriale abbia rigettato l’appello proposto dall’odierno ricorrente (e di conseguenza formalmente confermato la decisione con la quale il tribunale aveva aderito alla qualificazione di inammissibilità della domanda originariamente proposta dall’istante) sul presupposto della sostanziale irrilevanza delle (pretesamente “nuove”) circostanze addotte da N.A. a fondamento della nuova richiesta di protezione, tenuto conto del carattere meramente congetturale delle ipotesi persecutorie nuovamente formulate dal richiedente, siccome fondate sul presupposto di elementi istruttori totalmente carenti sul piano rappresentativo, e in ragione della ribadita non veridicità delle dichiarazioni emesse dal ricorrente (correttamente vagliate alla stregua dei requisiti imposti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5) in occasione dell’audizione originariamente condotta nel corso del primo procedimento di protezione;

da tanto deriva l’implicita conferma, operata dal giudice d’appello, del giudizio di inammissibilità della nuova istanza di protezione avanzata dall’odierno ricorrente, essendo detta domanda sostanzialmente fondata sui medesimi presupposti di fatto indicati a sostegno della precedente domanda di protezione, e dunque prospettandosi come una domanda sostanzialmente identica alla prima, in quanto tale idonea a giustificare la mancata rinnovazione dell’audizione del richiedente, ai sensi del cit. D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 29, comma 1;

con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la corte d’appello illegittimamente negato il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), omettendo l’esame delle decisive circostanze di fatto analiticamente richiamate in ricorso, e affermando, in modo solo apodittico e parziale, la pretesa inattendibilità del racconto reso dal richiedente, in tal modo venendo meno ai propri doveri di cooperazione istruttoria formalmente imposti dalla legge;

il motivo è infondato;

al riguardo, osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero richiedente l’accertamento dei presupposti per la protezione internazionale costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c);

tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01);

nel caso di specie, fermo l’oggettivo rilievo della congruità logica del discorso giustificativo articolato nel provvedimento impugnato, varrà considerare come il ricorrente abbia propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa trascurate, e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia;

osserva il Collegio, pertanto, come, attraverso le odierne censure, il ricorrente altro non prospetti se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità, dovendo in ogni caso ritenersi che la motivazione dettata dal giudice a quo a fondamento della decisione impugnata sia (non solo esistente, bensì anche) articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo giudice a quo dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, dei contenuti ascrivibili al racconto dell’odierno ricorrente e del grado della relativa attendibilità in conformità ai parametri di valutazione legalmente stabiliti e sulla base di criteri interpretativi e valutativi dotati di piena ragionevolezza e congruità logica;

l’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse è pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;

ciò posto, il valore dirimente della circostanza, sottolineata dalla corte territoriale, della sostanziale inattendibilità del racconto di vita dell’odierno ricorrente, esclude in radice la stessa configurabilità dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione internazionale in relazione alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), attesa la decisiva incidenza, a tali fini, della positiva dimostrazione (nella specie mancata) del concreto riscontro delle circostanze concernenti le vicende strettamente individuali del richiedente;

sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, deve essere pronunciato il rigetto del ricorso;

non vi è luogo all’adozione di alcun provvedimento in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, attesa la indefensio dell’amministrazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2020

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