Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22871 del 09/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 09/11/2016), n.22871

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14306/2015 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SS.

PIETRO E PAOLO 50, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO MAURO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO SERVINO giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MAZZINI

27, presso lo studio dell’avvocato GIOVAN CANDIDO DI GIOIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROMANO GENTILE, giusta

procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

C.M., C.G., C.C., CARAVITA L.,

C.R.;

– intimati –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1725/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

dell’11/11/2014, depositata il 29/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato Vincenzo Mauro (delega avvocato Antonio Servino)

difensore del ricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Nel 1999 T.S., esponendo di essere proprietario coltivatore diretto di fondo confinante, conveniva in giudizio R.V., esercitando nei suoi confronti retratto agrario in relazione al fondo in comune di (OMISSIS) da questi acquistato da C.A..

Il Tribunale di Catanzaro accoglieva la domanda dell’attore, riconoscendo il suo diritto a sostituirsi al convenuto nell’atto di compravendita previo pagamento del prezzo.

La Corte d’appello di Catanzaro con sentenza n. 1725 del 2014 depositata in data 29.11.2014 accoglieva invece l’appello del R., ritenendo che il T. non avesse provato nè di esser titolare di un contratto di affitto, nè di aver effettivamente coltivato il fondo confinante.

Con l’unico motivo di ricorso proposto, il T. denuncia la motivazione apparente ovvero affetta da grave illogicità e contraddittorietà. Svolge poi delle altre considerazioni, non veicolate in idonei motivi di ricorso, in ordine all’omesso esame di alcune eccezioni dell’appellante che rispetto ad esse sarebbe stato soccombente, il che avrebbe dovuto portare ad una compensazione delle spese di giudizio. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., in quanto appare destinato ad essere dichiarato inammissibile.

Esso allega infatti la presenza di un vizio di motivazione in una formulazione diversa da quella attualmente vigente.

Preliminarmente è opportuno evidenziare che, poichè la sentenza gravata è stata depositata il 29 novembre 2014, nel presente giudizio risulta applicabile il testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con la L. 7 agosto 2012, n. 134. Tale testo – in forza della quale le sentenze ricorribili per cassazione possono essere impugnate “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” – si applica infatti, per il disposto del suddetto art. 54, comma 3 ai ricorsi per cassazione avverso sentenze pubblicate dall’11 settembre 2012, trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 83 del 2012.

Tanto premesso, il motivo di ricorso è inammissibile perchè il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, esclude l’autonoma rilevanza del vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione (v. anche Cass. n. 16300 del 2014).

La nuova e più circoscritta area di rilevanza, all’interno del sindacato di legittimità, del vizio di motivazione, in riferimento alle sentenze pubblicate dall’11 settembre 2012 in poi, va intesa, in applicazione dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, tenendo conto della prospettiva della novella, mirata ad evitare l’abuso dei ricorsi basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, supportando la generale funzione nomofilattica della Corte di cassazione. Ne consegue che, come già affermato da questa Corte: a) l’omesso esame” non può intendersi che “omessa motivazione”, perchè l’accertamento se l’esame del fatto è avvenuto o è stato omesso non può che risultare dalla motivazione; b) i fatti decisivi e oggetto di discussione, la cui omessa valutazione è deducibile come vizio della sentenza impugnata, sono non solo quelli principali ma anche quelli secondari; c) è deducibile come vizio della sentenza soltanto l’omissione e non più l’insufficienza o la contraddittorietà della motivazione, salvo che tali aspetti, consistendo nell’estrinsecazione di argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi”, si risolvano in una sostanziale mancanza di motivazione (v. Cass. n. 7983 del 2014).

Nel caso di specie il ricorrente ipotizza che la motivazione sia stata soltanto apparente, ma ciò non è esatto, perchè la sentenza impugnata si fa carico di verificare l’effettiva sussistenza dei requisiti per l’accoglimento dell’azione di retratto, verifica in parte trascurata dal giudice di prime cure (in particolare, in merito alla esistenza di un valido contratto di affitto e alla effettiva coltivazione del fondo). Per far ciò riprende in esame le risultanze istruttorie reputando generiche quella favorevoli al T., ed evidenzia, oltre alla assoluta mancanza di prova sulla esistenza ed i termini di un contratto di affitto, il riferimento di numerosi testi allo svolgimento da parte di questi, sul fondo, di una attività di allevamento del bestiame, non compatibile con la qualifica di coltivatore diretto.

Non sussiste quindi una sostanziale mancanza di motivazione, nè è esigibile da parte di questa Corte una rinnovazione dell’esame delle risultanze istruttorie.

Alla proposta di inammissibilità del ricorso principale consegue l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato del R..

Si propone pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso”.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio, tenuto conto anche delle osservazioni contenute nella memoria del ricorrente, ha ritenuto di condividere pienamente le conclusioni in fatto e in diritto cui è prevenuta la relazione.

Il ricorso proposto va pertanto dichiarato inammissibile. Il ricorso incidentale condizionato proposto dal R.V. rimane assorbito.

Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come al dispositivo. Infine, il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, pertanto deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Liquida le spese legali in Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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