Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2287 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. U Num. 2287 Anno 2014
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: NOBILE VITTORIO

Data pubblicazione: 03/02/2014

SENTENZA

sul ricorso 13790-2012 proposto da:
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, in

2013

persona del Ministro pro-tempore, elettivamente

668

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –

contro

ABRAMO PRINTING S.P.A.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 636/2011 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 07/06/2011;

udienza del 17/12/2013 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito

l’Avvocato

Filippo

BUCALO

dell’Avvocatura

Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G. 13790/2012
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 25-7-1994 la s.p.a. Arti Grafiche
Meridionali Abramo (poi Grafiche Abramo s.r.1.) proponeva opposizione al

1994 ad istanza dell’allora Ministero del Lavoro della Previdenza Sociale.
Il Ministero si costituiva chiedendo il rigetto dell’opposizione.
In corso di causa veniva precisato, da parte del Ministero, l’importo
vantato in lire 133.734.200 anziché in lire 284.317.118, richieste in monitorio.
Con sentenza depositata il 4-10-2006, il Tribunale di Catanzaro rigettava
nel merito l’opposizione, contestualmente revocando il decreto ingiuntivo
opposto, attesa la minore entità del credito vantato dall’Amministrazione, per
come attestato in atti, e condannava pertanto la ditta opponente al pagamento
di tale minore somma, compensando le spese.
Preliminarmente il primo giudice riteneva infondata l’eccezione di difetto
di giurisdizione avanzata dalla società, secondo la quale l’autorità deputata a
conoscere della controversia sarebbe stata da identificare nella Corte dei conti.
In particolare, secondo il giudicante, la dedotta esistenza di un rapporto di
convenzione tra le parti restava smentita dalla documentazione in atti, e del
pari risultava dalle allegazioni che la società non aveva ricevuto dei
finanziamenti per l’espletamento di una funzione pubblica (corsi di formazione
professionale) ma meri contributi, ossia erogazioni che supportavano il
perseguimento di interessi privati, “con funzione cd. sociale”, ritenuti
meritevoli di sovvenzione. Sicché il rapporto sottostante restava pur sempre un
rapporto di natura civilistica, con ogni conseguenza quanto alla giurisdizione.
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decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Catanzato il 2-7-

Nel merito il primo giudice riteneva provato il credito vantato dal
Ministero, nella misura dallo stesso rettificata nel corso del giudizio.
La società Abramo Printing s.p.a. (già Grafiche Abramo s.r.1.) proponeva
appello preliminarmente ribadendo l’eccezione di difetto di giurisdizione del

formazione professionale interamente finanziati dalla Regione Calabria con
fondi comunitari del FSE e del FdR, si trovava in rapporto di servizio con la
Regione e con il Ministero, essendo assoggettata alle direttive e al controllo
della p.a. in tutti gli ambiti dell’attività, inclusi quelli contabili.
Nel

merito

l’appellante

contestava

di

dovere

alcunché

all’amministrazione.
Il Ministero appellato si costituiva rilevando in primo luogo che tra le
materie attribuite al giudice contabile non rientrava quella attinente alla
restituzione di contributi indebitamente corrisposti e, nel merito, chiedendo la
conferma della pronuncia di primo grado.
La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 7-6-2011, in
riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava il difetto di giurisdizione
del giudice ordinario e per l’effetto dichiarava nulli il decreto ingiuntivo
opposto e la sentenza impugnata e condannava il Ministero alla restituzione, in
favore della Abramo Printing s.p.a., della somma ricevuta in esecuzione della
sentenza di primo grado, oltre interessi legali dal dì del pagamento al soddisfo.
In sintesi, premesso che la causa petendi nasceva dalla erogazione indebita
di contributi pubblici,essendosi sottratto il destinatario agli obblighi di legge su
di lui incombenti, all’interno di un rapporto di servizio instauratosi con la
Regione, che si è avvalsa, per il raggiungimento di propri fini, di un soggetto
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giudice ordinario, in quanto, quale affidataria dello svolgimento di due corsi di

privato, al quale ha fornito il sostegno finanziario con erogazione di soldi
pubblici, e considerata altresì la (quanto meno) cattiva utilizzazione di fondi

k ma

destinati alla formazione professionale con il conseguente danno erariale, la
Corte territoriale affermava la giurisdizione del giudice contabile.

Sociali ha proposto ricorso con un unico motivo.
La società Abramo Printing s.p.a. è rimasta intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il Ministero ricorrente sostiene che nella fattispecie
sussiste la giurisdizione ordinaria, in quanto tra le materie attribuite al Giudice
contabile non rientra quella attinente alla restituzione di contributi
indebitamente corrisposti.
In particolare il ricorrente deduce che la giurisdizione di responsabilità
della Corte dei conti è esercitata nei confronti dei soggetti ad essa sottoposti
secondo le norme di contabilità pubblica e presuppone che si sia effettivamente
concretizzato un danno erariale, mentre nella fattispecie, concernente un
recupero di somme e non già un ipotetico danno erariale, l’importo del
finanziamento pubblico indebitamente erogato in ragione delle irregolarità
contestate alla società, “è stato comunque acquisito dall’Amministrazione
Statale a seguito di spontanea esecuzione della sentenza di primo grado” da
parte della società stessa.
Il ricorrente aggiunge, poi, che va distinta la fase anteriore al
finanziamento e quella successiva, vantando il privato nella prima un interesse
legittimo rispetto ai poteri della p.a. e nella seconda un diritto soggettivo alla
concreta erogazione delle somme disposte ed alla conservazione dei relativi
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Per la cassazione di tale sentenza, il Ministero del Lavoro e delle Politiche

importi riscossi, con conseguente giurisdizione, in tale seconda fase, del
giudice ordinario.
Infine il Ministero rileva che nel caso di specie non si è verificata una
distrazione di fondi pubblici da parte del privato gestore del servizio, ma

sarebbe emerso nel corso del giudizio di primo grado che le attività formative
erano state svolte ma parte della documentazione di spesa esibita era riferita ad
un periodo non coperto dalla decisione comunitaria ai fini dell’ammissibilità al
finanziamento.
Il ricorso è infondato dovendo ritenersi che la controversia appartiene alla
giurisdizione contabile.
Come è stato più volte affermato da queste Sezioni Unite e va qui ribadito,
“ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei conti per danno
erariale, non deve aversi riguardo alla qualità del soggetto che gestisce il
denaro pubblico – che può anche essere un privato o un ente pubblico non
economico – bensì alla natura del danno e degli scopi perseguiti. Ne consegue
che qualora l’amministratore di un ente, anche avente natura privata, cui siano
erogati fondi pubblici, per sue scelte incida negativamente sul modo d’essere
del programma imposto dalla P.A., alla cui realizzazione esso è chiamato a
partecipare con l’atto di concessione del contributo, in tal modo determinando
uno sviamento dalle finalità perseguite, egli provoca un danno per l’ente
pubblico, del quale deve rispondere davanti al giudice contabile.” (v. Cass.
S.U. 23-9-2009 n. 20434, proprio in un caso di finanziamento pubblico per
l’attuazione di programmi di formazione professionale; v. anche Cass. S.U. 13-2006 n. 4511, che evidenzia come “il baricentro per discriminare la
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semplicemente un’irregolarità di carattere amministrativo-contabile, in quanto

giurisdizione ordinaria da quella contabile si è, infatti, spostato dalla qualità del
soggetto – che può ben essere un privato o un ente pubblico non economico alla natura del danno e degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato, cui siano

ma

erogati fondi pubblici, per sue scelte incida negativamente sul modo d’essere

partecipare con l’atto di concessione del contributo, e la incidenza sia tale da
poter determinare uno sviamento dalle finalità perseguite, esso realizza un
danno per l’ente pubblico – anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre
imprese il finanziamento che avrebbe potuto portare alla realizzazione del
piano così come concretizzato ed approvato dall’ente pubblico con il concorso
dello stesso imprenditore -, di cui deve rispondere davanti al giudice
contabile”.)
Peraltro queste Sezioni Unite hanno chiarito che, “in tema di danno
erariale, è configurabile un rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice di un
contributo statale ed i soggetti privati i quali, disponendo della somma erogata
in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la
sua illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito
dall’Amministrazione.” (v. Cass. S.U. 3-3-2010 n. 5019, Cass. S.U. 9-1-2013 n.
295; v. anche, fra le altre, Cass. S.U. 10-10-2002 n. 14473) ed hanno anche
precisato che non soltanto la distrazione ma anche “la cattiva utilizzazione dei
fondi destinati alla formazione professionale, che si verifica nel caso di
realizzazione di corsi, finanziati dalla Regione, non rispondenti ai requisiti per
cui furono erogati, è suscettibile di recare un danno patrimoniale all’ente
pubblico erogatore, dal momento che esso viene ad essere privato delle utilità
che sarebbero derivate da un corretto uso dei fondi. Conseguentemente sussiste
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del programma imposto dalla PA., alla cui realizzazione esso è chiamato a

la giurisdizione della Corte dei conti per il relativo danno erariale anche nei
confronti degli enti privati gestori dei corsi, che instaurano un rapporto con la
Regione, collaborando all’espletamento di un pubblico servizio.” (v. Cass. S.U.
5-6-2008 n. 14825; cfr. Cass. S.U. n. 14473/2002 cit., Cass. S.U. 22-12-1999 n.

Orbene nel caso di specie (come riconosce lo stesso ricorrente a pag. 2 del
ricorso) “la pretesa restitutoria fatta valere dall’Amministrazione istante si
fondava sulla argomentata e provata violazione da parte dell’azienda
beneficiaria del vincolo di scopo cui era finalizzato il contributo concessole,
non avendo questa svolto le attività di formazione professionale, oggetto del
finanziamento, nonché in ragione della omessa presentazione della
documentazione giustificativa necessaria per poter procedere alle verifiche
amministrativo-contabili prescritte dalla normativa comunitaria”.
Tale essendo il petitum sostanziale, chiaramente fondato sulla cattiva
utilizzazione dei fondi pubblici e sullo sviamento delle finalità del
finanziamento (con implicito danno erariale), non può che affermarsi la
sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti.
Inconferente è infatti il richiamo fatto dal ricorrente ai principi affermati
da Cass. S.U. 13-10-2006 n. 22095 in tema di ripartizione tra giurisdizione
amministrativa e giurisdizione ordinaria (anche a seguito di C.Cost. n.
204/2004), in quanto nel caso di specie si controverte, invece, sulla sussistenza
della giurisdizione contabile in merito alla pretesa restitutoria della p.a. per
inala gestio di un finanziamento già erogato.
Del pari a tal fine è del tutto irrilevante la circostanza che, nel frattempo,
la società abbia dato spontanea esecuzione alla sentenza di primo grado,
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926).

essendo comunque determinante per la giurisdizione il momento della
proposizione della domanda (art. 5 c.p.c.).

PIIA

Il ricorso va pertanto respinto, dichiarandosi la giurisdizione della Corte
dei conti.

alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, dichiara la giurisdizione della Corte dei conti;
nulla per le spese.
Roma 17 dicembre 2013

Infine non deve provvedersi sulle spese non avendo l’intimata svolto

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