Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22867 del 09/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 09/11/2016), n.22867

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13546-2015 proposto da:

L.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 209,

presso lo studio dell’avvocato CESARE CARDONI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GUIDO CONTICELLI giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4859/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

17/07/2014, depositata il 04/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

” L.T. propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 4859/2014 pronunciata dalla Corte d’Appello di Roma in data 17.7.2014, con la quale è stato dichiarato improcedibile l’appello proposto dalla medesima contro la sentenza del Tribunale di Viterbo, nei confronti di V.G. con condanna della stessa al raddoppio del contributo unificato.

Fa presente di aver proposto appello contro la sentenza di primo grado, per il quale veniva fissata l’udienza di discussione al 6.3.2014 nella contumacia dell’appellato, e che in data 4.3.2014 aveva depositato istanza di estinzione del giudizio per rinuncia (avendo nel frattempo raggiunto un accordo con la controparte). Lamenta che l’istanza in questione non sia stata presa in considerazione dalla corte d’appello che, constatata la mancata comparizione delle parti alla prima udienza, rinviava ad udienza successiva e quindi, non essendo comparso nessuno anche in seconda udienza, dichiarava improcedibile, ex art. 348 c.p.c., u.c., l’appello proposto dalla L., nulla disponendo sulle spese e condannando la ricorrente al pagamento del doppio del contributo unificato.

Ciò premesso, la ricorrente denuncia la nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 306, 348 e 359 c.p.c., nonchè la violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, in tema di liquidazione delle spese di giustizia, per essere stata condannata a versare all’erario un importo pari al contributo già versato.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., in quanto il primo motivo appare destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato, il secondo ad essere accolto.

La parte infatti ha depositato in appello una dichiarazione di rinuncia, priva dei requisiti formali di cui all’art. 306 c.p.c. ed in primo luogo della notifica alla controparte, in un momento, precedente all’udienza, in cui la controparte avrebbe potuto ancora costituirsi. Legittimamente quindi il giudice non ha pronunciato l’estinzione.

Successivamente, non ha più partecipato all’udienza ed altrettanto legittimamente il giudice, a seguito di un secondo rinvio di udienza al quale nessuna parte è stata presente, ai sensi dell’art. 348 c.p.c., u.c. ha dichiarato improcedibile l’appello proposto.

Sul secondo punto la ricorrente evidenzia, oltre alle ragioni di cui al primo motivo, che essendo stata ammessa al gratuito patrocinio e quindi non avendo provveduto al versamento del contributo unificato all’atto della iscrizione in quanto esente, non potesse essere condannata a versare un importo equivalente in caso di soccombenza.

Su questo punto il ricorso è fondato.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, infatti, con la pronuncia n. 3680 del 2014, qualora il ricorrente risulti essere stato ammesso al Patrocinio a spese dello Stato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 11, in tale ipotesi – come per quella relativa alle amministrazioni pubbliche ammesse da norme di legge alla prenotazione a debito – il contributo unificato è prenotato a debito;

nel caso di prenotazione a debito, il contributo non è versato ma prenotato al fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore del ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte soccombente;

Pertanto, qualora risulti soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere stata ammessa al Patrocinio a spese dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 e la medesima non può essere condannata, in caso di esito negativo della lite, al pagamento di una somma pari al contributo stesso.

Si propone pertanto il rigetto del primo motivo di ricorso e l’accoglimento del secondo, con eventuale decisione nel merito sul punto”.

seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio, esaminata la memoria di parte ricorrente, ha condiviso solo in parte i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.

In particolare, laddove condivide le ragioni che inducono a rigettare il primo motivo di ricorso, ritiene che il secondo motivo debba essere dichiarato inammissibile, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale non sono suscettibili di essere impugnate con ricorso per cassazione le parti della sentenza di appello in cui si dà atto della sussistenza o insussistenza dei presupposti per la erogazione dal parte del soccombente di un importo pari a quello corrisposto per il contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012.

Ciò in quanto, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato è un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione: atteggiandosi come un’automatica conseguenza sfavorevole dell’azionamento del diritto di impugnare un provvedimento in materie o per procedimenti assoggettati a contributo unificato, tutte le volte che l’impegno di risorse processuali reso necessario dall’esercizio di tale diritto non abbia avuto esito positivo per l’impugnante, essendo il provvedimento impugnato rimasto confermato o non alterato.

Nella previsione legislativa in esame l’obbligo del pagamento del contributo aggiuntivo sorge ipso iure, per il solo fatto del formale rilevamento della sussistenza dei suoi presupposti, al momento stesso del deposito del provvedimento di definizione dell’impugnazione: sicchè da quello stesso momento è attivabile pure il procedimento per la relativa riscossione.

In questo contesto, questa Corte ha già affermato (Cass. n. 5955 del 2014) che tale rilevamento non può quindi costituire un capo del provvedimento di definizione dell’impugnazione dotato di contenuto condannatorio, nè di contenuto declaratorio: a tanto ostando anzitutto la mancanza di un rapporto processuale con il soggetto titolare del relativo potere impositivo tributario, che non è neppure parte in causa, e quindi irrimediabilmente la carenza di domanda di chicchessia o di controversia sul punto e comunque discendendo il rilevamento da un obbligo imposto dalla legge al giudice che definisce il giudizio. Deve allora ritenersi che la lettera della disposizione conferisca al giudice dell’impugnazione il solo potere-dovere di rilevare la sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato, cioè che l’impugnazione sia stata rigettata integralmente, ovvero dichiarata inammissibile o improcedibile. Se il punto della sentenza che enuncia la sussistenza dei presupposti per l’obbligo di pagamento del contributo aggiuntivo non ha natura decisoria, esso non può essere suscettibile di ordinaria impugnazione.

L’eventuale erroneità della indicazione di sussistenza dei presupposti per l’assoggettabilità all’obbligo di versamento di una somma pari a quella del contributo potrà essere segnalata in sede di riscossione.

Il motivo di ricorso per cassazione con il quale si contesta l’erroneità della pronuncia sul raddoppio del contributo unificato deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

Il ricorso va pertanto complessivamente rigettato.

Nulla sulle spese, in difetto di attività difensiva degli intimati.

Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente ne è uscita soccombente. Essendo egli esente dall’obbligo di versamento del contributo unificato, tuttavia, la Corte dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dà atto della insussistenza dei presupposti di legge per l’obbligo del ricorrente al versamento di un importo pari al contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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