Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22862 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 29/09/2017, (ud. 22/12/2016, dep.29/09/2017),  n. 22862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29230-2014 proposto da:

ECOTECNICA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA F. DENZA 20, presso lo studio

dell’avvocato LAURA ROSA, rappresentato e difeso dagli avvocati

LORENZO DEL FEDERICO, CHRISTIAN CALIFANO giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 75/2013 della COMM. TRIB. REG. dell’EMILIA

ROMAGNA depositata il 30/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2016 dal Consigliere Dott. LA TORRE MARIA ENZA;

udito per il ricorrente l’Avvocato D’ILIO per delega dell’Avvocato

DEL FEDERICO che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Ecotecnica s.r.l. a socio unico, già Laghi Giacomo e figli s.r.l., ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza della C.T.R. dell’Emilia Romagna, n. 75/7/2013 dep. il 30.10.2013, che, su ricorso avverso avviso di accertamento per IVA, anno 2001 (col quale, a seguito di acquisizione degli atti del processo penale a carico dei soci della Ecotecnica s.r.l., veniva accertata omessa dichiarazione di ricavi, dichiarazione infedele e irregolare tenuta della contabilità), in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello dell’Ufficio.

La C.T.R., respinta l’eccezione d’inammissibilità dell’appello per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, sulla base del confronto fra la sentenza impugnata e i motivi di appello, ha ritenuto l’atto impugnato adeguatamente motivato, sulla base delle condivise risultanze delle consulenze tecniche eseguite nel processo penale svoltosi nei confronti dei soci della Ecotecnica s.r.l., come confermate dalla sentenza di patteggiamento, in grado di consentire il cui contenuto ha consentito alla società di proporre ricorso opponendosi alle contestazioni e, quindi, esercitare il diritto di difesa.

La C.T.R. ha quindi statuito, in base a tutta una serie di elementi specificamente indicati nell’atto impositivo (quali: l’andamento altalenante dei ricavi; la non proporzionalità fra costi e utili dichiarati; la rilevazione di ricavi occultati dalla società attraverso la mancata emissione di fatture di vendita nel periodo 2000/2005, i cui importi corrispondevano ai versamenti sui conti bancari della famiglia Laghi, ed altro), la legittimità dell’accertamento, in quanto basato su prove idonee, costituenti presunzioni legali, non idoneamente contraddette dalla società, che si è limitata “a considerazioni di carattere generale”.

L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.

La società ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Col primo motivo del ricorso si deduce nullità della sentenza per mancanza di motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, in violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., contenendo espressioni del tutto generiche e dimostrando la mancata conoscenza dei fatti e circostanze di causa.

2. Col secondo motivo si deduce violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e L. n. 212 del 2000, art. 7), non essendosi i giudici di primo grado, contrariamente a quanto affermato dalla C.T.R., espressi sulla valenza della sentenza di patteggiamento, indicata come mezzo di prova da parte dell’Agenzia solo in appello e non menzionata nell’avviso di accertamento nè prodotta in giudizio. Quanto alle risultanze della C.T.U. mancano nell’avviso di accertamento le ragioni per cui sono state condivise dall’Ufficio, trattandosi di mere valutazioni personali, non provenienti da un organo dotato di poteri di verifica, qual è l’Agenzia delle entrate. Nè ha pregio la motivazione della C.T.R. laddove conferma la legittimità della motivazione dell’accertamento avendo consentito alla contribuente di difendersi in giudizio.

3. Col terzo motivo del ricorso si deduce violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., basandosi la sentenza impugnata sugli elementi di prova costituiti dalla relazione dei consulenti tecnici e dalla sentenza di patteggiamento, entrambe non prodotte in giudizio, e relative a processi non aventi ad oggetto contestazioni di natura tributaria.

4. Col quarto motivo si deduce omesso esame di fatti decisivi (ex art. 360 c.p.c., n. 5), emergenti dall’atto di appello dell’Agenzia delle entrate, contestate dalla società controricorrente, limitandosi la C.T.R. a considerazioni di carattere generale.

5. Gli indicati motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono infondati e vanno respinti.

a) Quanto al vizio di motivazione dell’avviso di accertamento, la C.T.R. ha ritenuto adempiuto dall’Ufficio il relativo obbligo, in quanto basato sulle consulenze tecniche d’ufficio eseguite (sulla base dei bilanci e della documentazione fiscale della società), nel processo penale svoltosi nei confronti dei soci per reati finanziari, nonchè sulla sentenza di patteggiamento emessa nei confronti degli stessi, ritenuta ammissione di responsabilità e di conferma di quanto contenuto nelle consulenze. Tali elementi sono stati fatti propri dall’Ufficio e sono stati riproposti nell’atto impositivo, senza quindi necessità di allegazione, riportando l’avviso di accertamento le incongruenze analizzate dai tecnici, con ciò condividendole e consentendo l’esercizio del diritto di difesa della contribuente, in quanto le incongruenze analizzate dai tecnici e riportate nell’avviso di accertamento rendono “motivato il provvedimento il cui contenuto ha consentito alla società di proporre ricorso opponendosi alle contestazioni e, quindi, esercitando il diritto di difesa”, ciò peraltro, avendo l’Agenzia “tenuto conto dell’esistenza di una sentenza di patteggiamento, ritenuta ammissione di responsabilità”.

Non hanno pertanto pregio le censure alla sentenza impugnata, che ha ritenuto motivato l’accertamento, nel quale erano state riportate le parti essenziali delle risultanze del processo penale svoltosi nei confronti dei soci e contenente la verifica delle scritture contabili della società indagine rilevante, quindi, ai fini fiscali- senza pregiudizio del diritto di difesa della contribuente, così implicitamente rispondendo anche alla dedotta doglianza di mancata allegazione degli ulteriori allegati. Va sul punto applicata la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso (L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7) va inteso in necessaria correlazione con la finalità “integrativa” delle ragioni che, per l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo. Il contribuente pertanto non ha il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia rinvio nell’atto impositivo e sol perchè ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione, come nel caso di specie, sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore “narrativo”), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato nell’atto noto (cfr. Cass. n. 26683 del 18/12/2009, n. 7654 del 16/05/2012).

b) Quanto al vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito alla fondatezza dell’accertamento, contrariamente a quanto dedotto, va rilevato che la C.T.R., ha congruamente motivato la decisione, fondando il proprio convincimento non solo sulle consulenze tecniche del giudizio penale e sulla sentenza di patteggiamento, ma su una serie di elementi, analiticamente esposti, costituenti nel loro complesso idonea prova della legittimità dell’atto impositivo anche con riferimento alla adeguatezza della sua motivazione.

c) In conclusione non sussistono i dedotti vizi di motivazione della sentenza, che presenta una motivazione che si connota di autonomia e compiutezza, in quanto la C.T.R. entra nel merito della specifica situazione di fatto e la esamina a fondo, evidenziando da un lato l’assolvimento dell’onere probatorio gravante sull’Ufficio, in ragione di una pluralità di elementi (andamento altalenante dei ricavi, non proporzionalità fra costi e utili, rilevazione di ricavi occultati dalla società attraverso la mancata emissione di fatture di vendita nel periodo 2000/2005, i cui importi corrispondevano ai versamenti sui conti bancari della famiglia Laghi ed altro), ritenuti idonei ad integrare presunzioni connotate di gravità, precisione e concordanza, e stigmatizzando dall’altro la evidente carenza probatoria della difesa della parte privata, che si è limitata “a considerazioni di carattere generale”.

d) Nè sussiste violazione dell’art. 132 c.p.c., dovendosi sul punto ribadire che “In forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, è applicabile al rito tributario così come disciplinato dal citato decreto il principio desumibile dalle norme di cui agli artt. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. stesso codice secondo il quale la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo” (Cass. n. 13990 del 2003; n. 9745 del 2017). Alla luce dei su riportati principi, la impugnata sentenza contiene lo svolgimento del processo e l’esposizione dei fatti rilevanti della causa (fondamento della pretesa tributaria concretatasi nell’atto impugnato, deduzioni in fatto delle parti), come risulta dalle espressioni che integrano la motivazione della sentenza, dianzi riprodotte, coerenti e ancorate alla precisazione dei fatti rilevanti. La sentenza impugnata, pertanto, contendo le indicazioni di cui all’art. 132 c.p.c. ed avendo una ratio decidendi chiaramente intellegibile, non incorre nella dedotta nullità, come statuito dal richiamato principio di diritto.

6. Il ricorso va conclusivamente rigettato.

7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. Sussistono le condizioni, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 1 bis, art. 13.

PQM

 

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito. Sussistono le condizioni, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, art. 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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