Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22862 del 03/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 03/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 03/11/2011), n.22862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 21639/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

STIMECAR SAS di SIMONETTA D’ANGELO & C. IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS)

in persona del liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II n. 18, presso il Dott. G. MARCO GREZ,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASNATA Gianluigi, giusta delega

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 78/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di GENOVA del 25.3.08, depositata il 02/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito per la controricorrente l’Avvocato Gianluigi Masnata che si

riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE

CENICCOLA che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che è stata depositata, dal Consigliere appositamente nominato, la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“1. – L’agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, in base a un motivo concluso da idoneo quesito di diritto, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, n. 78 del 2 luglio 2008.

Questa sentenza ha rigettato l’appello della medesima agenzia contro la pronuncia di primo grado, della commissione provinciale di Genova, che aveva accolto un ricorso della Stimecar di Simonetta D’angelo s.a.s. contro un avviso di accertamento per Iva e conseguente Irap, riguardante l’applicazione del regime del margine, di cui al D.L. n. 41 del 1995, art. 36.

La sentenza ha in particolare motivato ritenendo verificata l’esistenza dei profili formali (controllo di esistenza del fornitore comunitario in base ai numeri identificativi Iva; controllo di avvenuta immatricolazione dei veicoli da più di sei mesi e con percorrenza di più di seimila km., – controllo di regolarità formale della fattura; compilazione degli appositi elenchi Intrastat) caratterizzanti il quadro degli adempimenti imposti ai rivenditori nazionali in occasione dell’acquisto di auto usate, al fine di fruire del ridetto regime. E ha affermato che gli eventuali ulteriori obblighi, richiesti agli operatori nazionali dalla circ. min. n. 40/2003, in merito alla necessità di verificare se il cedente potesse o meno utilizzare il regime speciale in argomento, non erano da considerare rilevanti nella specie, stante la natura non retroattiva della correlata normativa.

L’agenzia censura la statuizione sullo specifico punto, per violazione e falsa applicazione del ripetuto D.L. n. 41 del 1995, art. 36 (conv. in L. n. 85 del 1995), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2. – Il motivo appare manifestamente fondato, stante che è nella specie pacifico che la cessione riguarda autovetture in origine di proprietà di soggetti svolgenti attività di autonoleggio; come tali soggetti passivi d’imposta nel proprio paese di residenza ((OMISSIS)).

Consegue che la sentenza impugnata è errata in diritto, dal momento che assume irrilevante il profilo invece attinente al presupposto dell’applicabilità del regime del margine in capo al cedente comunitario; presupposto rapportabile, in base all’art. 36 cit., alla mancata detrazione dell’Iva sull’acquisto del cedente medesimo.

Devesi evidenziare che l’art. 36, così come risultante dalla legge di conversione, al comma 1, stabilisce che per il commercio di beni mobili usati, suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione, nonchè degli oggetti d’arte, degli oggetti d’antiquariato e da collezione, indicati nella tabella allegata al presente decreto, acquistati presso privati nel territorio dello Stato o in quello di altro Stato membro dell’Unione europea, l’imposta relativa alla rivendita è commisurata alla differenza tra il prezzo dovuto dal cessionario del bene e quello relativo all’acquisto, aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie;

e soprattutto che si considerano acquistati da privati anche i beni per i quali il cedente non ha potuto detrarre l’imposta afferente l’acquisto o l’importazione, nonchè i beni ceduti da soggetto passivo d’imposta comunitario in regime di franchigia nel proprio Stato membro e i beni ceduti da soggetto passivo d’imposta che abbia assoggettato l’operazione al regime del presente comma.

3. – In esatta rispondenza alla ratio della, previsione, questa Corte ha, d’altronde, già affermato che, in tema di Iva, il regime del margine di cui al D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, art. 36, convertito nella L. 22 marzo 1995, n. 85, non è applicabile alle vendite di autoveicoli usati, effettuate da società di leasing o di autonoleggio, che li abbiano acquistati nuovi, dovendosi presumere, in base a normali criteri di economicità, che in tali casi l’Iva sia stata detratta, trattandosi di beni utilizzati per l’esercizio dell’impresa, per cui non ricorre la condizione di applicabilità del predetto regime, consistente nella mancata detrazione dell’Iva sull’acquisto da parte del cedente (v. Cass. n. 3427/2010). E nel caso di specie non risulta, dall’impugnata sentenza, nè altrimenti si apprezza, che l’impresa di autonoleggio abbia a sua volta acquistato i veicoli sul mercato dell’usato”;

– che il collegio interamente condivide le considerazioni di cui alla relazione detta;

– che le medesime non risultano incise da quanto sostenuto nella memoria depositata dall’intimata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

nella quale memoria, invero, – a disparte ogni commento in ordine agli ingiustificati e stilisticamente poco confacenti apprezzamenti sulla qualità della relazione (inopportunamente definita come “non attenta, superficiale e frettolosa”), apprezzamenti da lasciare in cascame in quanto immeritevoli di replica – nella sostanza si imputa alla relazione di non aver eseguito la compiuta disamina “degli atti (..) in particolare versati dalla resistente nei procedimenti di merito”. Con chiara e apicale confusione, quindi, circa il ruolo e la funzione stessa della Corte di cassazione in seno all’ordinamento processuale, posto che è giustappunto inibito alla Corte suprema – quanto allo scrutinio dell’ error in iudicando in iure – l’accesso agli atti del giudizio di merito, il cui contenuto, invece, ove ritenuto essenziale per contrastare l’accertamento desumibile dalla sentenza gravata, dev’essere riprodotto dalla parte interessata all’interno del proprio libello, nel rispetto del principio di autosufficienza;

– che le circostanze nella relazione indicate a fondamento della proposta di definizione del ricorso (l’avere la cessione riguardato autovetture in origine di proprietà di soggetti svolgenti attività di autonoleggio; come tali soggetti passivi d’imposta nel proprio paese di residenza) si desumono – appunto – dalla sentenza di merito, e nulla di specifico è nella memoria (così come nel controricorso) dedotto dalla società in senso a esse contrario, nel rispetto del necessario principio di autosufficienza;

– che conseguentemente il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va soggetta a cassazione; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può la Corte pronunciare nel merito in applicazione del surriportato principio di diritto, ai sensi dell’art. 384, cpv. c.p.c., rigettando l’impugnazione interposta avverso l’atto impositivo;

– che le spese processuali dei gradi di merito possono essere compensate per giusti motivi, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, con liquidazione come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione avverso l’atto impositivo.

Compensa le spese processuali relative ai gradi del giudizio di merito e condanna la resistente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6.700,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, su relazione del Cons. Dr. Terrusi (est.), il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2011

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