Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22860 del 09/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 09/11/2016), n.22860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8283-2015 proposto da:

L.C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ALESSANDRO MALLADRA 31, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

LAMA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato AMEDEO

NIGRA giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, quale impresa territorialmente designata dal

Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, in persona

dell’Amministratore Delegato e Direttore Generale e del Dirigente,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo

studio dell’avvocato VALENTINO che la rappresenta e difende giusta

procura in cale al controricorso;

– controricorrente –

e contro

P.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 13879/2014 del TRIBUNALE di MILANO, depositata

il 24/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato Iaria Giovanni difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Iannelli Lorenza (delega avvocato Fedeli) difensore

della controricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. L.C.S. convenne dinanzi al Giudice di Pace di Milano P.L. e la Assicurazioni Generali s.p.a. chiedendone la condanna in solido al risarcimento del danno, causato secondo la prospettazione attorea da un veicolo condotto dalla prima e sprovvisto di copertura assicurativa.

2. Mentre il Giudice di pace rigettò la domanda, il Tribunale di Milano – adito dal soccombente – la accolse in parte, attribuendo a ciascuno dei conducenti un pari concorso di colpa, ex art. 2054 c.c., comma 2 (sentenza 24.11.2014 n. 13879). La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da L.C.S..

3. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che il Tribunale avrebbe malamente valutato le prove raccolte nel corso dell’istruttoria, sottostimando elementi dai quali risultava la totale responsabilità della convenuta.

Il motivo è inammissibile perchè sollecita da questa Corte una valutazione delle prove nuova e diversa rispetto a quella adottata dal giudice di merito.

4. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che il Tribunale ha omesso di pronunciami sulla richiesta dell’appellante, con la quale si chiedeva che venisse escusso il testimone N.V.. Precisa che questo testimone, tempestivamente indicato, non era comparso all’udienza fissata per l’escussione, ma il Tribunale aveva ritenuto immotivatamente di poter decidere la causa a prescindere dall’assunzione di tale mezzo di prova.

Il motivo è infondato.

Il Tribunale, infatti, non ha affatto omesso di provvedere sul relativo motivo di gravame: ha invece, implicitamente ma chiaramente, ritenuto che il capitolo di prova sul quale il testimone doveva riferire fosse generico, e non consentisse di stabilire se la convenuta avesse tenuto una condotta colposa o meno (p. 4, 3^ capoverso, della sentenza impugnata).

5. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che erroneamente il Tribunale avrebbe posto le spese della consulenza tecnica a carico della sola responsabile civile P.L., ma non dell’impresa designata Generali sp.a..

Il motivo è inammissibile.

Quale che fosse, infatti, la correttezza in iure della decisione impugnata, nella parte in cui ha di fitto compensato le spese di consulenza nei confronti di uno solo dei convenuti, il ricorrente ha censurato questa statuizione lamentando il “vizio di motivazione” e la generica violazione del codice delle assicurazioni.

Sotto il primo profilo il motivo è tuttavia inammissibile perchè il vizio di motivazione è concepibile solo rispetto agli accertamenti di fatto, non già rispetto agli errores in procedendo (e tale è l’erronea ripartizione delle spese di soccombemza). Sotto il secondo profilo il motivo è inammissibile per totale genericità: il D.Lgs. n. 209 del 2005 (codice delle assicurazioni) non si occupa infatti delle spese di lite, la cui regolamentazione è contenuta nel codice di rito.

6. col quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza, nella parte in cui ha ritenuto di compensare per metà le spese del doppio grado di giudizio.

Il motivo è inammissibile, alla luce del consolidato principio secondo cui la scelta di compensare le spese di lite costituisce oggetto d’una valutazione discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità.

Aggiungasi che, nel caso di specie, lo iato tra petitum e decisum costituiva comunque un motivo valido per disporre la compensazione.

7. Si propone pertanto il rigetto del ricorso”.

2. La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione.

Ritiene, invece, non decisive le contrarie osservazioni svolte dal ricorrente nella propria memoria.

4. Nella propria memoria il ricorrente torna a ribadire che la sentenza impugnata sarebbe viziata perchè il giudice di merito avrebbe fatto mal governo delle prove offerte; sostiene che tale errore sarebbe sindacabile in questa sede, ed invoca quale precedente il decisum di Sez. 5, Sentenza n. 9113 del 06/06/2012, Rv. 622945.

Quel precedente tuttavia non è pertinente, in quanto avente ad oggetto un ricorso proposto prima dell’11.9.2012, data di efficacia della previsione contenuta nel novellato art. 360 c.p.c., n. 5.

Le Sezioni Unite di questa Corte, nel chiarire il senso della nuova norma, hanno stabilito che per effetto della riforma “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Nella motivazione della sentenza appena ricordata, inoltre, si precisa che “l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti”.

Nel caso di specie, invece, il ricorrente lamenta proprio l’omesso esame di elementi istruttori, che per quanto detto non è più vizio censurabile in questa sede.

5. Il ricorrente deduce poi che “illogicamente” il giudice d’appello rigettò la richiesta di prova per testi formulata dall’attore: sia perchè quella prova era già stata ammessa, sia perchè, anche a ritenere generico il capitolo di prova, il giudice avrebbe potuto comunque porre al testimone domande a chiarimento ex art. 253 c.p.c.. E tuttavia deve qui osservarsi, da un lato, che l’ordinanza ammissiva delle prove è sempre revocabile e non può pregiudicare la decisione della causa (art. 177 c.c., comma 1); e dall’altro lato che la facoltà del giudice di porre al testimone domande a chiarimento (art. 253 c.p.c.) non può essere utilizzata per sanare le carenze d’una richiesta istruttoria inammissibile, nè per ampliare il thema decidendum (ex mullis, Sez. 2, Sentenza n. 12192 del 12/06/2015, Rv. 635622).

6. Sul terzo motivo di ricorso basterà ricordare che la facoltà discrezionale del giudice di porre le spese di c.t.u. a carico dell’una o dell’altra parte soccombente non è sindacabile in questa sede; e soprattutto che, in mancanza di specifiche deduzioni al riguardo da parte ricorrente (ad esempio, circa l’impossidenza del soggetto a cui carico le spese di c.t.u. sono state poste), non si apprezza nemmeno l’interesse ex art. 100 c.p.c. ad impugnare la relativa statuizione.

7. Sul quarto motivo di ricorso (concernente la compensazione delle spese) v’è da ricordare che il precedente di questa Corte invocato dal ricorrente nella propria memoria (ovvero (Sez. 3, Sentenza n. 264 del 11/01/2006, Rv. 586194) ha affermato un principio esattamente opposto a quello che il ricorrente stesso qui sostiene, e cioè che “la valutazione dell’opportunità della compensazione, totale o parziale, delle spese processuali, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca sia in quella della ricorrenza di giusti motivi, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e non richiede specifica motivazione, restando perciò incensurabile in sede di leittimità”.

Aggiungasi che in ogni caso clic quel precedente venne pronunciato in un giudizio cui era applicabile il vecchio testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la cui modifica per quanto già detto ha soppresso, salvo casi estremi qui non ricorrenti, il controllo sulla sufficienza e logicità della motivazione.

8. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

9. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna L.C.S. alla rifusione in favore di Assicurazioni Generali s.p.a. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 1.200, di cui 200 per spese vive, oltre IVA, cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di L.S.C. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile della Corte di cassazione, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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