Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2286 del 01/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 01/02/2010, (ud. 15/12/2009, dep. 01/02/2010), n.2286

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18572-2006 proposto da:

P.L. vedova F., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA BUONARROTI 40, presso lo studio dell’avvocato FIORE MARIO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE IASIO EMILIA,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,

presso lo studio degli avvocati COLAIOCCO ARNALDO, VUOSO LUCIO, che

lo rappresentano e difendono, giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4/2006 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 09/01/2006 R.G.N. 362/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2009 dal Consigliere Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO

udito l’Avvocato FIORE MARIO;

udito l’Avvocato COLAIOCCO ARNALDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 5.11.2001 al Tribunale di Larino, P.L. (o P.) esponeva: che era titolare di pensione diretta Inpdap e di pensione di reversibilità Inail e che aveva diritto a percepire l’indennità integrativa speciale anche sulla pensione di reversibilità; che il divieto di cumulo dell’indennità integrativa speciale su due o più trattamenti pensionistici operava unicamente nell’ambito della gestione delle pensioni statali e nell’ambito di più pensioni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria (in forza della L. n. 843 del 1978, art. 19), ma non operava tra una pensione a carico dell’Inpdap ed una a carico dell’Inail. Chiedeva pertanto la condanna dell’Inail al pagamento delle somme dovute a tale titolo, oltre accessori.

L’Inail si costituiva e resisteva osservando che il divieto di cumulo dell’indennità integrativa speciale in caso di percezione di due pensioni era tuttora vigente, fatta eccezione – per più pensioni a carico dello Stato – dell’importo corrispondente al trattamento minimo erogato dall’Inps a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale n. 172/1991 e n. 494/1993 che avevano dichiarato l’incostituzionalità del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 99, comma 2.

Il Tribunale con sentenza n. 21 del 4.2.2003 dichiarava il diritto della ricorrente a percepire l’indennità integrativa speciale dal 1 luglio 1998 anche sulla pensione di reversibilità erogata dall’Inail in base al regolamento approvato con D.M. 30 maggio 1969 e condannava l’Istituto assicuratore a pagare le relative differenze, oltre accessori. Osservava che in base al quadro normativo dettato dal D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 99, comma 2 e dalla L. n. 843 del 1978, art. 17, come risultante dagli interventi della Corte Costituzionale, non era più ravvisabile il divieto di cumulo dell’indennità integrativa speciale sui due trattamenti pensionistici in questione.

L’Inail impugnava tale decisione e la Corte di Appello di Campobasso, con sentenza depositata il 9 gennaio 2006, in parziale riforma della decisione di primo grado, dichiarava il diritto della sig.ra P. a percepire dal 1 luglio 1998 l’indennità integrativa speciale sulla pensione di reversibilità erogata dall’Inail, nei limiti in cui tale indennità assicuri la corrispondenza di detta pensione al trattamento minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

A sostegno della decisione la Corte osservava che in base sia alla L. n. 843 del 1978, art. 17 che al D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 99, comma 2, come modificati dagli interventi additivi della Corte Costituzionale n. 172/1991 e n. 494/1993, pur restando vietato il cumulo delle indennità integrative speciali, il titolare di due pensioni può comunque beneficiare del relativo incremento anche sul secondo trattamento pensionistico, se questo sia inferiore al trattamento minimo erogato dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti e fino alla concorrenza dell’importo corrispondente a siffatto minimo, “c.d. minimo Inps”.

La Corte ha altresì osservato che a diverse conclusioni bisogna pervenire per il caso del pensionato che presti opera retribuita alle dipendenze di terzi, in quanto la sentenze della Corte Costituzionale n. 204/1992 (ribadita dalla sentenza n. 517/2000), dichiarando l’incostituzionalità della L. n. 843 del 1978, art. 17, comma 1 e del D.L. n. 663 del 1979, art. 15, ha comportato il venir meno del divieto di cumulo senza il limite del “minimo Inps”.

Per la cassazione di tale sentenza P.L. ha proposto ricorso con due motivi ed ha depositato memoria. L’Inail ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando violazione del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 99, L. n. 843 del 1978, art. 18, del D.L. n. 663 del 1979, art. 15 convertito in L. n. 33 del 1980, art. 1, legge costituzionale n. 1/1948 e L. n. 87 del 1953, art. 30 nonchè omessa e insufficiente motivazione, la ricorrente censura la sentenza impugnata per le seguenti ragioni. Secondo la ricorrente le menzionate sentenze della Corte Costituzionale (in particolare la sentenza n. 516/2000 e l’ordinanza 517/2000) hanno stabilito una parità di trattamento del pensionato plurimo e del pensionato lavoratore ed hanno comportato il venir meno del divieto di cumulo della indennità integrativa speciale per entrambi i casi, poichè una diversa disciplina avrebbe un carattere irragionevole e discriminatorio; in particolare, nell’ordinanza 517/2000, il giudice delle leggi ha precisato che il divieto di cumulo è ormai caducato e non può rivivere senza intervento del legislatore; in entrambi i provvedimenti citati, inoltre, la Corte Cost. ha escluso ogni riferimento alla salvaguardia del minimo Inps, per entrambi i casi, così sancendo il principio che il divieto di cumulo non è più suscettibile di applicazione neppure entro il limite del trattamento Inps, fino a che non intervenga un provvedimento legislativo.

Con il secondo motivo, denunciando violazione della L. n. 843 del 1978, art. 19 e vizi di motivazione, la ricorrente addebita al giudice di appello di non aver tenuto in alcuna considerazione la natura giuridica del trattamento previdenziale integrativo di cui al regolamento Inail approvato con D.M. 30 magio 1969; il trattamento previsto dal predetto decreto non rientra nelle gestioni obbligatorie integrative dell’AGO ma costituisce soltanto un trattamento aziendale concesso dal datore di lavoro ai propri dipendenti e, costituendo espressione dell’autonomia interna dell’ente, è da considerare estraneo all’ordinamento previdenziale obbligatorio.

Nella memoria ex art. 378 c.p.c. la ricorrente rileva che nelle more del giudizio è intervenuta la L. 27 dicembre 2006, n. 296 che con la norma interpretativa di cui all’art. 1, comma 774 ha disposto che per le pensioni di reversibilità l’indennità integrativa speciale è attribuita nella misura percentuale prevista per il trattamento di reversibilità.

Osserva la Corte che la norma richiamata non è applicabile alla controversia in esame in quanto espressamente riferita alle “pensioni di reversibilità sorte a decorrere dall’entrata in vigore della L. 8 agosto 1995, n. 335”, mentre la pensione di reversibilità di cui qui si discute è stata corrisposta alla ricorrente dal 26 giugno 1994.

I due motivi di ricorso, che è opportuno esaminare congiuntamente per la loro connessione, non sono meritevoli di accoglimento.

La tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo cui il divieto di cumulo della indennità integrativa speciale su due trattamenti pensionistici, disposto dalla L. 21 dicembre 1978, n. 843, art. 19, sarebbe venuto meno per effetto degli interventi della Corte costituzionale, è priva di fondamento.

Va preliminarmente osservato che il trattamento previdenziale – di cui al regolamento INAIL approvato con D.M. 30 maggio 1969 – in favore dei dipendenti di detto ente, costituisce certamente, ai fini dell’applicazione delle norme di legge sulle variazioni del costo della vita, un trattamento integrativo dell’assicurazione generale obbligatoria e rientra pertanto nell’ambito di applicazione della L. n. 843 del 1978, citato art. 19. Se detto trattamento non fosse un trattamento previdenziale integrativo di quello dell’AGO, ma soltanto un beneficio aziendale come sostenuto dalla ricorrente, ad esso non sarebbe neppure applicabile la normativa legale sull’adeguamento automatico della prestazione previdenziale alle variazioni del costo della vita.

Ciò premesso va rilevato che le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 25616 del 2008, componendo un contrasto insorto nella Sezione Lavoro, hanno affermato il seguente principio: “La L. 21 dicembre 1978, n. 843, art. 19, comma 1, in relazione alla disciplina di adeguamento al costo della vita delle pensioni dell’assicurazione generale obbligatoria fondata sulla corresponsione di quote aggiuntive di importo uguale per tutte le pensioni, di cui alla L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 10, ha escluso, a decorrere dal 1 gennaio 1979, che lo stesso soggetto, se titolare di più pensioni, comprese quelle delle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive, integrative, esclusive o esonerative dell’assicurazione generale, possa fruire sei più di una pensione di tali quote aggiuntive, o dell’incremento dell’indennità integrativa speciale, o di ogni altro analogo trattamento collegato con il costo della vita. Ne consegue che questa regola trova applicazione anche nel caso di titolarità di una pensione dell’A.G.O. e di una pensione dello Stato e, in tal caso, al pensionato, come precisa il citato art. 19, comma 2, continua a corrispondersi l’indennità integrativa speciale inerente alla pensione statale e non spettano invece le quote aggiuntive sulla pensione dell’A.G.O. corrisposte dall’Inps”.

Le Sezioni Unite con la menzionata decisione, ampiamente motivata, hanno ritenuto ancora vigente il divieto di cumulo disposto dalla L. n. 843 del 1978, art. 19, non assegnando agli interventi della Corte Costituzionale richiamati dalla ricorrente effetti abrogativi della predetta norma, ed hanno ritenuto applicabile la disposizione anche al caso di più trattamenti pensionistici di cui uno a carico dello Stato e l’altro a carico dell’A.G.O., in esso compresi i trattamenti integrativi.

Il Collegio non ha motivo di discostarsi dall’insegnamento delle Sezioni Unite. Vi è solo da aggiungere che le sentenze della Corte Costituzionale n. 172/1991 e n. 494/1993 hanno pronunciato la parziale illegittimità della L. n. 843 del 1978, art. 17, comma 1 (e non dell’art. 19) e del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 99, comma 2, con interventi “additivi” che hanno lasciato in vita e solo integrato le disposizioni impugnate, mentre i provvedimenti n. 516 e 517 del 2000 hanno dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate, con motivazione dalle quali, a differenza di quanto ritenuto dalla ricorrente, è dato ricavare la persistenza nell’ordinamento del divieto di cumulo.

Il ricorso, pertanto deve essere rigettato. Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di cassazione, a norma dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla L. n. 326 del 2003, trattandosi di causa iniziata prima del 1 ottobre 2003.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2010

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