Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22859 del 09/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 09/11/2016), n.22859

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5925/2015 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO

GRAMEGNA giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO LE GINESTRE, LE GINESTRE PARK SRL, IN LIQUIDAZIONE, UNIPOL

ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1933/2014 del TRIBUNALE di NOLA, del

3/07/2014, depositata il 03/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:

“1. P.G. convenne in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di S. Anastasia il Consorzio “Le Ginestre”, chiedendone la condanna al risarcimento del danno al proprio veicolo, causato dall’intempestivo abbassamento d’una sbarra delimitatrice di un’area di parcheggio.

Nel giudizio vennero chiamato in causa la società Ginestre Park s.r.l. e la società UGF s.p.a..

2. Con sentenza 31.5.2012 n. 1411 il Giudice di pace rigettò la domanda, ritenendola non provata.

La sentenza fu appellata da P.G.. Onesti dedusse di essere stato risarcito dalla società assicuratrice del responsabile, UGF sp.a., e di essersi di conseguenza disinteressato del giudizio, fidando sul fatto che anche le altre parti avrebbero fatto altrettanto, ovvero avrebbero reso edotto il giudice dell’avvenuta transazione.

3. Il Tribunale di Nola, decidendo quale giudice d’appello, con sentenza 3.7.2014 n. 1933 ha dichiarato inammissibile l’appello. Ha osservato che la domanda era di valore inferiore ad Euro 1.033; che dunque la sentenza del Giudice di pace doveva ritenersi pronunciata necessariamente secondo equità; che di conseguenza la sentenza di primo grado era inappellabile.

Tale sentenza è stata impugnata da P.G. con ricorso fondato su tre motivi.

4. Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 339 c.p.c.. Deduce che il suo appello era stato proposto per violazione di norme processuali, ovvero gli artt. 92 e 100 c.p.c. e che di conseguenza era ammissibile nonostante avesse investito una sentenza pronunciata secondo equità.

4.1. Il motivo è manifestamente.

In primo luogo è inammissibile per difetto di specificità.

Il ricorrente inflitti deduce di avere proposto un appello lò ridato su “violazione di norme processuali”, ma questo non è ciò che risulta dalla sentenza impugnata. Il Tribunale, infatti, riferisce che l’unico motivo di appello riguardava “il mancato abbandono del giudizio da parte delle appellanti (…) a seguito della intervenuta transazione”.

Sarebbe stato pertanto onere del ricorrente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, indicare l’atto processuale sul quale il suo ricorso si fonda, ovvero in quali termini avesse prospettato il proprio motivo di impugnazione.

4.2. In secondo luogo il primo motivo di ricorso è comunque inammissibile per difetto di interesse. Quand’anche, infatti, la sentenza d’appello fosse cassata con rinvio, il giudice d’appello non potrebbe formare la sentenza di primo grado, nemmeno sulle spese, in virtù del principio giù affermato da questa Corte, secondo cui “qualora, nel corso del giudizio di primo grado, sia intervenuta una transazione della lite tra il danneggiato e la compagnia assicurativa, tale evento deve essere dedotto nella prima difesa utile e, quindi, nel corso del grado stesso; in mancanza, la cessazione della materia del contendere per avvenuta transazione, pur non integrando un’eccezione in senso stretto, non può essere presa in considerazione dal giudice, in quanto non tempestivamente dedotta dalla parte nel rispetto dei termini processuali fissati dalla legge” (Se,-. 3, Sentenza n. 17896 del 18/1012012, Rv. 624364).

5. Col secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione art. 100 c.p.c.. Deduce che il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare cessata la materia del contendere, compensando le spese.

Il motivo è infondato. E’ infatti ovvio che, a fronte d’un gravame inammissibile, il giudice d’appello un aveva alcun obbligo di verificare se fosse cessata o meno la materia del contendere.

6. Col terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta l’omesso esame d’un fatto decisivo. Al riguardo, dopo avere evidenziato varie inesattezza della sentenza impugnata concernenti la posizione processuale assunta dalle varie parti, deduce che la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare il fax con il quale, nel giusizio di appello, esso appellante aveva dimostrato l’intervenuta transazione.

6.1. Anche questo motivo è manifestamente inammissibile, per la medesima ragione già indicata al p. 5.

7. Si propone pertanto il rigetto del ricorso, con condanna alle pese”.

2. La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione.

Ritiene, invece, non decisive le contrarie osservazioni svolte dal ricorrente nella propria memoria.

4. Nella propria memoria il ricorrente torna a sostenere che, essendo stato soddisfatto il suo credito nel corso del giudizio di primo grado, sarebbe stato onere di parte convenuta informare il giudice della sopravvenuta cessazione del contendere. Prosegue con una disamina teorica sulla natura dei provvedimenti dichiarativi della cessazione della materia del contendere, e invoca il principio per cui la relativa eccezione non è soggetta a preclusioni o decadenze.

4.1. Le osservazioni svolte nella memoria appaiono non pertinenti rispetto sia al contenuto della decisione impugnata, sia al contenuto della relazione preliminare ex art. 380 bis c.p.c..

Nella relazione si prospettava, con riferimento al primo motivo di ricorso, la sussistenza d’una causa di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6: questione che il ricorrente mostra di fraintendere, allorchè nella propria memoria si diffonde a spiegare che il proprio atto d’appello conteneva “tutte le premesse di fatto e di diritto che legittimano la censura” (così la memoria, p. 3).

Non, infatti, dell’atto d’appello, ma del ricorso per cassazione la relazione preliminare evidenzia l’inammissibilità, per la insufficiente indicazione del contenuto dell’atto d’appello, prescritta a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., n. 6, il che impedisce a questa Corte di stabilire se il giudice d’appello ne abbia davvero travisato il contenuto.

5. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio degli intimati.

6. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di Cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

(-) rigetta il ricorso;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di P.G. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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