Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22858 del 09/11/2016
Cassazione civile sez. VI, 09/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 09/11/2016), n.22858
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4373/2015 proposto da:
R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO
EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO
SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende giusta procura in calce
al ricorso;
– ricorrente –
contro
SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, B.A.,
BA.AU.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4563/2014 del TRIBUNALE di TORINO del
16/06/2014, depositata il 20/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTO;
udito l’Avvocato Francesco Sangermano (delega avvocato Claudio
Scognamiglio) difensore della ricorrente che si riporta agli
scritti.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:
“1. Con sentenza 20.6.2014 n. 4563 il Tribunale di Torino, decidendo quale giudice di secondo grado, ha dichiarato inammissibile il gravame proposto da R.M. avverso la sentenza del Giudice di pace di Torino 9.10.2012 n. 7373.
L’appello è stato dichiarato inammissibile dal Tribunale sul presupposto che l’appellante, erede dell’attore in primo grado, non avesse provato tale qualità. I documenti depositati dall’appellante, cittadina austriaca, e costituiti da atti pubblici formati in Austria, sono stati ritenuti dal tribunale inutilizzabile, perchè privi della Apostille di cui alla Convenzione dell’Aja del 5.10.1961.
2. Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta l’erroneità di tale statuizione, deducendo che l’obbligo della legalizzazione (attestata dalla Apostille) nei rapporti tra Italia ed Austria è stato soppresso dalla convenzione italo-austriaca del 30.6.1975, ratificata con L. 2 maggio 1977, n. 342.
2.1. Il motivo è manifestamente fondato.
Non solo, infatti, la Convenzione italo-austriaca del 1975 ha soppresso l’obbligo di legalizzazione degli atti pubblici, ma – quel che più rileva – l’art. 2 della Convenzione di Bruxelles del 25.5.1987 (ratificata in Italia con la L. 24 aprile 1990, n. 106), ha abolito per i paesi UE la legalizzazione mediante Apostille: e l’Austria come noto è membro dell’Unione Europea dal 1 gennaio 1995, epoca ben anteriore all’introdizione del presente giudizio.
3. Il secondo ed il quarto motivo di ricorso restano assorbiti.
4. Il terzo motivo di ricorso (col quale si lamenta la violazione dell’art. 2054 c.c.) è inammissibile, perchè tamquam non esset deve ritenersi la parte della sentenza d’appello nella quale il Tribunale, dopo avere ritenuto inammissibile l’appello, lIo esamina anche nel merito.
E”, infatti, pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità” con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnarle (Sez. U., Sentenza n. 3840 del 20/02/2007, Rv. 595555).
4. Si propone pertanto l’accoglimento del 1 motivo di ricorso, e la cassazione con rinvio della sentenza impugnata”.
2. Nessuna delle parti ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione. Stabilisce infatti l’art. 14, comma 1, della Convenzione Italo-Austriaca sopra ricordata che “gli atti pubblici formati da uno dei due Stati (contraenti) da un tribunale, una autorità amministrativa o un notaio, e che siano provvisti del sigillo di ufficio, hanno nell’altro Stato il medesimo valore, quanto alla loro autenticità, degli atti pubblici formati in tale Stato senza necessità di alcuna legalizzazione o formalità analoga”.
La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio al Tribunale di Torino.
4. Le spese saranno liquidate dal giudice di rinvio.
PQM
la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:
(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Torino, in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, il 15 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016