Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22857 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. un., 29/09/2017, (ud. 12/09/2017, dep.29/09/2017),  n. 22857

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f.f –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8450/2016 proposto da:

BIPIELLE BANK (SUISSE) SOCIETA’ ANONIMA DI DIRITTO SVIZZERO in

liquidazione, in persona dei liquidatori pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo

studio dell’avvocato MARIO CONTALDI, rappresentata e difesa

dall’avvocato FRANCESCO CRISCOLI;

– ricorrente –

contro

S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN TOMMASO

D’AQUINO 7, presso lo studio dell’avvocato LUCA GIOVARRUSCIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIERLUIGI VICIDOMINI;

– controricorrente –

e contro

N.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4049/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 15/10/2015.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/09/2017 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso;

udito l’Avvocato Antonio Maculino per delega orale dell’avvocato

Francesco Criscoli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza resa il 15/10/2015 ex art. 281 sexies c.p.c., la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento dell’appello proposto da N.G. nei confronti della Bipielle Bank (Suisse) Società anonima in liquidazione e di S.R. avverso la sentenza del Tribunale di Avellino del 27/10/2010, ha dichiarato la giurisdizione del Giudice italiano a conoscere della controversia promossa dal N., intesa a sentire dichiarare la responsabilità del S., quale promotore finanziario, e della Bipielle Bank in relazione al contratto di investimento finanziario stipulato con la banca elvetica, con la consequenziale condanna in solido dei convenuti al risarcimento dei danni, nella somma di Euro 80.000,00, oltre rivalutazione ed interessi, o, in subordine, per sentire dichiarare la nullità del contratto di investimento, con la relativa condanna restitutoria, oltre al risarcimento dei danni non patrimoniali, da liquidarsi in via equitativa.

La Corte d’appello ha ritenuto incontestata la qualità di consumatore del N.; che il contratto stipulato da questi con la Banca rientra tra quelli specificamente indicati all’art. 13, della Convenzione di Lugano del 16/9/1988, che ha esteso agli altri paesi dell’area EFTA le norme della Convenzione di Bruxelles del 1968 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, atteso che si tratta di contratto di fornitura di servizi finanziari; che la stipula è stata preceduta dalla proposta formulata dal S., promotore finanziario della Bipielle Bank in (OMISSIS) e quindi in Italia, ove si sono svolti gli atti necessari alla conclusione del contratto; che ai sensi dell’art. 14 della Convenzione cit., sussiste il foro alternativo del luogo di domicilio del consumatore, da cui la competenza del Tribunale di Avellino sia ove si intenda il domicilio come luogo di dimora che come luogo costituente il centro dei propri interessi; che ai sensi dell’art. 15, le parti possono derogare al foro stabilito dalla convenzione solo nel caso di clausola stipulata successivamente al sorgere della controversia; che ciò non è nel caso avvenuto, e che erroneamente il Giudice di primo grado ha declinato la propria giurisdizione, attesa l’inefficacia della clausola contrattuale di fissazione del foro esclusivo, perchè contraria alla norme comunitarie poste a tutela del consumatore.

La Corte territoriale ha infine richiamato l’ampia motivazione della recente pronuncia della stessa Corte su di un caso assolutamente analogo.

Ha proposto ricorso ex art. 360 c.p.c., Bipielle Bank, sulla base di un unico motivo, articolato sotto plurimi profili.

Si è difeso con controricorso il solo S..

Con ordinanza depositata il 3/5/2017, la I sezione civile, ritenuta in via preliminare la ricorribilità immediata della pronuncia impugnata in quanto definitiva, come provato dalla rimessione ex art. 354 c.p.c., al primo Giudice, con la regolamentazione anche delle spese (sul principio, la pronuncia Cass. Sez. U. 22/12/2015, n. 25774), ha rimesso la causa alle Sezioni unite, vertendo il ricorso sulla sola questione di giurisdizione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La questione posta dalla ricorrente, al di là dell’apparente ulteriore articolazione nella rubrica del motivo (con cui la parte denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 6, 13, 14, 15 e 17 della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale stipulata a Lugano il 16/8/1988; la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.; il vizio di motivazione), attiene unicamente alla giurisdizione, che, secondo la Banca, è stata ritenuta sussistente dalla Corte d’appello, in applicazione della sezione 4^ della Convenzione di Lugano del 16 settembre 1998, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, resa esecutiva con L. 10 febbraio 1992, n. 198, per avere ritenuto erroneamente: a) incontestata la qualità di consumatore del N., invero contestata in sede di memoria ex art. 186 c.p.c., comma 3 e nelle memorie conclusionali di primo grado; b) compiuti in Italia gli atti necessari alla stipulazione del contratto, mentre in calce a tutti i documenti contrattuali affollati al n. 4 della produzione di Bipielle si indica per ben tredici volte Lugano quale unico luogo di stipula, nè l’ing. N. ha proposto a riguardo di detta indicazione querela di falso o chiesto di provare il riempimento contra pacta.

Secondo la ricorrente, il contratto di investimento fiduciario di cui si tratta non rientra tra i contratti indicati dall’art. 13 ed anche a farlo rientrare nella tipologia di cui al n. 3 (contratto avente ad oggetto fornitura di servizi), mancherebbero i requisiti di cui dell’art. 13, comma 3 (“a) la conclusione del contratto è stata preceduta da una proposta specifica o da una pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio e se b) il consumatore ha compiuto in tale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto”), e sarebbe spettato all’ing. N., che ha stipulato contratti per operazioni finanziarie ad alto rischio e ha rinunciato ad essere informato dalla banca sui “rischi connessi alle tipologie di operazioni con profilo di rischio complesso” provare di avere concluso detto contratto per scopi estranei alla propria attività professionale.

La Banca ricorrente contesta infine l’interpretazione dell’art. 15 della Convenzione offerta dalla Corte del merito, sostenendo che la facoltà di scelta attribuita al consumatore dall’art. 14, di proporre l’azione davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio la controparte è domiciliata o dello Stato in cui è domiciliato il consumatore, non costituisce una deroga alla norma generale sul foro esclusivo del domicilio del convenuto, “ma solo l’esercizio concreto di una facoltà di scelta che la sezione 4 prevede in favore di determinate categorie di contraenti”.

Nel resto, la ricorrente denuncia l’erroneità della pronuncia resa dalla stessa Corte di merito, richiamata nella pronuncia impugnata, facendo presente che si tratta di un caso non del tutto sovrapponibile a quello oggetto di causa, e sostiene infine l’inoperatività dell’art. 6, n. 1 della Convenzione.

Tanto premesso, va in via preliminare ribadito che la giurisdizione nei confronti dello straniero deve essere riscontrata in base alla prospettazione della domanda, indipendentemente da ogni questione circa il suo fondamento nel merito, non operando tale principio soltanto nel caso in cui la prospettazione della domanda sia artificiosamente finalizzata a sottrarre la controversia al giudice precostituito per legge (così, tra le ultime, le pronunce Sez. U. 2/12/2013, n. 26937; 12/4/2012, n. 5765, 2/4/2009, n. 7991; 12/3/2009, n. 5965).

Va altresì riportato il principio secondo il quale, in relazione alle questioni di giurisdizione, trattandosi di questione processuale, le Sezioni unite sono anche giudice del fatto, per cui hanno il potere di procedere direttamente alla valutazione degli atti negoziali il cui esame incida sulla questione pregiudiziale, così come possono procedere direttamente all’apprezzamento delle risultanze istruttorie, in piena autonomia sia rispetto alle valutazioni delle parti che a quelle del giudice del merito (cfr. a riguardo le pronunce Sez. U. 21/4/2015 e 2/4/2007, n. 8095).

Dal detto principio consegue altresì l’inammissibilità del vizio di motivazione sulla questione processuale, come ribadito tra le altre nelle pronunce del 10/11/2015, n. 22952 e 24/11/2004, n. 22130. Ciò posto, deve rilevarsi che nel giudizio di cui si tratta il N. ha convenuto in giudizio il S., nei cui confronti non si pone alcuna questione di giurisdizione, e la Banca Bipielle Bank, di cui l’attore ha chiesto la condanna solidale sia con la domanda principale che con la subordinata (domanda subordinata la cui valutazione peraltro non rileva ai fini della statuizione sulla giurisdizione, come affermato, tra le tante, nelle pronunce Sez. U. 26/4/2017, n. 10233, 27/2/2012, n. 2926 e 14/4/2008, n. 9745), che ha eccepito il difetto di giurisdizione facendo valere la clausola contrattuale di proroga della giurisdizione. Ora, l’attore ha agito nei confronti della Banca svizzera facendo valere una causa petendi comune a quella posta a base della domanda nei confronti del S., chiedendo la condanna in solido dei convenuti, così sussistendo la connessione per il titolo e per l’oggetto, che rende applicabile l’art. 6, n. 1 della Convenzione di Lugano del 16/9/1988 (e, ratione temporis, non si applica la successiva Convenzione del 30/10/2007), che così dispone: “Il convenuto di cui all’articolo precedente potrà inoltre essere citato: 1) in caso di pluralità di convenuti, davanti al giudice nella cui circoscrizione è situato il domicilio di uno di essi…” (per il principio, in relazione alla identica formulazione dell’art. 6, n.1 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, resa esecutiva con la L. 21 giugno 1971, n. 804, si richiamano le pronunce Cass. Sez. U. 9/2/2015, n. 2360, 12/4/2012, n. 5765, 27/2/2008, n. 5090, 27/6/2006, n. 14827).

Detta norma è intesa a consentire la chiamata in giudizio dei diversi litisconsorti nel medesimo processo, con l’attrazione nella giurisdizione nazionale per ragioni di connessione della domanda proposta anche nei confronti dello straniero.

A riguardo, è stato ripetutamente affermato che il principio fissato dall’art. 6, n. 1, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (del tutto sovrapponibile all’omologa norma della Convenzione di Lugano cit.) riguarda l’ipotesi del cumulo soggettivo, che va escluso nell’ipotesi di pretestuoso coinvolgimento di un convenuto al solo fine di provocare lo spostamento della competenza giurisdizionale per ragioni di connessione (così le pronunce Sez. U. 9/2/2015, n. 2360 e 2/12/2013, n. 26937), e nel caso è di chiara evidenza come non sussista alcuna artificiosa evocazione del promotore finanziario per radicare la competenza giurisdizionale in Italia, visto che il N. ha articolato e fatto valere una causa petendi comune ai due convenuti, dei quali ha chiesto la condanna solidale.

Va pertanto respinto il ricorso; non si dà pronuncia sulle spese, non essendosi costituito il N., e non sussistendo rapporto processuale tra la ricorrente ed il S..

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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