Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22853 del 09/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/11/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 09/11/2016), n.22853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27150/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

L.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 56/25/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di VENEZIA del 27/11/2013, depositata il 17/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di L.F., medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, del silenzio rifiuto opposto ad istanza di rimborso dell’IRAP, versata negli anni dal 2005 al 2009, la C.T.R. del Veneto, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione di primo grado di accoglimento del ricorso, ribadendo che, nella specie, l’attività professionale era svolta nell’ambito della cosiddetta “medicina di gruppo” e che non era, comunque, dotata di autonoma organizzazione, non essendo all’uopo rilevante la disponibilità di una dipendente i cui costi venivano suddivisi pro quota a ciascun medico, mentre la strumentazione era quella strettamente indispensabile per lo svolgimento dell’attività medica.

Avverso la sentenza ricorre, su due motivi, l’Agenzia delle Entrate.

Il contribuente non resiste.

Il primo motivo con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, è manifestamente infondato, con assorbimento del secondo. Sulla res controversa (svolgimento dell’attività medica in regime convenzionato col servizio sanitario nazionale sotto la forma della cd. medicina di gruppo) sono, di recente, intervenute le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 7291/16) le quali, risolvendo il contrasto giurisprudenziale, hanno statuito il principio così massimato: “in materia di imposta regionale sulle attività produttive, la “medicina di gruppo”, ai sensi del D.P.R. n. 270 del 2000, art. 40, non è un’associazione tra professionisti, ma un organismo promosso dal servizio sanitario nazionale, sicchè la relativa attività integra il presupposto impositivo non per la forma associativa del suo esercizio, ma solo per l’eventuale sussistenza di un’autonoma organizzazione; per quest’ultima, è insufficiente sia la disponibilità di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 30 dicembre 1992, n. 502, che l’erogazione della quota di spesa del personale di segreteria o infermieristico comune, giacchè essa costituisce il “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale”.

Alla luce di tale principio, la sentenza impugnata è immune da censure.

Ne consegue il rigetto del ricorso.

Non vi è pronuncia sulle spese per l’assenza di attività difensiva da parte dell’intimato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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