Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22849 del 20/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/10/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 20/10/2020), n.22849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15289-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che a rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.A., ITALTETTI SNC DI A. E G.G.,

G.G., elettivamente domiciliati in ROMA VIA PAOLUCCI de

CALBOLI 1, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA CIASCHI,

rappresentali e difesi dall’avvocato GIOVANNI GALLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 15/2012 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 13/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2019 dal Consigliere Dott. DI PAOLA LUIGI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza impugnata è stata confermata “nel dispositivo” la pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Varese – che aveva accolto l’impugnativa avverso gli avvisi con i quali, per l’anno 2003, era stato accertato un maggior reddito imponibile per effetto della rilevata plusvalenza non dichiarata a seguito di una cessione di un ramo d’azienda – quanto alla società, e, in relazione al minor reddito ai fini IRPEF, è stata ridotta la quota di partecipazione di ciascun socio e determinate le sanzioni al minimo;

per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidato a tre motivi;

la ITALTETTI s.n.c. di A. e G.G., nonchè i due soci, hanno resistito con controricorso e hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, l’Agenzia delle Entrate – denunciando violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), nonchè degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si duole che il giudice del gravame abbia ritenuto illegittimo l’accertamento perchè “motivato semplicemente con il richiamo e adeguamento al valore venale determinatosi ai fini dell’imposta di registro in seguito ad accertamento con adesione”.

Con il secondo motivo – denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c. in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – lamenta che il predetto giudice abbia ridotto le sanzioni nonostante ciò non fosse stato richiesto dai contribuenti.

Con il terzo motivo – denunciando “error in procedendo” ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per disapplicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, applicabile ex art. 61 dello stesso atto normativo nonchè dell’art. 111 Cost., comma 6 – si duole che la CTR non abbia esplicitato le ragioni per cui ha determinato le sanzioni in misura minima;

il primo motivo è infondato, poichè “In tema di imposte sui redditi, la norma di interpretazione autentica di cui al D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3, avente efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale, dovendo l’Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria” (così, da ultimo, Cass. n. 12131/2019);

il secondo ed il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione, sono invece inammissibili, poichè le questioni con essi sollevate sono superate dalla avvenuta definizione agevolata, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, delle sanzioni, essendovi al riguardo puntuale attestazione ad opera di entrambe le parti del giudizio, sicchè difetta l’interesse all’impugnazione, non potendo più il profilo della quantificazione delle sanzioni essere oggetto, per effetto della richiamata definizione agevolata, di statuizione giudiziale, con conseguente impossibilità di rideterminazione delle stesse; le spese del presente giudizio vanno compensate, in quanto la sopra citata norma di interpretazione autentica è intervenuta in data successiva a quella di proposizione del ricorso.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2020

 

 

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