Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22845 del 20/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/10/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 20/10/2020), n.22845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 13979/2012, proposto da:

Crono s.r.l, in persona del legale rapp.te p.t., elettivamente

domiciliata in Roma alla Via Federico Confalonieri n. 5 presso

l’avv.to Luigi Manzi, che la rappresenta e difende, anche con

l’avv.to Cesare Glendi, in virtù di procura speciale, per atto del

notaio E.P. di Manerbio del 22/05/2012;

– Ricorrente –

contro

Agenzia dell’Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, ope legis, dall’Avvocatura Generale

dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– Controricorrente –

Avverso la sentenza n. 50/42/11 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata in data 08/04/2011;

udita la relazione svolta dal Consigliere d’Angiolella Rosita nella

camera di consiglio del 23 ottobre 2019.

 

Fatto

RITENUTO

che:

A seguito di verifica della Guardia di Finanza, l’Agenzia delle entrate, emetteva, per gli anni 2001 e 2002, due avvisi di accertamento nei confronti della società Lucar International s.r.l., poi incorporata, per fusione, dalla società ricorrente, con i quali veniva contestata l’effettuazione di una serie di operazioni ritenute elusive in quanto finalizzate a conseguire indebiti risparmi di imposta. In particolare, con l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), relativo al periodo d’imposta 1/7/2001 – 10/5/2002, veniva accertato, a carico della società, un maggior reddito di impresa di Euro 872.188,00, con maggiore IRPEG per Euro 313.988,00, oltre sanzioni. Con l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), relativo al periodo di imposta 1/2/2001 – 30/06/2002, veniva accertato un reddito di impresa di Euro 658.576,00 con maggiore IRPEG per Euro 199.644, IRAP per Euro 641,00 oltre sanzioni.

La società contribuente impugnava gli accertamenti con due distinti ricorsi innanzi alla Commissione Provinciale di Brescia, che, disposta la riunione dei procedimenti, li rigettava integralmente. Eguale esito aveva l’appello proposto dalla società avverso la sentenza di primo grado, in quanto la Commissione Tributaria Regionale adita, con la sentenza di cui in epigrafe, confermava integralmente la decisione di primo grado, rigettando integralmente l’appello. Avverso tale sentenza ricorre la società contribuente affidandosi a tre motivi.

Con il primo motivo di ricorso, denuncia la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, art. 33, comma 3 e art. 37 bis, commi 4 e 5, deducendo l’errore dei giudici che nel motivare il rigetto dell’eccezione riguardante il mancato invito a fornire osservazioni chiarimenti scritti in ordine alle operazioni contestate, non solo non hanno applicato e tenuto conto della procedura prescritta dalla legge a pena di nullità dell’avviso, ma hanno fatto riferimento alla diversa disciplina di cui all’art. 33, comma 3, che richiama il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32.

Con il secondo deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omessa o insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè il giudice regionale ha fondato il proprio convincimento sulle operazioni elusive senza analizzare le ragioni prospettate dalle contribuenti ed in ogni caso facendo erronea applicazione delle regole di riparto dell’onere probatorio.

Con il terzo motivo articola una serie di censure, così rubricate: “violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, e dell’art. 156 c.p.c., comma 2 – Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, del D.P.R. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, e art. 17, comma 1. Omessa motivazione in ordine alla dedotta nullità dei provvedimenti sanzionatorì e della disapplicazione medesimi. Denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1.”

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

La società ricorrente, in prossimità dell’udienza, ha depositato memoria ex art. 380bis1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il primo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto.

Con esso, la società ricorrente deduce l’erroneità della sentenza per aver escluso la nullità dell’avviso di accertamento, emesso senza il rispetto del procedimento regolato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5; deduce, altresì, che il richiamo operato dai giudici di secondo grado all’art. 33, comma 3, cui rinvia il D.P.R. cit., art. 32, è pur esso errato, in quanto tale disposizione riguarda i diversi rapporti tra amministrazione finanziaria e guardia di finanza inerenti alle attività accertative che nulla hanno a che fa vedere con il D.P.R. cit., art. 37 bis, comma 4, e con le garanzie ivi previste a tutela del contribuente, la cui violazione è sanzionata a pena di nullità.

La sentenza impugnata, rigettando l’eccepita nullità, afferma che “in base al rinvio all’art. 32 contenuto nello stesso D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, comma 3, le garanzie a favore del contribuente in sede istruttoria amministrativa sono oggetto di identica previsione sia se ad operare è l’ufficio finanziario, sia se l’istruzione viene svolta, di propria iniziativa o su richiesta dell’ufficio, da parte della Guardia di Finanza. Pertanto, nell’ipotesi, qual è quella di specie, di un avviso di accertamento fondato sui risultati della Guardia di Finanza, l’Ufficio per emettere l’atto impositivo non è obbligato a ripetere il contraddittorio ogni qualvolta questo sia stato ritualmente instaurato dalla Guardia di Finanza. Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, in data 20/01/2005, anteriormente all’emanazione degli atti di accertamento, è stato specificamente richiesto dai militari alla società di fornire, per iscritto, dei chiarimenti, con riferimento alle ritenute operazioni elusive e la parte, con la dichiarazione resa, non ha fatto altro che insistere sulla linea difensiva adottata dall’odierno appellante.”.

La questione, che tocca quella più generale della regolarità dell’instaurazione del contraddittorio, non è nuova a questa Corte che ha già avuto modo di pronunciarsi non solo sulla scansione procedimentale prevista a pena di nullità dalla norma in parola, ma anche sulla conseguenziale questione – che qui si pone dell’equipollenza tra la procedura ivi stigmatizzata e l’attività svolta dai verbalizzanti e delle eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica.

L’orientamento di questa Corte, cui qui s’intende dare seguito, ha affermato che la mancata osservanza del contraddittorio procedimentale prescritto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37-bis, commi 4 e 5, e, in particolare, la mancata previa richiesta di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta medesima, nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili l’art. 37 bis cit., commi 1 e 2, determina l’invalidità dell’accertamento medesimo; ciò in quanto l’art. 37 bis cit., “prevede un rigoroso procedimento d’instaurazione del contraddittorio, caratterizzato da scansioni predeterminate l’avviso di accertamento deve essere emanato previa richiesta di chiarimenti al contribuente e deve essere specificamente motivato in relazione alle giustificazioni fornite, sicchè, concorrendo detta richiesta alla valutazione del fine elusivo dell’operazione, non possono considerarsi alla stessa equipollenti l’attività svolta dai verbalizzanti e le eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica.” (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 693 del 16/01/2015, Rv. 634028-01, che richiama la sentenza n. 351 del 2009, Rv. 606174-01; Sez. 5, Sentenza n. 2239 del 30/01/2018, Rv. 646926-01).

In tal senso, è stato soggiunto che la rigidità della scansione procedimentale, e la grave conseguenza della nullità che ne segue, si spiega anche in considerazione della volontà del legislatore di radicare il contraddittorio già nell’attività preparatoria all’eventuale emissione dell’avviso di accertamento con cui si intende contestare al contribuente la natura elusiva delle operazioni poste in essere. La peculiarità degli interessi tutelati ha fatto avvertire alla giurisprudenza di questa Corte come la richiesta di chiarimenti per iscritto, concorrendo alla valutazione del fine elusivo dell’operazione, non può considerarsi sostituita da forme equipollenti quali l’attività svolta da verbalizzanti o dalle eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 30770 del 28/11/2018, Rv. 651617-01, che ha applicato i suesposti principi in un caso in cui, pur non mancando l’invito, la procedura era stata rispettata solo in parte, in quanto l’Ufficio aveva invitato la società ricorrente a presentarsi presso l’Ufficio, anzichè chiedere chiarimenti da inviare per iscritto; aveva concesso un termine di 15 giorni per la presentazione, anzichè accordare i prescritti 60 giorni; con l’invito aveva fatto un mero rinvio all’art. 37 bis, invece di indicare i motivi per i quali si ritenevano applicabili i commi 1 e 2 del citato articolo; infine, l’avviso di accertamento non conteneva alcun riferimento alle giustificazioni fornite dalla società).

Applicando tali principi alla fattispecie in esame, poichè l’Amministrazione non ha inteso instaurare il contraddittorio invitando la contribuente a presentarsi presso l’ufficio, senza chiedere chiarimenti da inviare per iscritto, ha errato la CTR nel ritenere che il contraddittorio instaurato dalla Guardia di finanza valesse, come equipollente, a sostituire il contraddittorio secondo le modalità ed i termini di cui al D.P.R. cit., art. 37, comma 4. L’accoglimento del primo motivo, con il quale emerge l’irritualità della costituzione del contraddittorio e la violazione delle regole imposte dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5, a pena di nullità dell’avviso di accertamento, assorbe tutti gli altri motivi. Tenuto conto delle ragioni per le quali il ricorso della contribuente è stato accolto, non richiedendosi ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2. A tal fine, avendo riconosciuto la nullità dell’avviso di accertamento, non può che trovare accoglimento il ricorso introduttivo del contribuente.

In considerazione della recente giurisprudenza formatosi sulla questione oggetto di ricorso (iscritto a ruolo nell’anno 2012), le spese dei gradi di merito e quelle relative al presente giudizio, si dichiarano interamente compensate tra le parti.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile della Corte di Cassazione, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2020

 

 

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