Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22844 del 20/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/10/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 20/10/2020), n.22844

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 544/2015 R.G. proposto da:

L’Uomo e il Mare s.r.l., in persona dei l.r.p.t., rappresentata e

difesa dall’avv. Cinzia Passero, presso cui è elettivamente

domiciliata in Roma alla via Pinturicchio n. 23;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 331/9/13 della Commissione Tributaria

Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, emessa il

30/10/2013, depositata il 8/11/2013 e non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre

2019 dal Consigliere Giudicepietro Andreina.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la società “L’Uomo e il Mare” s.r.l. ricorre con tre motivi contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 331/9/13 della Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno (di seguito C.T.R.), emessa il 30/10/2013, depositata il 8/11/2013 e non notificata, che ha accolto l’appello dell’Ufficio, confermando gli avvisi di accertamento impugnati, relativi a maggiore Ires, Iva ed Irap per gli anni di imposta 2005 e 2006;

2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. riteneva che l’Amministrazione finanziaria avesse effettuato un accertamento analitico – induttivo, sulla base di una serie di presunzioni, quali la ristretta base sociale (due soli soci, fratelli), la mancata emissione di scontrini per importi rilevanti, l’evidente antieconomicità della gestione per gli anni in questione, determinando, in relazione alla natura dell’attività effettivamente svolta (comprensiva del trasporto di passeggeri per via marittima e terrestre) e del carattere non stagionale della stessa, maggiori ricavi ed applicando una congrua percentuale di ricarico;

3. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 23 ottobre 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 7;

secondo la ricorrente, la C.T.R. cita, tra gli elementi presuntivi, la mancata emissione di scontrini fiscali di rilevante valore, cioè un dato che non è ricollegabile agli anni di imposta oggetto di accertamento, ma al successivo anno 2008, in cui non risulta emesso lo scontrino per il trasporto di 18 persone per un importo di 500,00 Euro;

pertanto, in tal modo il giudice avrebbe violato il principio dell’autonomia dei periodi di imposta, in conseguenza del quale l’Ufficio deve utilizzare, nella determinazione dei maggiori ricavi con metodo analitico induttivo, i dati inerenti al periodo oggetto di accertamento;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 bis, conv. dalla L. n. 427 del 1993, in quanto le percentuali di ricarico medie applicate nella determinazione dei maggiori ricavi attengono ad uno studio di settore riferibile ad un’attività diversa da quella del trasporto dei passeggeri, che la stessa C.T.R. riconosce come attività principale della società;

con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, in riferimento alla ritenuta antieconomicità della gestione societaria, nonchè l’omessa motivazione su fatti decisivi e controversi, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consistenti negli elementi in base ai quali il giudice di appello ha ritenuto emergesse l’antieconomicità della gestione, che aveva comportato un reddito pro capite per ciascun socio di circa 6.000,00 Euro, a fronte di un investimento iniziale di soli 25.000,00, con un rendimento percentuale del 24%;

1.2. il terzo motivo è fondato e va accolto, con conseguente assorbimento del primo e del secondo;

1.3. invero, la C.T.R., ai fini della sussistenza dell’antieconomicità, sulla quale si fonda l’accertamento analitico induttivo, si è limitata a rilevare la modestia dei redditi rispetto al complessivo volume di affari, senza evidenziare una condotta in contrasto con le scelte di razionale gestione imprenditoriale avuto riguardo al valore normale delle prestazioni;

in tema di accertamento dei redditi d’impresa, è legittimo il ricorso al metodo induttivo, anche in presenza di contabilità regolarmente tenuta, ove l’Amministrazione finanziaria rilevi l’antieconomicità della gestione posta in essere dal contribuente che sia imprenditore commerciale, in quanto contrastante con i criteri di ragionevolezza;

l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, commi 2 e 3, sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta;

anche in tema di IVA, è stato affermato che “non è consentito all’Amministrazione rideterminare il valore delle prestazioni e dei servizi acquistati dall’imprenditore escludendo il diritto alla detrazione, salvo che dimostri l’antieconomicità manifesta e macroscopica dell’operazione” (Sez. 5, Sentenza n. 2240 del 30/01/2018);

tali valutazioni sono del tutto assenti nel caso in esame, in cui la C.T.R. non chiarisce gli elementi da cui ha tratto la convinzione in ordine alla sussistenza del requisito dell’antieconomicità, posto a base dell’accertamento induttivo;

pertanto, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla C.T.R. della Campania, sezione distaccata di Salerno, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti il primo ed il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla C.T.R. della Campania, sezione distaccata di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2020

 

 

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