Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22839 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 29/09/2017, (ud. 15/06/2017, dep.29/09/2017),  n. 22839

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18975-2014 proposto da:

GESTORE DEI SERVIZI ENERGETICI – GSE S.P.A. (già Gestore Sistema

Elettrico-GRTN S.p.A.), in persona del Presidente, Amministratore

Delegato e legale rappresentante pro tempore, Dott. P.N.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 31, presso

lo studio dell’avvocato ZOPPINI ANDREA, che la rappresenta e difende

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRIMIERO ENERGIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, Ing. D.D., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA ANTONIO GRAMSCI 14, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO

HERNANDEZ, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO CALVETTI

giusta procura speciale in calce al controricorso;

CATTOLICA ASSICURAZIONE COOP S.R.L., in persona del procuratore Dott.

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato PIERFILIPPO COLETTI, che

la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

TERNA RETE ELETTRICA NAZIONALE S.P.A., in persona del suo

amministratore delegato e legale rappresentante pro-tempore Dott.

D.F.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI

SANT’ANDREA DELLA VALLE 6, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

D’ERCOLE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

NICOLA PALOMBI giusta procura speciale a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrenti –

Nonchè da:

TERNA RETE ELETTRICA NAZIONALE S.P.A. (come sopra individuata,

rappresentata e difesa);

– ricorrente incidentale –

contro

PRIMIERO ENERGIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, Ing. DANIELE DEPAOLI, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA ANTONIO GRAMSCI 14, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO

HERNANDEZ, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO CALVETTI

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

CATTOLICA ASSICURAZIONE COOP S.R.L.; GESTORE DEI SERVIZI ENERGETICI

GSE S.P.A.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 167/2014 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 21/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi;

udito l’Avvocato PIERLUIGI MILITE per delega;

udito l’Avvocato PIERFILIPPO COLETTI;

udito l’Avvocato FILIPPO HERNANDEZ;

udito l’Avvocato NICOLA PALOMBI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Primiero Energia S.p.A., quale proprietaria della centrale idroelettrica di (OMISSIS), convenne in giudizio Terna-Rete Elettrica Nazionale S.p.A. (di seguito anche Terna) e la Gestore dei Servizi Energetici-GSE S.p.A. (già Gestore Sistema Elettrico-GRTN S.p.A.; di seguito anche GSE o GRTN) per sentirli condannare, anche in solido, al pagamento della somma di Euro 628.422,58, oltre interessi e rivalutazione monetaria, a titolo di risarcimento – ai sensi dell’art. 2051 c.c., o in subordine dell’art. 2050 c.c., oppure, ancora, dell’art. 2043 c.c. – dei danni cagionati ad essa attrice a causa dell’interruzione nell’erogazione di corrente elettrica, protrattasi dalle ore 18 del giorno 18 novembre 2002 sino alle ore 16 del 28 novembre 2002 e che determinava la chiusura momentanea dell’anzidetta centrale idroelettrica, dovuta al crollo di un traliccio ad alta tensione (“traliccio 22”) provocato da una piena del torrente (OMISSIS).

Nel contraddittorio con le società convenute (che chiesero la reiezione della domanda) e della Società Cattolica Assicurazione coop. a r.l. (rimasta contumace), chiamata in causa, a titolo di manleva, da Terna S.p.A., l’adito Tribunale di Trento, con sentenza del febbraio 2013, accolse, in applicazione dell’art. 2051 c.c., la domanda risarcitoria proposta dalla società attrice e condannò, in solido tra loro, le convenute Terna S.p.A. e GSE S.p.A. al pagamento della somma di Euro 570.706,40, oltre accessori, nonchè condannò la Società Cattolica di Assicurazione coop. a r.l. a tenere indenne Terna di quanto dovuto alla Primerio Energia S.p.A..

2. – Avverso tale decisione proponevano gravame, distintamente, Terna S.p.A. e GSE S.p.A., che la Corte di appello di Trento – nel contraddittorio con Primerio Energia S.p.A. e Società Cattolica Assicurazioni S.p.A. – rigettava con sentenza resa pubblica il 21 maggio 2014.

2.1. – La Corte territoriale ribadiva la sussistenza, in capo ad entrambe le società convenute, di un potere di custodia della rete di trasmissione elettrica interessata dal crollo del traliccio, precisando, quanto alla posizione di GSE, che detto potere si desumeva dal D.Lgs. n. 79 del 1999, artt. 3 e 13 per cui, in ragione di un “interscambio di competenze” (evidenziato anche da quanto riportato nel sito internet di Terna), la società Gestore del Sistema Elettrico era coinvolta nell’attività di verifica e manutenzione della linea svolta da Terna S.p.A., “in quanto è ad essa demandata la deliberazione degli interventi, eseguibili materialmente da Terna”, presupponendo una siffatta decisione “necessariamente un riscontro tecnico e di fatto, quindi una verifica delle singole situazioni da affrontare”, avendo la stessa GSE “una competenza sulla “sicurezza” degli impianti e quindi su tutte le attività prodromiche al raggiungimento di tale obiettivo”.

2.2. – Il giudice di appello, inoltre, escludeva, sulla scorta delle risultanze delle consulenze tecniche d’ufficio espletate nel corso del giudizio, la sussistenza del caso fortuito, evidenziando: a) che il traliccio, collocato nel greto del fiume (OMISSIS), si trovava in un’area a rischio idrogeologico, interessata da fenomeni di erosione, per fronteggiare i quali il preposto alla gestione del manufatto doveva “essere in grado di disporre di tutti i mezzi di controllo e di tutte le competenze che la singola situazione richiede”; b) che il fenomeno meteorologico delle precipitazioni in data 28 novembre 2002 non poteva essere considerato eccezionale e, quindi, imprevedibile e inevitabile.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Gestore dei Servizi Energetici-GSE S.p.A., affidando le sorti dell’impugnazione ad un unico motivo.

Resistono con controricorso Terna-Rete Elettrica Nazionale S.p.A., Primiero Energia S.p.A. e Società Cattolica Assicurazione coop. a r.l.

Terna S.p.A. ha, altresì, proposto ricorso incidentale, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso Primiero Energia S.p.A.

Tutte le parti, ad eccezione della Società Cattolica di Assicurazioni S.p.A., hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo ed unico mezzo del ricorso principale di GSE S.p.A. è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, falsa applicazione del D.Lgs. n. 79 del 1999 e violazione degli artt. 12 disp. gen. e art. 2051 c.c..

La Corte territoriale, sulla base di una non corretta interpretazione delle norme sopra indicate, avrebbe erroneamente desunto la responsabilità di GSE (in solido con Terna), per danni derivati da cosa in custodia, in forza di un asserito generale potere di controllo sulla rete elettrica nazionale correlato alla competenza, in capo alla stessa GSE, di deliberare in ordine agli interventi di manutenzione della rete eseguibili da Terna, proprietaria della rete (quale infrastruttura materiale) e obbligata alla sua manutenzione, là dove, invece, su GSE gravava soltanto l’obbligo di assicurare l’efficienza e la sicurezza del servizio e, quindi, di deliberare sugli interventi manutentivi di Terna soltanto per garantire “l’efficienza e sicurezza del servizio di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica e la continuità degli approvvigionamenti in favore dell’utenza”.

1.1. – Il motivo, anzitutto, è ammissibile, giacchè propone effettivamente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 una censura di violazione di legge, che sollecita questa Corte ad uno scrutinio sulla correttezza in iure della decisione adottata dalla Corte territoriale, essendo in tal senso orientato lo sviluppo argomentativo che parte ricorrente esibisce in punto di interpretazione della normativa implicata e delle competenze che essa individua nell’ambito del settore dell’energia elettrica.

Del resto, la stessa sentenza impugnata si fonda essenzialmente, in riferimento al capo di decisione che viene fatto oggetto di censura con il ricorso principale, sulla portata disciplinatoria della legislazione di settore, escludendo al riguardo di dover ascrivere rilievo al materiale probatorio acquisito ed ai fatti da esso rappresentati, salvo per un mero richiamo ai contenuti del sito internet di Terna S.p.A., ritenuti, peraltro, in piena armonia con il dettato legislativo rilevante a fini decisori.

Il motivo è anche fondato.

1.2. – Costituisce oramai “diritto vivente” l’orientamento di questa Corte (non affatto incrinato da talune, isolate, disarmoniche pronunce) secondo cui la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, ex art. 2051 c.c., è di natura oggettiva, incentrata sulla relazione causale che lega la cosa all’evento lesivo, senza che, ai fini della verificazione di tale evento, trovi rilievo alcuno la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza da parte di quest’ultimo (tra le molte: Cass., 12 luglio 2006, n. 15779; Cass., 19 febbraio 2008, n. 4279; Cass., 25 luglio 2008, n. 20427; Cass., 12 novembre 2009, n. 23939; Cass., 1° aprile 2010, n. 8005; Cass., 11 marzo 2011, n. 5910; Cass., 19 maggio 2011, n. 11016; Cass., 8 febbraio 2012, n. 1769; Cass., 17 giugno 2013, n. 15096; Cass., 25 febbraio 2014, n. 4446; Cass., 27 novembre 2014, n. 25214; Cass., 18 settembre 2015, n. 18317; Cass., 20 ottobre 2015, n. 21212; Cass., sez. un., 10 maggio 2016, n. 9449; Cass., 27 marzo 2017, n. 7805; Cass., 16 maggio 2017, n. 12027).

Il custode, infatti, potrà rimanere esente da responsabilità soltanto ove provi il “caso fortuito”, ossia un evento – eccezionale, imprevedibile ed inevitabile – dipendente da un fattore esterno alla sua sfera comportamentale e che può essere individuato anche nel fatto di un terzo o dello stesso danneggiato.

Sicchè, il criterio di imputazione della responsabilità in esame prescelto dal legislatore – e la cui ratio è quella di addebitare i costi del danno cagionato direttamente dalla cosa in capo a chi si trovi nella condizione di controllare i rischi ad essa inerenti – risiede proprio nella “custodia”, cioè in quello specifico rapporto che si instaura tra “soggetto” e “cosa”, tale da costituire il primo “custode” della seconda.

Si tratta però – secondo l’insegnamento di questa Corte, in armonia con la prevalente dottrina – di un rapporto, quello di “custodia” rilevante ex art. 2051 c.c., che non mutua i propri contenuti dalla materia dei contratti (ad es. il contratto di deposito) e che, dunque, non impone il rispetto di specifici obblighi di controllo e vigilanza e, pertanto, una condotta (o prestazione) del custode con essi coerente.

Ai fini in esame, il custode è unicamente colui che esercita una potestà di fatto sulla cosa determinativa del danno, ossia un effettivo potere fisico, che implichi il governo e l’uso della cosa stessa; chi “di fatto ne controlla le modalità d’uso e di conservazione” (Cass. n. 4279/2008, Cass. n. 11016/2011, Cass. n. 1769/2012, cit.), per cui la “speciale responsabilità ex art. 2051 c.c. va ricercata nella circostanza che il custode “ha il potere di governo sulla cosa”” (Cass., S.U., n. 9449/2016, cit.).

Il rapporto di “custodia”, dunque, “postula l’effettivo potere sulla cosa”, e, quindi, non solo la sua disponibilità giuridica, ma, insieme ad essa, la disponibilità materiale (Cass. n. 15096/2013, cit.), alla stregua di un binomio che opera unitariamente come fattore selettivo della figura del “custode”, rilevante ai sensi dell’art. 2051 c.c., ossia di colui che – come detto – ha “il potere di governo” della cosa, “da intendersi come potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto” con essa (Cass. n. 15779/2006, cit.).

In tal contesto, dunque, è da leggersi l’affermazione, sovente ribadita dai precedenti sopra richiamati, per cui custode non è da considerarsi “necessariamente il proprietario o chi si trova con essa (la cosa) in relazione diretta” (tra le altre, Cass. n. 4279/2008, cit.).

Il rapporto di custodia che può presumersi nella titolarità dominicale della cosa può, infatti, venire meno in ragione della escludente relazione materiale da parte di altro soggetto che, con la cosa medesima, abbia, del pari, un rapporto giuridicamente qualificato.

E’ il caso dei danni cagionati a terzi dall’immobile locato, per cui viene individuato nel conduttore il custode responsabile ex art. 2051 c.c. del pregiudizio derivato dalle parti dell’immobile acquisite nella sua disponibilità giuridica con il contratto di locazione, là dove (salvo ipotesi di concorso di responsabilità: cfr. Cass., 9 giugno 2016, n. 11815) il proprietario/locatore rimane custode e responsabile ex art. 2051 c.c. del danno cagionato dalle strutture murarie dell’immobile medesimo e dagli impianti in esse conglobati (tra le altre, Cass., 3 agosto 2005, n. 16231; Cass., 9 giugno 20110, n. 13881; Cass., 27 luglio 2011, n. 16422; Cass., 19 settembre 2014, n. 19657, che riguarda un caso di responsabilità esclusiva del conduttore per esercizio del potere di escludere, giuridicamente e materialmente, il proprietario/locatore dall’accesso al lastrico oggetto di locazione; Cass., 27 ottobre 2015, n. 21788).

Quanto, poi, al rilievo per cui non è sufficiente la mera relazione diretta e materiale con la cosa ai fini dell’insorgenza del rapporto di custodia (quale criterio di imputazione) ai fini della responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c., esso si giustifica in ragione del fatto che il “potere di governo” della cosa, alla stregua degli indici sintomatici sopra evidenziati (Cass. n. 15779/2006, cit.), non è dato riconoscerlo in capo a chi della cosa abbia la mera detenzione per ospitalità o di servizio, operando, in quest’ultimo caso, nell’ambito di più ampi poteri organizzativi e direzionali spettanti ad altri (così già Cass., 21 novembre 1978, n. 5418), ovvero in capo a chi della cosa sia mero utilizzatore (sporadico o temporaneo), là dove la concessa facoltà di utilizzazione della cosa non venga ad elidere, “per specifico accordo delle parti, o per la natura del rapporto, ovvero per la situazione fattuale determinatasi”, il “potere di ingerenza, gestione ed intervento sulla cosa” stessa che il concedente abbia conservato (Cass. n. 15096/2013, cit.).

In definitiva, ai fini del rapporto di custodia rilevante ai sensi dell’art. 2051 c.c. – quale elemento essenziale della fattispecie, oggettiva, di responsabilità extracontrattuale ivi disciplinata – è necessario, ma non sufficiente che sussista un’astratta “competenza” giuridica sulla res, giacchè a siffatta relazione giuridica, che è titolo di attribuzione di un “potere di governo” su di essa, deve corrispondere una disponibilità materiale o di fatto della cosa medesima, tale da rendere attuale e diretto l’anzidetto “potere”.

Ed è proprio siffatta complessiva situazione (che, in quanto tale, radica di per sè il carattere oggettivo del titolo di responsabilità, senza che abbia rilievo alcuno il comportamento, diligente o meno, del custode) che giustifica il criterio di imputazione della responsabilità stessa, in quanto essa implica, ex ante, il dovere, giuridico, di impedire che la cosa stessa non arrechi danni a terzi.

1.3. – Nella specie, la Corte territoriale ha ritenuto GSE quale custode, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2051 c.c., del traliccio “22”, assumendo che tale qualifica era desumibile dal D.Lgs. n. 79 del 1999, artt. 3 e 13 in forza dei quali si evinceva un coinvolgimento di detta società nell’attività di verifica e manutenzione della linea svolta da Terna S.p.A., essendo “ad essa demandata la deliberazione degli interventi, eseguibili materialmente da Terna”, là dove una siffatta decisione presupponeva “necessariamente un riscontro tecnico e di fatto, quindi una verifica delle singole situazioni da affrontare”, avendo, quindi, la stessa GSE “una competenza sulla “sicurezza” degli impianti e quindi su tutte le attività prodromiche al raggiungimento di tale obiettivo”.

Alla luce dei rilievi che precedono e del quadro normativo di cui appresso si darà conto, tale decisione è errata, mancando di rapportare correttamente i principi giuridici sul rapporto di custodia ex art. 2051 c.c. all’interpretazione della disciplina settoriale, peraltro indagata solo parzialmente, trascurando ambiti, rilevanti, suscettibili di essere direttamente conosciuti dal giudice di merito in forza del principio jura novit curia (retto dal combinato disposto di cui all’art. 113 c.p.c. e art. 1disp. gen.), la cui forza espansiva si arresta soltanto dinanzi a fonti, giuridiche, non aventi valore normativo, come gli atti di autonomia privata o, per quanto specificamente interessa in questa sede, gli atti amministrativi e quelli aventi forza normativa puramente interna, come gli statuti degli enti e i regolamenti interni (Cass., 20 luglio 2007, n. 16089; Cass., 13 dicembre 2011, n. 2011; Cass., 2 luglio 2014, n. 15065).

Principio, quello di conoscibilità d’ufficio delle fonti normative, primarie e secondarie, che opera anche nell’ambito del giudizio di legittimità e che consente alla Corte di cassazione di ampliare lo spettro di indagine sulla normativa direttamente implicata dalla censura mossa con il ricorso, in coerenza con il suo effettivo orientamento e sostanza, senza, quindi, impingere su questioni non formanti oggetto del giudizio di merito e non rilevabili d’ufficio (cfr., in un’ottica non dissimile, Cass., 25 febbraio 2014, n. 4439, ma anche Cass., 14 febbraio 2014, n. 3437).

1.3.1. – In tale prospettiva occorre ricordare che la potestà regolamentare, in quanto potestà di normazione secondaria rispetto a quella legislativa (diversamente da quella amministrativa, anche generale, diretta alla cura concreta di interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti di una pluralità di destinatari determinati o determinabili), si esprime, sul piano del contenuto sostanziale, come disciplina in astratto di tipi di rapporti giuridici che sia attuativa o integrativa della legge, ma, del pari, innovativa rispetto all’ordinamento giuridico esistente, attraverso precetti che esibiscono, quindi, i caratteri della generalità e dell’astrattezza, intesi essenzialmente come ripetibilità nel tempo dell’applicazione delle norme e non determinabilità dei soggetti cui si riferiscono. Ed è proprio in forza di detti caratteri che la normazione secondaria è riconoscibile come tale, anche a prescindere, dunque, dalla veste formale assunta o dall’iter procedimentale seguito (per i regolamenti ministeriali quello dettato dalla L. n. 400 del 1988, artt. 3 e 13), la deviazione dal quale porrebbe problemi di validità dell’atto, ma non incide sulla sua natura (tra le molte, Cass., sez. un., 28 novembre 1994, n. 10124; Cass., 22 febbraio 2000, n. 1972; Cass., 5 marzo 2007, n. 5062).

1.3.2. – Nell’ambito del servizio di pubblica utilità dell’energia elettrica, la disciplina complessiva (più avanti ci si soffermerà su quella che direttamente rileva ai fini della decisione) è dettata in base ad una ampia tipologia di fonti (a partire dalla fonte “comunitaria”), tra cui anche quelle ascrivibili alla potestà regolamentare dell’esecutivo, quale normazione secondaria in attuazione ed integrazione dei precetti della legislazione primaria, che ne abilitano espressamente l’intervento.

Si tratta, in particolare, di quella decretazione ministeriale (specificamente richiamata nel prosieguo), oggetto anche di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che, attraverso prescrizioni generali di indirizzo e/o l’individuazione di criteri direttivi della disciplina uniforme (non solo sotto il profilo contenutistico, ma anche spaziale) di determinati rapporti giuridici funzionali alla gestione del servizio di pubblica utilità (prescrizioni e criteri che si pongono a monte di ulteriore attività amministrativa provvedimentale), è volta finalisticamente alla salvaguardia della sicurezza, dell’efficienza e della manutenzione della rete elettrica, in vista della continuità del servizio universale e, quindi, nell’interesse degli stessi consumatori finali.

Del resto, la “rete elettrica”, nella sua peculiare struttura e destinazione (analogamente alle altre “reti” per la gestione ed erogazione di servizi di pubblica utilità: ad es. gas, trasporto ferroviario, comunicazioni elettroniche), si palesa come peculiare fattore materiale indispensabile per lo svolgimento del servizio e, quindi, viene a costituire un bene giuridico che, sebbene di natura privatistica e inserito in un mercato liberalizzato, esibisce uno statuto proprietario il cui regime è comunque in parte conformato secondo la finalità di interesse generale e della collettività che è destinata a realizzare, concorrendo a tale conformazione, come detto, anche la potestà regolamentare dell’esecutivo in guisa di normazione secondaria, nel rispetto del principio di legalità.

1.3.3. – Sicchè, l’affermazione, invero poco chiara, che si rinviene a p. 26 della sentenza di appello, ove si accenna all’assenza in atti delle “”convenzioni” che disciplinerebbero la procedura tipo per la manutenzione degli impianti”; trattandosi di mere asserzioni difensive di parte non riscontrate”, risulta censurabile se (diversamente dalle singole convenzioni) la Corte territoriale abbia inteso riferirsi allo schema “tipo” delle convenzioni stesse (su cui si dirà appresso), riconducibile, invece, al potere normativo secondario della p.a. nel settore in esame, dalla stessa legge previsto e circoscritto.

1.4. – Ciò posto, va osservato che, con il D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, emanato in attuazione della direttiva 96/92/CE (“recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica”), si è provveduto (art. 1) alla prima liberalizzazione del mercato elettrico, quanto alle attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica, mentre sono state riservate allo Stato le attività di trasmissione (ossia “l’attività di trasporto e trasformazione dell’energia elettrica sulla rete interconnessa ad alta tensione ai fini della consegna ai clienti, ai distributori e ai destinatari dell’energia autoprodotta”: art. 2, comma 24) e dispacciamento (cioè “l’attività diretta ad impartire disposizioni per l’utilizzazione e l’esercizio coordinati degli impianti di produzione, della rete di trasmissione e dei servizi ausiliari”: art. 2, comma 10), con attribuzione in concessione “al gestore della rete di trasmissione nazionale di cui all’art. 3”, così come l’attività di distribuzione dell’energia elettrica (cioè “il trasporto e la trasformazione di energia elettrica su reti di distribuzione a media e bassa tensione per le consegne ai clienti finali”: art. 2, comma 14), che è svolta anch’essa in regime di concessione ministeriale.

In base all’assetto ed alla distribuzione di competenze segnato dalla disciplina del citato D.Lgs. n. 79 del 1999 in vigore all’epoca del fatto illecito per cui è controversia (18/28 novembre 2002) e, dunque, nella sua originaria formulazione (assetto e distribuzione poi radicalmente mutati a seguito della modifica del D.Lgs. n. 79 del 1999 recata dal D.L. n. 239 del 2003, art. 1 ter nel testo integrato dalla Legge di conversione n. 290 del 2003, che ha previsto l’unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione), l’esercizio delle attività di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica, compresa la gestione unificata della rete di trasmissione nazionale, è stata affidata al “gestore della rete di trasmissione nazionale” (art. 3, comma 1).

Tra i compiti attribuiti al “gestore” dallo stesso art. 3, comma 2 (“gestisce i flussi di energia, i relativi dispositivi di interconnessione ed i servizi ausiliari necessari; garantisce l’adempimento di ogni altro obbligo volto ad assicurare la sicurezza, l’affidabilità, l’efficienza e il minor costo del servizio e degli approvvigionamenti; gestisce la rete senza discriminazione di utenti o categorie di utenti…”) rileva, segnatamente, quello per cui esso “delibera gli interventi di manutenzione e di sviluppo della rete, a carico delle società di cui al comma 8, in modo da assicurare la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti, nonchè lo sviluppo della rete medesima nel rispetto degli indirizzi del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato”.

Per lo svolgimento delle attività e dei compiti anzidetti, il D.Lgs. n. 79 del 1999 ha previsto (art. 3, comma 4) che l’ENEL S.p.A. (soggetto su cui le medesime attività e compiti erano sino allora concentrati) costituisca (nel termine di 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto) “una società per azioni cui conferisce, entro i successivi sessanta giorni, tutti i beni, eccettuata la proprietà delle reti, i rapporti giuridici inerenti all’attività del gestore stesso…”.

Tale società – come è pacifico tra le parti – è stata costituita con denominazione “Gestore della rete di trasmissione nazionale S.p.a.” (GRTN).

In capo a GRTN è stata, quindi, affidata la concessione delle attività di trasmissione e dispacciamento (art. 1, comma 1, e art. 3, comma 5), disciplinata con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato.

Al contempo, lo stesso D.Lgs. n. 79 del 1999 ha stabilito (art. 13) che l’ENEL S.p.A. costituisca “società separate” per lo svolgimento di talune attività (assumendone lo stesso Ente “le funzioni di indirizzo strategico e di coordinamento”) e, tra queste, “l’esercizio dei diritti di proprietà della rete di trasmissione comprensiva delle linee di trasporto e delle stazioni di trasformazione dell’energia elettrica e le connesse attività di manutenzione e sviluppo decise dal gestore ai sensi dell’articolo 3, comma 2” (comma 2, lett. d), con relativo conferimento di “tutti i beni e rapporti giuridici relativi all’oggetto della loro attività” (comma 3).

A tal fine è stata costituita Terna S.p.a., cui – come è pacificamente acclarato in giudizio – è stata, per l’appunto, “affidata la proprietà delle rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica” (così p. 27 della memoria ex art. 378 c.p.c. Terna, ma, del pari, il ricorso della medesima società a p. 17).

Ciò in consonanza con quanto già stabilito dallo stesso D.Lgs. n. 79, art. 3, comma 7, per cui, a fronte della determinazione ministeriale dell’ambito delle rete di trasmissione nazionale, comprensiva delle reti di tensione uguale o superiore a 220 kV e delle parti di rete, aventi tensioni comprese tra 120 e 220 kV”, doveva seguire, nel breve termine di trenta giorni, la costituzione di una o più società di capitali, cui trasferire beni e rapporti giuridici relativi alla trasmissione di energia elettrica, da parte dei “proprietari di tale rete, o coloro che ne hanno comunque la disponibilità”.

La divaricazione tra la gestione delle attività di trasmissione e dispacciamento in capo a GRTN e la proprietà della rete di trasmissione, o porzioni di essa, emerge, altresì, dallo stesso art. 3 citato, comma 6 là dove si stabilisce che “In nessun caso possono essere riconosciuti ai proprietari di porzioni della rete di trasmissione nazionale, o a coloro che ne abbiano la disponibilità, diritti di esclusiva o di priorità o condizioni di maggior favore di alcun tipo nell’utilizzo della stessa”.

Ma detta divaricazione si palesa ancor più evidente con il successivo comma 8, che prevede la stipula, da parte di GRTN, di “convenzioni, anche con le società che dispongono delle reti di trasmissione, per disciplinare gli interventi di manutenzione e di sviluppo della rete e dei dispositivi di interconnessione con altre reti”.

Tali convenzioni devono conformarsi “ad una convenzione tipo” – disciplinata normativamente con decreto ministeriale (nella specie, il D.M. 22 dicembre 2000, pubblicato in G.U. n. 15 del 2001, S.O.), al fine di dettare la regolamentazione generale di riferimento per tutti i rapporti giuridici futuri ad essa riconducibili – la quale, secondo i criteri enucleati dallo stesso comma 8, deve prevedere, segnatamente, “la competenza del gestore ad assumere le decisioni in materia di manutenzione, gestione e sviluppo della rete” e le “modalità di accertamento di disfunzioni ed inadempimenti e la determinazione delle conseguenti sanzioni, della possibilità di interventi sostitutivi e di eventuali indennizzi alle parti lese”.

La “convenzione tipo” distingue, anzitutto, gli obblighi di GRTN (art. 5) e quelli delle “società che hanno la proprietà o la disponibilità di una rete elettrica” (cd. “Titolare”: art. 6) in riferimento alla “Gestione ed esercizio della porzione di rete”, facendo gravare su quest’ultimo, proprietario o soggetto che è nella disponibilità della rete, la responsabilità “dell’esercizio degli impianti compresi nella porzione della Rete, in attuazione delle decisioni assunte dal Gestore” (comma 1).

Il Titolare deve, quindi, concordare con GRTN i tempi occorrenti per l’eliminazione dei “guasti che interessano singoli elementi della Rete,… o comunque la presenza sul posto del proprio personale di pronto intervento” (comma 6), essendo lo stesso “Titolare… responsabile dei danni causati nell’esercizio degli impianti, ad eccezione dei casi previsti al precedente art. 5, comma 9” (comma 9), ovvero dei danni “eventualmente causati agli impianti del Titolare dalla violazione, imputabile allo stesso Gestore, delle disposizioni in materia di correnti e di tensioni limite di funzionamento…, ovvero dei vincoli di funzionamento…” (così art. 5, comma 9, citato).

La “convenzione tipo” disciplina poi i profili della “Manutenzione degli impianti” (artt. 8 e 9) e quelli dei “Controlli e informazioni” (artt. 12-15).

Quanto ai primi (art. 8), GRTN “decide gli interventi di manutenzione sulla base della proposta di piano annuale di manutenzione elaborata dal Titolare di cui al successivo art. 9, comma 1”, potendo, in caso di disfunzioni, “svolgere gli accertamenti finalizzati a verificare che la manutenzione sia stata effettuata secondo le procedure”.

Dal canto suo, il Titolare (art. 9) “predispone annualmente una proposta di piano annuale di manutenzione”, contenente “la descrizione sintetica, con l’indicazione dei tempi di esecuzione, degli interventi di manutenzione ordinaria e di manutenzione straordinaria”.

L’attività del Titolare, e dunque anche quella di “manutenzione”, è soggetta a “controlli” da parte di GRTN (art. 12), nei cui confronti lo stesso Titolare ha pregnanti obblighi di informativa per la più efficace ed efficiente gestione della rete (art. 14).

Al fine di rendere effettivi i controlli, “il Gestore, previa richiesta inoltrata al Titolare con congruo preavviso, può accedere agli impianti facenti parte della porzione della Rete congiuntamente al personale addetto agli impianti medesimi” (art. 15, comma 2).

1.5. – Da quanto evidenziato si evince che GRTN, rispetto alla rete, intesa come res (nella specie, il “traliccio 22”), si pone come intermediario ai fini del relativo uso, conservazione e (soprattutto) manutenzione, tali poteri/doveri – e, in definitiva, il “potere di governo” sulla “cosa” – essendo, giuridicamente e materialmente, esercitati in via immediata e diretta da Terna, proprietaria della rete stessa, che predispone il piano di manutenzione annuale, che realizza gli interventi manutentivi da essa stessa programmati e, poi, decisi da GRTN e che, inoltre, ha anche la facoltà di escludere non solo i terzi dal “contatto” con la “rete”, ma lo stesso Gestore, il quale non può accedere autonomamente agli impianti, ma soltanto sotto la supervisione e la presenza del “Titolare”.

L’attività a tal fine esercitata da GRTN è, dunque, di carattere regolativo, anche puntuale, e poi di controllo sull’operato del “Titolare”, siccome volta a mantenere intatta la sicurezza e l’efficienza del servizio elettrico esercitato tramite la rete, ma, in quanto tale, non può, per l’appunto, configurare, in riferimento alla rete stessa (e, nel caso in esame, al “traliccio 22”), un “rapporto di custodia” ai sensi e per gli effetti della responsabilità civile di cui all’art. 2051 c.c., non assumendo GRTN quella peculiare posizione connotata dal binomio della disponibilità giuridica e materiale della res, che ne consente il governo nei termini anzidetti.

La posizione di GRTN, come innanzi caratterizzata, è tale, semmai, da poter attivare una responsabilità aquiliana ai sensi dell’art. 2043 c.c., là dove si vengano a determinare omissioni o carenze nel controllo e/o vigilanza sull’operato del “Titolare” della rete o colpevoli errori nell’assunzione delle decisioni in materia di manutenzione, gestione e sviluppo della rete stessa.

1.6. – Ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto:

“ai fini del rapporto di custodia rilevante ai sensi dell’art. 2051 c.c., è necessario che all’astratta “competenza” giuridica sulla res – quale titolo di attribuzione del “potere di governo” sulla cosa medesima (ossia, il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con essa) – corrisponda una disponibilità materiale o di fatto della stessa res, tale da rendere attuale e diretto l’anzidetto “potere” su di essa. Ne consegue che, in base all’assetto e alla distribuzione di competenze delineato dalla disciplina originaria recata dal D.Lgs. n. 79 del 1999 (e dalla normativa regolamentare dettata in attuazione dello stesso decreto) nel settore dell’energia elettrica, custode della “rete elettrica”, ai fini dell’applicazione dell’art. 2051 c.c., deve ritenersi il “Titolare” della rete stessa (nella specie, Terna S.p.A. rispetto al traliccio “22”) – ossia il proprietario che provvede in via immediata e diretta all’uso, conservazione e manutenzione della rete medesima -, e non già il Gestore della rete (nella specie, GRTN S.p.A., poi GSE S.p.A.), che non ha un potere diretto e attuale di governo della cosa, ma solo un potere, anche puntuale, di regolazione e controllo sull’operato del “Titolare”, il cui cattivo esercizio potrebbe, eventualmente, dar luogo ad una responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c..”.

2. – Con il primo mezzo del ricorso incidentale di Terna S.p.A. è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. “prima parte” e del R.D. 25 luglio 1904, n. 523, art. 2.

La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto Terna (unitamente a GSE) quale custode non solo delle “cose”, ovvero del traliccio in particolare e della linea elettrica in generale, ma anche dell’habitat circostante, ossia dell’alveo e della sponda del torrente (OMISSIS) nel cui greto detto traliccio era stato collocato, là dove il crollo del traliccio medesimo si era verificato non per problemi relativi alla sicurezza e stabilità della struttura, ma proprio per gli imprevedibili fenomeni atmosferici (precipitazioni) che avevano danneggiato la sponda e l’alveo del (OMISSIS), rispetto ai quali – sponda ed alveo – Terna (e GSE) non aveva(no) “nè le competenze tecniche, nè le informazioni specifiche, nè il potere/dovere giuridico di agire” su di essi, giacchè “tale ruolo e tali compiti erano e sono ancora attribuiti a soggetti diversi competenti per legge in materia di tutela idrogeologica e di polizia idraulica”.

2.1. – Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

E’ inammissibile là dove la doglianza è volta ad accreditare una decisione fondata su una ratio decidendi – quella della sussistenza, in capo (per quanto interessa) a Terna, del rapporto di custodia anche sull’habitat circostante il traliccio elettrico che ha cagionato il danno lamentato dalla società attrice – che non è dato cogliere secondo una lettura coerente dell’impianto argomentativo che sorregge la sentenza impugnata.

La Corte territoriale, infatti, con accertamento fattuale di sua esclusiva pertinenza (segnatamente, pp. 15/20 della sentenza impugnata), ha accertato la responsabilità civile di Terna, ex art. 2051 c.c., in quanto custode dell’elemento componente dell’elettrodotto, apprezzando come fattore causativo del danno la peculiare collocazione del traliccio in un determinato sito, ossia quello dell’alveo torrentizio dal terreno erodibile.

Dunque, il convincimento del giudice del merito poggia sull’individuazione di un rapporto di custodia concernente la res “traliccio”, per il suo posizionamento (“collocazione”: pp. 19/20 della sentenza di appello) in un’area a rischio idrogeologico, e non già sul rapporto di custodia riguardante tale area, essendo il primo rapporto quello al quale ineriva il “potere di governo” sulla cosa, a giustificazione, ex ante rispetto all’evento lesivo, della possibilità di adozione di misure incidenti direttamente sulla medesima res e volte ad evitare l’evento stesso.

E’, poi, infondato il profilo di censura con cui si intende comunque addebitare la responsabilità del sinistro in capo agli enti preposti alla custodia dell’habitat circostante il traliccio (la sponda e l’alveo del torrente (OMISSIS)), essendo a tal fine corretto il rilievo della Corte territoriale secondo cui il difetto di vigilanza e le omissioni informative da parte di detti enti (ove mai fossero stati configurabili, giacchè non riscontrati in fatto) rappresentavano circostanze ininfluenti “sugli obblighi manutentivi gravanti sul custode della struttura” (p. 20 sentenza di appello) e, dunque, non elidenti la responsabilità civile (anche, in ipotesi, solo concorrente) di Terna ai sensi dell’art. 2051 c.c..

3. – Con il secondo mezzo dello stesso ricorso incidentale è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c.”seconda parte”.

La Corte territoriale avrebbe errato là dove ha escluso il caso fortuito rispetto all’evento di danno verificatosi, non avendo tenuto nella giusta considerazione, ai fini del carattere di imprevedibilità e inevitabilità di detto evento, l’eccezionalità e l’imprevedibilità delle piogge che hanno determinato la piena del torrente ed il repentino spostamento dell’alveo, cui è conseguito il cedimento del traliccio, nè il fatto che alcuna denuncia o segnalazione di rischio idrogeologico fosse pervenuta a Terna.

3.1. – Il motivo è inammissibile.

3.1.1. – Giova anzitutto ribadire, alla luce della giurisprudenza in precedenza richiamata (p. 1.2.; cfr. anche Cass., 18 settembre 2015, n. 18317), che il limite alla responsabilità ex art. 2051 c.c. risiede nell’intervento del caso fortuito, ossia di un evento a carattere eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma alle modalità di causazione del danno stesso; un fattore che, quindi, concerne il profilo causale, in quanto suscettibile di una valutazione che consenta di riconoscere all’elemento esterno, anzichè alla cosa custodita, il danno concretamente verificatosi.

Sicchè, in base all’art. 2051 c.c., compete al danneggiato provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo; il danneggiante (custode), per liberarsi, è tenuto a provare l’esistenza di detto fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale.

L’accertamento sul caso fortuito, che, come detto, riguarda il profilo del rapporto di causalità rilevante ai fini dell’addebito di responsabilità oggettiva del custode, involge valutazioni di fatto riservate al giudice del merito (e tali sono anche quelle concernenti nello specifico del thema decidendum – l’accertamento sull’intensità ed eccezionalità delle precipitazioni piovose, quali fenomeni da verificare in concreto anche in base alla loro specifica localizzazione territoriale: cfr. Cass., 21 gennaio 1987, n. 522 e Cass., 24 marzo 2016, n. 5877), il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se non – alla stregua del vigente art. 360 c.p.c. n. 5, applicabile ratione temporis al presente giudizio di legittimità – in ragione di un omesso esame di fatti storici decisivi e oggetto di discussione tra le parti, alla cui nozione non è dato ricondurre, di per sè, l’omessa valutazione di elementi probatori (tra le molte, Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053).

3.1.2. – Nella specie, la Corte territoriale (p. 13 e ss. della sentenza impugnata), ha escluso il carattere di imprevedibilità ed eccezionalità dell’evento dannoso sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata in corso di giudizio, osservando – anche a confutazione delle critiche di parte convenuta – che, stante la collocazione del traliccio nel greto del torrente (OMISSIS), esso era posizionato nella fascia alluvionale entro la quale il torrente stesso poteva incidere, precisando, altresì, che il (OMISSIS) era storicamente conosciuto per la violenza delle sue alluvioni. Il giudice di appello ha, quindi, evidenziato che il progressivo spostamento dell’alveo del torrente verso la destra idrografica (ove si trovava il “traliccio 22”) era un dato sufficiente per poter considerare la collocazione della struttura in una zona a rischio, là dove, poi, l’erosione della sponda dell’alveo naturale del torrente era un fenomeno ben riconoscibile all’epoca dei fatti di causa, data la sua progressiva evoluzione.

A fronte di tale accertamento in fatto, le critiche di Terna S.p.A., lungi dall’evidenziare errori giuridici nel giudizio di sussunzione della fattispecie materiale in quella legale di riferimento (invero, non commessi dalla Corte territoriale), si appuntano (inammissibilmente) sull’apprezzamento fattuale riservato al giudice del merito in punto di rilevanza eziologica dell’evento costituente “caso fortuito”, senza, peraltro, che venga neppure dedotto un vizio scrutinabile ai sensi del citato art. 360 c.p.c., n. 5.

4. – Va, dunque, accolto il ricorso principale di GSE S.p.A. e rigettato il ricorso incidentale di Terna S.p.A.

La sentenza impugnata deve essere cassata unicamente in relazione all’accoglimento anzidetto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto (per essere stata esclusa la configurabilità stessa in capo a GSE della qualità di custode ex art. 2051 c.c. del “traliccio 22”), la causa può essere decisa nel merito, senza doversi provvedere ad un rinvio al giudice di appello.

Ciò in quanto, sebbene dalla stessa narrativa della sentenza impugnata risulti che, in primo grado, Primerio Energia S.p.A. abbia proposto domanda di danni anche ai sensi degli artt. 2050 e 2043 c.c., dalla medesima sentenza (non solo dalla narrativa, ma anche dalla conclusioni ivi trascritte) non risulta, invece, che (seppure senza necessità di appello incidentale: cfr., tra le altre, Cass., sez. un., 19 aprile 2016, n. 7700) su dette domande la società abbia insistito in sede di gravame.

Nè Primerio Energia S.p.A. ha evidenziato in questa sede, tramite il controricorso (e neppure con la memoria ex art. 378 c.p.c.), di aver provveduto a riproporre in appello, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., le domande anzidette (fondate su titoli diversi da quello di cui all’art. 2051 c.c.), così da doversi reputare – in difetto di ogni deduzione di parte (che avrebbe dovuto poi essere supportata da idonea localizzazione processuale, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) – che, al riguardo, vi sia stata rinuncia.

Va, dunque, rigettata la domanda risarcitoria proposta da Primerio Energia S.p.A. contro GSE S.p.A.

In ragione della reiezione del ricorso incidentale e dell’assenza di ogni impugnazione da parte della chiamata in causa, restano, dunque, fermi il rigetto dell’appello di Terna S.p.A. in ordine alla accertata responsabilità civile e alla conseguente condanna per il danno cagionato, nonchè la condanna della Società Cattolica di Assicurazione Coop. A r.l. a tenere indenne Terna di quanto corrisposto a Primerio Energia S.p.A. per le statuizioni di condanna in favore di quest’ultima società; così come restano ferme le statuizioni sulle spese processuali di primo e secondo grado relativamente alle posizioni di Terna (singolarmente e non solidalmente) e della Società Cattolica di Assicurazione.

5. – La novità e complessità della quaestio iuris è giusto motivo (trovando nella specie applicazione, ratione temporis, l’art. 92 c.p.c. nella formulazione novellata dalla L. n. 263 del 2005 e successive modifiche, essendo stato il giudizio originariamente introdotto con citazione notificata nel marzo 2006, dopo il 1 marzo) di compensazione integrale delle spese di lite, di entrambi i giudizi di merito e del presente giudizio di legittimità, tra GSE S.p.A. e tutte le altre parti.

Terna S.p.A. e la Società Cattolica di Assicurazione Coop a r.l. (che ha assunto in questa sede una posizione difensiva convergente a quella della propria assicurata) vanno condannate, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di Primerio Energia S.p.A., come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014 e con distrazione al difensore ex art. 93 c.p.c..

L’anzidetta convergenza di posizioni tra Terna e la Società Cattolica di Assicurazione costituisce giusto motivo per compensare integralmente le spese del giudizio di legittimità tra dette parti.

PQM

 

accoglie il ricorso principale di GSE S.p.A. e rigetta il ricorso incidentale di Terna S.p.A.;

cassa la sentenza impugnata in relazione al solo ricorso accolto e, decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda risarcitoria proposta da Primerio Energia S.p.A. contro GSE S.p.A.;

compensa interamente le spese processuali del primo e secondo grado e del giudizio di legittimità tra GSE S.p.A. e tutte le altre parti in causa;

condanna Terna S.p.A. e la Società Cattolica di Assicurazione Coop a r.l., in solido tra loro, pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di Primerio Energia S.p.A., che liquida in Euro 10.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. Sergio Calvetti;

compensa interamente le spese del giudizio di legittimità tra Terna S.p.A. e la Società Cattolica di Assicurazione Coop a r.l.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di Terna S.p.A., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 15 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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