Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22831 del 12/09/2019
Cassazione civile sez. I, 12/09/2019, (ud. 30/04/2019, dep. 12/09/2019), n.22831
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15242/2014 proposto da:
A.G., A.S., B.I.G.,
B.T., Bo.Ca. quali eredi di Ar.Gi.,
elettivamente domiciliati in Roma V. Ugo De Carolis 87 presso lo
studio dell’avvocato Ielo Antonio che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato Panepinto Francesco;
– ricorrente –
contro
Istituto Autonomo Case Popolari Provincia Caltanissetta,
elettivamente domiciliato in Caltanissetta Via L. Rizzo 14, presso
l’Ufficio legale dell’Istituto rappresentato e difeso dall’Avv.to
Sante Scaglione in virtù di procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 134/2013 della CORTE D’APPELLO di
CALTANISSETTA, depositata il 03/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
30/04/2019 dal Dott. MELONI MARINA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 54, i ricorrenti proposero opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione determinata nel corso del procedimento espropriativo D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 22 bis, avente ad oggetto il terreno esteso mq. 215 e sito in (OMISSIS) destinato all’esecuzione dei lavori di completamento della (OMISSIS). La Corte di Appello di Caltanissetta, previo espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza in data 3/6/2013, rigettò l’opposizione alla stima dei ricorrenti ritenendo che l’area non fosse edificabile con riferimento alla destinazione urbanistica.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta i ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi più memoria. Lo IACP della provincia di Caltanissetta ha resistito con controricorso e memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697,2699 e 2733 c.c.; artt. 112 e 115,116 e 167 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Caltanissetta ha ritenuto non edificabile l’area sebbene la natura edificabile non fosse in contestazione tra le parti.
Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 834 c.c.; L. n. 10 del 1977, art. 4; L. n. 2359 del 1865, art. 39, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la Corte di Appello di Caltanissetta ha ritenuto corretto valutare l’area espropriata sulla base della destinazione urbanistica di area non edificabile mentre, al contrario, trattavasi di area edificabile non potendo tenersi conto delle varianti (cosidette attuative) apportate al piano generale allo specifico scopo di realizzare l’opera che viene contestualmente approvata.
Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 834 c.c.; L. n. 10 del 1977, art. 4; L. n. 2359 del 1865, art. 39; art. 136 Cost., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Caltanissetta ha ritenuto congrua l’offerta dello IACP mentre il valore del fondo espropriato doveva essere determinato senza criteri riduttivi in relazione al suo valore venale effettivo come determinato dal CTU.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
In ordine alla natura edificatoria dell’area in questione, il D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, convertito in L. 8 agosto 1992, n. 359 (oggi art. 32 Testo Unico espropriazioni) stabilisce al comma 3 che per la valutazione della edificabilità delle aree, si devono considerare le possibilità legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.
Questa Corte ha affermato (Cass. 3146/2006), sul solco dell’interpretazione adeguatrice offerta dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 442 del 1993 del D.L. n. 332 del 1992, art. 5 bis, comma 3, conv., con modif., in L. n. 359 del 1992 (recepito nel T.U.E. dal D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37) che la ricognizione della qualità edificatoria o meno delle aree, ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione, deve essere operata con riferimento alla data del decreto di esproprio, dovendosi interpretare la formula “al momento dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio”, di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, nel senso della irrilevanza del vincolo espropriativo ai fini della stima del bene. Infatti non si può in ogni caso disporre la “retrodatazione della qualificazione – come edificatoria o agricola – dell’area all’epoca di imposizione del predetto vincolo, soluzione, quest’ultima, che, nel caso di mutamento della destinazione dell’area stessa, sopravvenuta nelle more dell’espropriazione, darebbe luogo ad un indennizzo inficiato da astrattezza, e come tale contrastante con il disposto dell’art. 42 Cost., comma 3” (cfr. Cass. 19128/2006; Cass. 9891/2007; Cass., 8121/2009).
Il ricorrente afferma che contrariamente a quanto deciso dal giudice territoriale, l’area oggetto di causa era destinata a viabilità principale e che il vincolo imposto sull’area non costituisce vincolo conformativo ma vincolo preordinato all’espropriazione.
La Corte di Appello ha autonomamente accertato (Cass. 3191/2017) sulla base della CTU la natura non edificatoria del terreno al momento dell’esproprio con motivazione esauriente e priva di vizi logici.
Infatti si legge nella sentenza impugnata che l’area in questione non ha mai avuto destinazione edificatoria essendo fin dall’origine destinata a zone per centri direzionali di settore e di quartiere (Cass. 2016/19193). Nel rispetto di tale destinazione è stato redatto il piano particolareggiato che ha previsto l’edificazione della (OMISSIS) e la sistemazione dell’area ad opere pertinenziali tra le quali la strada. Deve pertanto essere confermata la sentenza della Corte territoriale che ha quindi escluso la qualità edificatoria del terreno e ritenuto congrua l’indennità offerta dallo IACP in base ai valori di mercato all’epoca vigenti.
Il ricorso deve essere respinto con condanna alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio in favore della controricorrente che si liquidano in Euro 5,200,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 30 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2019