Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22829 del 12/09/2019

Cassazione civile sez. I, 12/09/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 12/09/2019), n.22829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23094/2016 proposto da:

Poste Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, V.le Europa 175, presso

lo studio dell’avvocato Pistilli Paola che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Unicredit S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, V.le B. Buozzi 77, presso lo

studio dell’avvocato Tornabuoni Filippo, che la rappresenta e

difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

Generali Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Giuseppe Ferrari 12,

presso lo studio dell’avvocato Fava Fabio, che la rappresenta e

difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5115/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/04/2019 dal Dott. SOLAINI LUCA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato Pistilli per il ricorrente, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito l’Avvocato Tornabuoni per il controricorrente Unicredit S.p.a.,

che ha chiesto il rigetto;

udito l’Avvocato Garroni Filippo con delega orale, per il

controricorrente Generali S.p.a., che ha chiesto il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ina Assitalia S.p.A. (oggi Generali SPA) convenne in giudizio davanti al Tribunale di Roma, Poste Italiane spa ed Unicredit Banca chiedendone la condanna al risarcimento dei danni a seguito dell’erronea negoziazione di un assegno non trasferibile emesso dall’attrice su un conto corrente acceso presso Unicredit spa, in favore di O.G. che, tuttavia, aveva comunicato di non averlo ricevuto e che era risultato invece essere stato negoziato da Poste Italiane spa in favore di persona diversa dal beneficiario.

Ina Assitalia spa precisò di essere stata costretta a reiterare il pagamento in favore del legittimo beneficiario, chiese, quindi, la condanna di entrambe le convenute al pagamento di Euro 5.676,89, oltre accessori, pari alla somma di cui era stata costretta a reiterare il pagamento.

Nella resistenza delle parti evocate in giudizio, il Tribunale rigettò la domanda, non ravvisando alcuna responsabilità a loro carico, alla luce della disciplina di cui all’art. 1176 c.c., comma 2 e art. 1992 c.c., comma 2, secondo cui il debitore che, senza dolo o colpa grave, adempie la prestazione nei confronti del possessore del titolo è liberato anche se questo non è il titolare del diritto.

Ina Assitalia SpA proponeva gravame inizialmente notificato solo a Poste Italiane spa che la Corte di Appello di Roma accoglieva (previa integrazione del contraddittorio, ex art. 332 c.p.c.) con sentenza n. 5115/15 pubblicata il giorno 16.9.2015; la ricorrente ribadiva le proprie richieste ai sensi del R.D. n. 1736 del 1933, art. 43.

A supporto della propria decisione di accoglimento, la Corte d’Appello capitolina, premesso che non vi era domanda nuova solo perchè l’appello era stato rivolto per la sola posizione di Poste Italiane, trattandosi di legittima riduzione e non modificazione della domanda, nel merito accoglieva il gravame di Ina Assitalia spa perchè Poste italiane avere eseguito il pagamento in favore di soggetto non legittimato, con violazione dell’art. 43 Legge Assegni.

Poste Italiane spa ricorre per Cassazione sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria, mentre resistono con controricorso sia Ina Assitalia SpA che Unicredit spa, che ha prodotto memoria, ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 331 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè in primo grado, l’Ina Assitalia spa aveva chiesto la condanna sia di Poste Italiane che di Unicredit Banca, previo accertamento e dichiarazione della responsabilità in via solidale e/o alternativa delle convenute, mentre, nell’atto di appello, la medesima Ina Assitalia aveva individuato soltanto Poste Italiane quale soggetto nei confronti del quale rivolgere le proprie pretese, ampliando inammissibilmente l’originario ambito della domanda e ponendolo a esclusivo carico di Poste Italiane, mentre, la Corte d’Appello avrebbe dovuto pronunciarsi anche nei confronti di Unicredit Banca.

Con il secondo motivo, la società ricorrente prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 43 Legge Assegni, degli artt. 1189,1992 e 1218 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte d’Appello ha applicato la disciplina dell’art. 43 Legge Assegni, che prevede una responsabilità oggettiva della banca negoziatrice in caso di pagamento di assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore, e ciò, al fine di evitare la circolazione dell’assegno, laddove nel caso di specie, l’assegno era stato girato solo per l’incasso (quindi, senza alcuna circolazione dello stesso) da parte di un soggetto apparentemente legittimato sulla base di circostanze univoche, per l’identità cartolare del soggetto legittimato con chi aveva incassato l’assegno, mentre, Poste italiane aveva esercitato tutta la diligenza richiesta, accertando l’identità del richiedente sulla base di un valido documento, verificando l’integrità del titolo e non pagandolo contestualmente ma solo dopo il “passaggio” nella stanza di compensazione.

Con un terzo motivo, la società ricorrente denuncia la violazione del medesimo art. 43 cit. e dell’art. 1176 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte d’Appello non aveva considerato la responsabilità della Unicredit quale banca trattaria, per omessa vigilanza in sede di compensazione, mentre, Poste Italiane aveva verificato l’integrità del titolo presentato in originale (che era stato incassato da un omonimo del beneficiario) ed aveva identificato il presentatore constatandone la legittimazione alla riscossione.

Con un quarto motivo, la società Poste italiane lamenta la violazione del D.P.R. n. 156 del 1983, art. 83, D.M. Comunicazioni 9 aprile 2001 e D.M. Comunicazioni 26 febbraio 2004, artt. 1227,1218,2043 e 2056 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, la Corte d’Appello non avevano considerato la responsabilità sia dell’emittente l’assegno che della banca trattaria in ordine alle modalità di spedizione dell’assegno, effettuato per posta ordinaria e non per posta assicurata indice di negligenza non giustificabile in capo ad operatori professionali.

Con un quinto motivo, la società ricorrente deduce la violazione degli artt. 1227 e 1224 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, i giudici d’appello avevano condannato Poste Italiane al pagamento in favore di Poste Italiane sia della sorte capitale che degli interessi legali che del maggior danno, richiesto ai sensi dell’art. 1224 c.c., nella misura della svalutazione monetaria laddove superiore al tasso legale, in quanto, l’obbligazione pecuniaria, il cui oggetto è una determinata somma di denaro, costituisce debito di valuta, informato al principio nominalistico e non soggetto ad alcuna rivalutazione monetaria.

Il primo motivo è infondato, in quanto, in grado d’appello la domanda non è stata modificata da parte di Ina Assitalia, bensì, soltanto ridotta legittimamente, mediante abbandono di quella originariamente proposta anche nei confronti della banca trattaria (Unicredit SpA).

Il secondo motivo è infondato, in quanto, non è sufficiente la mera corrispondenza del nominativo figurante sul titolo con quello dichiarato dal portatore, per la legittimità dell’incasso dell’assegno, è, invece, necessaria, la corrispondenza del beneficiario del titolo risultante documentalmente dallo stesso -, con la persona fisica di colui che lo presenta (non basta, pertanto, la mera identità cartolare: tra il soggetto che risulta beneficiario del titolo con il soggetto che richiede l’incasso della somma portata dall’assegno).

La ricorrente aggiunge, poi, considerazioni generali sui presupposti della responsabilità della banca negoziatrice ex art. 43 Legge Ass., osservando che questa non sussiste allorchè la banca abbia seguito le dovute cautele ed eseguito i dovuti controlli. Si tratta, però, di considerazioni che restano sul piano generale e non vengono calate nel caso specifico; sicchè non raggiungono il livello di specifiche censure rivolte alla sentenza impugnata e non possono dunque essere prese in considerazione.

Il terzo motivo, è inammissibile, in quanto prospetta un vizio di violazione di legge, attraverso cui la società ricorrente lamenta che la Corte distrettuale non abbia tenuto conto della responsabilità della banca trattaria, per l’omessa vigilanza – in riferimento alla legittimità dell’incasso – in sede di “stanza” di compensazione; ma ciò, basandosi su fatti nuovi (il comportamento negligente della banca trattaria) che non risultano dalla sentenza impugnata, nè la società ricorrente riporta dove e quando abbia introdotto tali circostanze.

Il quarto motivo, è inammissibile, in quanto prospetta un vizio di violazione di legge, attraverso cui la società ricorrente lamenta che la Corte territoriale non abbia considerato la responsabilità sia di Ina Assitalia che di Unicredit spa per avere spedito l’assegno con posta ordinaria anzichè con posta assicurata; ma anche in questo caso, la ricorrente ha prospettato fatti nuovi (la spedizione dell’assegno per posta ordinaria) che non risultano dalla sentenza impugnata, nè la medesima società ricorrente riporta dove e quando abbia introdotto tale circostanza.

Il quinto motivo è infondato.

La società ricorrente lamenta che la condanna al risarcimento del danno contrattuale derivante da svalutazione monetaria, sia illegittima trattandosi di debito di valuta.

Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte “L’obbligazione di risarcimento del danno, sebbene derivante da inadempimento contrattuale, costituisce debito di valore, sicchè deve essere quantificata tenendo conto, anche d’ufficio, della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione” (Cass. n. 13225/16).

Pertanto, nella presente vicenda, trattasi di debito di valore in quanto risarcitorio, e, quindi, suscettibile di rivalutazione (e, ciò perchè non si tratta di un debito originariamente pecuniario, in quanto, inizialmente, la banca non aveva nessun debito nei confronti dell’ente assicuratore).

Le spese di lite seguono la soccombenza nei confronti di entrambe le convenute e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna la società ricorrente a pagare a Generali Italia SpA e Unicredit spa le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 2.000,00 ciascuna, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2019

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