Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22826 del 03/11/2011

Cassazione civile sez. I, 03/11/2011, (ud. 19/10/2011, dep. 03/11/2011), n.22826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19664-2007 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARRA ALFONSO LUIGI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto n. 279/06 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

26/04/06, depositato il 03/07/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. – Con il decreto impugnato la Corte d’appello – adita dal ricorrente allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 in riferimento al giudizio pendente innanzi al TAR Campania dal 24.9.1996 – fissata la ragionevole durata del giudizio in anni tre, ritenuto violato il relativo termine per anni 6 e mesi 7, ha liquidato, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale la somma di Euro 6.580,00, oltre interessi legali, condannando l’Amministrazione convenuta alle spese del giudizio (Euro 350,00).

Per la cassazione di questo decreto parte attrice ha proposto ricorso, affidato a 11 motivi; non ha svolto attività difensiva l’Amministrazione intimata.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.

2.- Con i motivi di ricorso parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001 e Convenzione Europea per i diritti dell’uomo, come interpretata dalla Corte Europea) e relativo vizio di motivazione, lamentando, in estrema sintesi, che la Corte di appello:

a) non ha ritenuto direttamente applicabile la C.E.D.U., sia erroneamente applicando la normativa italiana in contrasto con la C.E.D.U., dimenticando che la L. n. 89 del 2001 costituisce diretta applicazione della C.E.D.U. – specie art. 6 -, sia disattendendo la Giurisprudenza Europea e 1’interpretazione, i parametri dalla stessa enunciati e la relativa elaborazione ermeneutica;

b) non ha tenuto conto del bonus dovuto in ipotesi di cause in materia di lavoro;

c) non ha tenuto conto in sede di liquidazione delle spese dei parametri Europei ai quali doveva adeguarsi;

d) non ha motivato la liquidazione delle spese;

e) ha erroneamente applicato la tariffa professionale, richiamando le voci relative ai procedimenti speciali anzichè quelle relative al processo contenzioso.

3. – Osserva la Corte che tutti i motivi di ricorso – fatta eccezione per le censure in relazione alle spese liquidate – sono manifestamente infondati perchè al) è escluso che le norme disciplinatrici della fattispecie consentano di riconoscere una somma ulteriore arbitrariamente indicata in una data entità, svincolata da qualsiasi parametro e asseritamente dovuta in considerazione dell’oggetto della controversia (Sez. 1, Sentenza n. 9411 del 21/04/2006. Quanto alle spese processuali, invece, effettivamente “il processo camerale per l’equa riparazione del diritto alla ragionevole durata del processo va considerato quale procedimento avente natura contenziosa, nè rientra tra quelli speciali di cui alle tabelle A) e B) allegate al D.M. 8 aprile 2004, n. 127 (rispettivamente voce 50, paragrafo 7 e voce 75, paragrafo 3), per tali dovendo intendersi, ai sensi dell’art. 11 della tariffa allegata al D.M. n. 127 cit., i procedimenti in camera di consiglio ed in genere i procedimenti non contenziosi” (Sez. 1, Sentenza n. 25352 del 17/10/2008). Per contro, la Corte di appello ha espressamente richiamato proprio tali ultime voci della tariffa. In applicazione di tali principi, la considerazione che il decreto ha liquidato le spese in Euro 350,00 esplicitamente richiamando la Tab. A-7^, 50-B e la Tab. B-3^-75 rende palese la fondatezza della censura, dovendo invece applicarsi la Tab.

B-1^ (per i diritti) e la Tab. A-4^ per gli onorari, ovviamente relativamente alle sole voci per le quali è stata documentata l’attività svolta.

Entro questi limiti i mezzi possono essere accolti. Il decreto va quindi cassato limitatamente al capo concernente le spese e la causa decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, mediante la liquidazione delle spese dovute per il giudizio di merito, in applicazione delle regole sopra indicate.

Le spese di legittimità vanno compensate per due terzi, sussistendo giusti motivi, stante il limitato e parziale accoglimento del ricorso.

Le spese vanno liquidate come in dispositivo, con attribuzione al difensore antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato limitatamente al capo concernente le spese e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare le spese della fase di merito che liquida in Euro 600,00 per diritti, Euro 490,00 per onorario e Euro 50 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge, nonchè un terzo delle spese del presente grado (compensata la residua parte), che liquida in complessivi Euro 300,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge, con attribuzione al difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2011

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