Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22823 del 12/08/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/08/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 12/08/2021), n.22823

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19874-2015 proposto da:

COMUNE DI TARANTO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 4, presso lo studio

dell’avvocato GIULIO SIMEONE, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.T.A., F.I.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 111/2015 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZ.

DIST. DI TARANTO, depositata il 18/05/2015 R.G.N. 394/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con sentenza del 18 maggio 2015 numero 111 la Corte d’Appello di Lecce riformava la sentenza del Tribunale di Taranto e, per l’effetto, in accoglimento della domanda proposta da D.T.A. e F.M. – avvocati cassazionisti dipendenti del COMUNE DI TARANTO (in prosieguo: il Comune) – dichiarava la illegittimità della nota del 4 giugno 2009 numero 108 della direzione “Programmazione Finanziaria” del Comune, in forza della quale era stata operata dal giugno 2009 in loro danno la trattenuta di 1/5 dello stipendio.

2. Condannava il Comune alla restituzione delle somme illegittimamente trattenute, maggiorate di accessori.

3. La Corte territoriale esponeva che il thema decidendum, come precisato nelle note depositate nel primo grado, era limitato alla legittimità della procedura posta in essere dal Comune per il recupero di retribuzioni che l’ente assumeva di avere corrisposto indebitamente.

4. Il Tribunale, pur dando atto dei limiti del giudizio e dell’esercizio da parte della amministrazione di un potere privatistico, aveva fatto discendere la legittimità della nota di recupero dalle precedenti delibere adottate dal Comune, in tal modo non rispettando l’oggetto della domanda, che non concerneva il merito ma soltanto le modalità del recupero.

5. Erano fondate le censure dei dipendenti sia quanto alla mancanza del necessario provvedimento esplicito e tipico sia quanto alla violazione delle regole sul bilancio dell’Ente.

6.La nota del 4 giugno 2009 era una comunicazione, destinata ai dipendenti ed ad altri uffici, con la quale il dirigente della “programmazione finanziaria” preannunciava la trattenuta del quinto dello stipendio a partire dal mese in corso; nella stessa comunicazione si affermava che le trattenute non potevano essere effettuate se non a seguito di idoneo provvedimento del dirigente “Risorse Umane”, che questi non intendeva tuttavia adottare.

7.La necessità della urgente adozione di un provvedimento ricognitivo ed analitico, che individuasse con sicurezza ed esattezza le somme da recuperare, era evidenziata dal dirigente della “programmazione finanziaria” anche nella precedente nota del 19 febbraio 2009.

8.Gli interessati erano venuti a conoscenza del quantum da recuperare solo a seguito dell’accesso agli atti; i prospetti di quantificazione del credito non erano stati loro previamente comunicati, sì da consentire eventuali osservazioni.

9.In ogni caso, dall’esame degli atti risultava la mancanza di una delibera del Comune con la quale si disponesse di procedere al recupero delle retribuzioni indebite.

10.Le retribuzioni erano state corrisposte in forza della delibera di Giunta 15 settembre 2004 n. 592- istitutiva dell’avvocatura e del trattamento economico spettante agi avvocati cassazionisti- revocata con delibera del Commissario Straordinario del 17 gennaio 2007 n. 420. Tale delibera si limitava a revocare la precedente previsione della parametrazione del trattamento economico degli avvocati cassazionisti a quello dei dirigenti, senza nulla prevedere per il passato. Non era seguito alcun provvedimento attuativo delle conseguenze della soppressione della Avvocatura, salvo la nota del 4 giugno 2009.

11.Rispetto ai compensi non risultava, da ultimo, che la eventuale violazione della contrattazione collettiva nazionale sulla dirigenza degli Enti locali (artt. 26 e 27) da parte di quella decentrata avesse superato i vincoli finanziari, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, commi 3 e 3 quinquies, sì da dare luogo a nullità con sostituzione automatica delle clausole; anche ove ciò fosse avvenuto, il recupero sarebbe stato illegittimo, in quanto il superamento dei limiti finanziari non era stato accertato dalla competente Sezione Regionale della Corte dei Conti.

12.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il Comune, articolato in due motivi ed illustrato con memoria, cui gli intimati non hanno opposto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo il Comune ha denunciato violazione e falsa applicazione della L. 7 luglio 1990, n. 241, art. 21 octies nonché dell’art. 2033 c.c.. Con ampi richiami alla giurisprudenza amministrativa, si deduce che il recupero delle retribuzioni corrisposte indebitamente al dipendente pubblico ha carattere di doverosità ed è privo di valenza provvedimentale sicché non rilevano le formalità del procedimento e del provvedimento amministrativo. Si invocano, comunque, le previsioni di cui alla L. 7 luglio 1990, n. 241, art. 21 octies, comma 2 sui limiti di annullabilità del provvedimento amministrativo di natura vincolata affetto da vizi procedimentali o di forma e del provvedimento viziato per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

2.Sotto il profilo dell’art. 2033 c.c. si evidenzia la irrilevanza dello stato di buona fede dell’accipiens e la inesistenza di un obbligo di motivazione dell’amministrazione; si aggiunge che le ragioni dell’indebito erano sinteticamente indicate nella nota del 4 giugno 2009 e, comunque, ben note agli interessati- che avevano impugnato davanti al giudice amministrativo i provvedimenti del Commissario prefettizio, risultando soccombenti- oltre che in ragione della precedente corrispondenza, ad essi inviata per conoscenza.

3.Con il secondo mezzo si impugna la sentenza per violazione e falsa applicazione della L. 7 luglio 1990, n. 241, art. 21 octies nonché dell’art. 2033 c.c., per non avere il giudice dell’appello rilevato che il diritto al recupero derivava dalla nullità della delibera di Giunta Comunale del 15.9.2004 n. 592, che aveva attribuito il trattamento economico, in quanto contraria a norme imperative; essa aveva parificato il regime giuridico dei dipendenti, inquadrati come funzionari, a quello dei dirigenti, in mancanza del necessario concorso pubblico.

4.La delibera n. 567 del 23.11.2005 aveva disposto il recupero delle somme; la legittimità di qualsiasi trattamento economico in “parametrazione” era stata esclusa dalle sentenze del TAR Lecce n. 5636 e n. 5637 dell’anno 2006. Da ultimo, erano intervenute le delibere del Commissario Straordinario del 17 gennaio 2007 n. 418 e n. 420 che avevano abrogato il sistema di parametrazione del trattamento retributivo e revocato la delibera di Giunta n. 592/2004.

5.Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, è fondato.

6.La Corte territoriale ha dato atto che l’oggetto del giudizio non riguardava il merito del diritto al recupero ma soltanto le sue modalità.

7. Risultano pertanto svolte ad abundantiam nell’ultima parte della sentenza le valutazioni dubitative circa la nullità delle previsioni che avevano attribuito ai funzionari il trattamento economico dei dirigenti nonché sui modi per accertare un eventuale superamento dei limiti finanziari per la attribuzione in sede decentrata di incrementi economici.

8. Per quanto attiene all’oggetto del giudizio, la Corte di merito ha affermato che il Comune per procedere al recupero delle retribuzioni corrisposte- ancorché indebite- avrebbe dovuto preventivamente adottare una delibera di recupero, delibera che non poteva essere ravvisata nella nota del 4 giugno 2009 numero 108 né si rinveniva in tutta la documentazione in atti.

9.Tale assunto è erroneo.

10.La stessa Corte territoriale non pare dissentire dal rilievo (posto a base della pronuncia di primo grado) della applicabilità nella fattispecie di causa “della ordinaria normativa civilistica, vertendosi in ipotesi di esercizio di un potere privato e dovendosi escludere ogni potere autoritativo” (pagina 4 della sentenza impugnata, in principio); contraddittoriamente ritiene, tuttavia, imprescindibile la adozione di un “provvedimento esplicito e tipico”, evocando categorie proprie del diritto amministrativo.

11. Il fondamento della decisione risiede sul non condivisibile presupposto che il titolo del recupero non possa essere costituito direttamente ed unicamente dal diritto alla ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., norma nella specie applicabile in quanto, come correttamente osservato dal Tribunale, la gestione del rapporto di lavoro subordinato intercorrente tra il Comune ed i suoi funzionari era interamente regolata dalle norme privatistiche, sul punto non derogate dalla disciplina speciale del D.Lgs. n. 165 del 2001.

12. Essendo applicabile la disciplina civilistica, per procedere al recupero dell’indebito il Comune non doveva adottare alcun “provvedimento esplicito e tipico”.

13.Questo primo approdo deve essere coordinato con l’ulteriore principio secondo cui quando tra due soggetti i rispettivi debiti e crediti hanno origine da un unico rapporto, ancorché complesso, non vi è luogo ad una ipotesi di compensazione “propria”, ai sensi degli artt. 1241 c.c. e segg. ma opera il diverso fenomeno della c.d. compensazione “impropria” (o atecnica), il quale si risolve in un mero accertamento contabile del saldo finale di contrapposte partite di dare e avere, con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza (Cassazione civile, sez. VI, 15/12/2020, n. 28469Cassazione civile, sez. II, 17/02/2020, n. 3856; Cassazione civile sez. II, 19/02/2019, n. 4825; Cassazione civile, sez. I, 04/05/2018, n. 10798; Cassazione civile sez. I, 23/03/2017, n. 7474).

14. Tale principio è stato applicato anche nell’ambito del rapporto di lavoro, avendo questa Corte affermato (Cassazione civile sez. lav., 02/03/2009, n. 5024; 26/04/2018, n. 10132; 21/01/2019, n. 1513; 21/05/2019, n. 13647) che l’istituto della compensazione e la relativa normativa codicistica – ivi compreso l’art. 1246 c.c., sui limiti della compensabilità dei crediti – presuppongono l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti e non operano quando essi nascano dal medesimo rapporto, il quale può comportare soltanto una compensazione in senso improprio, ossia un semplice accertamento contabile di dare e avere, come avviene quando debbano accertarsi le spettanze del lavoratore autonomo o subordinato.

15. L’effetto di elisione dei crediti reciproci nascenti dall’unico rapporto opera in via automatica e nell’ambito di regole esclusivamente civilistiche; esso ancora una volta non presuppone l’esercizio di poteri autoritativi o l’adozione di provvedimenti amministrativi.

16. Il recupero unilateralmente disposto dalla amministrazione non è altro che l’esecuzione di detta reciproca elisione, con la detrazione periodica dal credito maturato dai dipendenti per retribuzioni mensili di una quota di quanto da essi dovuto al datore di lavoro per la restituzione dell’indebito.

17. La eventuale insussistenza del credito vantato dal datore di lavoro ex art. 2033 c.c. comporterebbe, in assenza della elisione automatica, un inadempimento del Comune al suo obbligo di pagamento delle retribuzioni. In tale situazione, la tutela del dipendente è affidata all’ordinaria azione di adempimento, previa contestazione della correttezza dell’operata compensazione impropria (e, dunque, della esistenza o della entità del credito di controparte).

18. La Corte territoriale non si è attenuta ai principi indicati, avendo ritenuto la necessità ai fini del recupero di un provvedimento formale.

19. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Lecce in diversa composizione per un nuovo esame della domanda, in applicazione dei principi di diritto sin qui esposti.

20. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, sulle spese del presente grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia -anche per le spese – alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 agosto 2021

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