Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22821 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 29/09/2017, (ud. 11/05/2017, dep.29/09/2017),  n. 22821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4149-2015 proposto da:

G.C.R., considerato domiciliato ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ROBERTA BATELLI giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

ALLIANZ SPA in persona del suo legale rappresentante dott.

C.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 15, presso

lo studio dell’avvocato CARLO TARDELLA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARINA LUPO giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

GI.GI., UNICREDIT SPA, D’ABRAMO ASSICURAZIONI SAS

CA.AD., R.R., CA.MA.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1053/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 20/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/05/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– con la sentenza qui impugnata, pubblicata il 20 giugno 2014, la Corte di Appello di Firenze ha rigettato l’appello proposto da Gi.Ce.Ro. nei confronti del notaio G.G., oltre che degli assicuratori, Allianz S.p.A. e D’Abramo Assicurazioni, nonchè nei confronti di Banca di Roma S.p.A., C.A., R.R. e C.M., avverso la sentenza del Tribunale di Siena depositata il 4 febbraio 2009. Con questa il Tribunale aveva dato atto che era cessata la materia del contendere sulla originaria domanda della Banca di Roma (che aveva transatto col notaio Gi. ed i suoi assicuratori il giudizio risarcitorio introdotto dall’istituto di credito per l’invalidità di un’iscrizione ipotecaria effettuata per il tramite del notaio; questa era relativa alla concessione di ipoteca da parte del G.C., quale terzo datore, in favore dei coniugi Ca.- R., mutuatari dell’istituto di credito, rimasti insolventi, nei cui confronti l’ipoteca si era rivelata inesistente o inefficace in quanto il cognome del terzo datore era risultato indicato in modo errato, con codice fiscale inesistente). Il Tribunale, per quanto ancora qui rileva, aveva affermato che il notaio aveva errato nel non verificare il cognome esatto dei soggetti che avevano stipulato il contratto di mutuo e concesso l’ipoteca (indicando il G.C. come ” C.G.” e riportando un codice fiscale sbagliato); che però i soggetti interessati avevano consapevolmente indotto il notaio in errore ed avevano approfittato dell’errore per chiedere un altro mutuo, in favore del figlio della coppia, C.M. (mutuo, che era stato concesso, con garanzia ipotecaria dello stesso G.C. sul medesimo immobile, indicato come libero da formalità pregiudizievoli e successivamente acquistato da C.M., con un terzo atto a rogito di altro notaio); che il G.C., in particolare, era stato consapevole che il primo dei due atti di concessione di ipoteca, che si andava formando, a rogito del notaio Gi., conteneva un’inversione dei due cognomi, perchè aveva fornito i propri dati alla banca ed era stato presente alla lettura dell’atto da parte del notaio;

– di conseguenza, il Tribunale aveva:

– a) dato atto “che la controversia tra la Banca di Roma ed Dr. Gi.Gi. e l’Allianz Subalpina, nonchè la controversia tra il dr. Gi.Gi. e l’Allianz Subalpina e la D’Abramo Assicurazioni S.p.a. sono cessate per intervenuto accordo transattivo tra le parti”;

-b) dichiarato “la solidale responsabilità extracontrattuale di G.C.R., Ca.Ad., R.R. e Ca.Ma. nei confronti della Banca di Roma e del Notaio Gi. per i fatti di causa”;

-c) condannato ” G.C.R., Ca.Ad., R.R. e Ca.Ma., in solido tra loro, a pagare in favore della Compagnia di Assicurazione Allianz Subalpina S.p.A. surrogatasi nei diritti della Banca di Roma, la somma di Euro 73.336,93, oltre agli interessi legali decorrenti dall’erogazione effettuata dall’assicuratore”;

– d) condannato ” G.C.R. a pagare al notaio Gi. la somma di Euro 4.133,60 (corrispondente alla franchigia nei confronti dell’assicuratore), oltre agli interessi legali decorrenti dal versamento effettuato a favore della Banca di Roma”;

– e) condannato G.C.R., Ca.Ad., R.R. e Ca.Ma., in solido tra loro, a pagare le spese di lite in favore del notaio e della Allianz Subalpina S.p.A.;

– la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado, affermando che “la causa dell’invalidità dell’ipoteca è stata individuata nella circostanza che il cognome del datore fosse stato indicato in modo erroneo: C.G. anzichè G.C.” (pag. 4 della sentenza);

ha ribadito che il notaio, che pur aveva il dovere di accertarsi delle esatte generalità delle parti, era stato indotto in errore dalla bozza formata dalla banca sulla base delle indicazioni erronee degli interessati, tra cui il G.C., “presente all’atto”;

– ha precisato che la circostanza che quest’ultimo, pochi mesi dopo, avesse preso parte ad un nuovo atto dichiarando che sul medesimo immobile non esistevano iscrizioni pregiudizievoli, era da intendersi come condotta idonea “a suffragare il convincimento che l’odierno appellante fosse ben consapevole di ciò che faceva e delle conseguenze derivanti dalla sua omissione, che merita dunque di venir qualificata come dolosa” (pag. 4 della sentenza);

– ha respinto il motivo col quale era stata dedotta altra ragione di asserita invalidità dell’ipoteca (mancanza di continuità delle trascrizioni ed iscrizioni);

– rigettato perciò il gravame, la Corte di merito ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado in favore del notaio Gi. e della Allianz Assicurazioni S.p.A.;

– avverso la sentenza G.C.R. propone ricorso con tre motivi;

– Allianz S.p.A. si difende con controricorso;

– gli altri intimati non svolgono attività difensiva;

– fissata la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– col primo motivo, si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c. e/o dell’art. 132 c.p.c., per “assenza (anche di una congrua motivazione) in ordine agli elementi propri della dichiarata responsabilità aquiliana nei confronti dell’odierno ricorrente”;

– quanto alla violazione di legge, il ricorrente sostiene che l’iscrizione dell’ipoteca oggetto di lite sarebbe stata regolare, come da nota del Direttore dell’Agenzia del Territorio – Ufficio di Siena prodotta in atti e trascritta in ricorso; sostiene altresì che, in base alle risultanze delle visure ipotecarie (che vengono riprodotte integralmente dalla pag. 15 alla pag. 18 del ricorso), si sarebbe dovuto escludere il fatto doloso o colposo ascrivibile al ricorrente (perchè l’iscrizione sarebbe stata fatta con entrambi i cognomi);

– quanto al vizio di motivazione, il ricorrente deduce che questa sarebbe contraddittoria ed illogica nella parte in cui ha ritenuto il fatto doloso del terzo datore di ipoteca;

– col secondo motivo, sostenendosi comunque la responsabilità esclusiva del notaio, si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c. e/o della L. n. 89 del 2013, art. 49 e dell’art. 1176 c.c., comma 2 “sul punto insussistenza di alcun nesso di causalità, dal momento che il fatto dannoso lamentato dall’attrice di primo grado è derivato – seguendo l’iter dei precedenti giudici di merito – solo da un errore professionale del notaio Gi. per una ingiustificabile e carente e/o inesatta identificazione dell’odierno ricorrente”;

– col terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2644,2648,2650 e 2829 c.c., in quanto, secondo il ricorrente, l’invalidità sarebbe derivata dall’iscrizione dell’ipoteca a nome dell’erede (odierno ricorrente) prima della trascrizione dell’acquisto mortis causa;

– i motivi sono tutti inammissibili perchè attengono all’attività di accertamento dei fatti e dì valutazione delle prove riservata al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità, in quanto assistita da motivazione immune da vizi;

– il giudice di merito ha accertato che:

– a) l’ipoteca, pur se iscritta sull’immobile di proprietà di G.C.R., è risultata invalida per l’erronea identificazione del soggetto datore di ipoteca: si tratta di un accertamento in punto di fatto basato proprio sulle risultanze documentali indicate col primo motivo, delle quali non è possibile un nuovo esame in sede di legittimità; nè i documenti risultano interpretabili nel senso preteso dal ricorrente, essendo la motivazione coerente quanto al fatto che l’iscrizione ipotecaria venne effettuata, ma risultò invalida;

– b) il notaio incorse in errore nell’identificazione del soggetto terzo datore di ipoteca, ma questo errore fu causato dal fatto fraudolento dei terzi (i coniugi Ca.- R. ed il figlio Ca.Ma., oltre che il G.C., al fine di porre nel nulla la garanzia ipotecaria iscritta a favore dei primi, in vista della seconda richiesta di mutuo, relativa allo stesso immobile, ed in favore di Ca.Ma., poi acquirente del bene): questo accertamento non trova alcuna smentita nell’illustrazione del secondo motivo, col quale si invoca genericamente una inammissibile revisione della ricostruzione dei fatti; la motivazione non è contraddittoria, comunque non è sindacabile se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (non applicabile, nè invocato dal ricorrente);

– c) l’unica causa dell’invalidità dell’ipoteca fu quella inerente l’erronea iscrizione contro soggetto non ben identificato e con codice fiscale inesistente: l’assunto di cui al terzo motivo è smentito in punto di fatto, oltre ad essere giuridicamente errato per le ragioni già esposte dal giudice d’appello;

– in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;

– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente, in Euro 5.600,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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