Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22820 del 26/09/2018

Cassazione civile sez. III, 26/09/2018, (ud. 04/07/2018, dep. 26/09/2018), n.22820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1227-2016 proposto da:

S.G., SP.GI., S.C., considerate

domiciliate ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato LUCA FRONTINO

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

UNIPOLSAI SPA, già AURORA ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo

procuratore ad negotia dott.ssa C.A.R., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO NIBBY 11, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO BIASIOTTI MOGLIAZZA, che la rappresenta e

difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

CA.VI.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 834/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 02/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/07/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Con ricorso notificato il 30/12/2015 S.C., Sp.Gi. e S.G. ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina n. 834/2014 emessa il 2/12/2014 in una controversia promossa dalle ricorrenti nei confronti di Ca.Vi., rimasto contumace nella fase di appello, e di Aurora Ass.ni S.p.A. per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali e patrimoniali subiti in un sinistro stradale, verificatosi il 27.05.1995, tra l’autovettura Ford Fiesta di proprietà di Sp.Gi., condotta da S.C., e l’autovettura Alfa Romeo 164 di proprietà e condotta da Ca.Vi., assicurato da Intercontinentale Ass.ni S.p.A. (poi fusasi, dopo passaggi intermedi, in UNIPOLSAI, qui intimata), riconducibile al tamponamento della vettura antistante che, mentre stava affrontando una curva sinistrorsa su una strada statale, in presenza di condizioni climatiche avverse (pioggia) che avevano reso il sedime stradale viscido, aveva sbandato.

2. La Corte di merito, riformando solo in parte la pronuncia di primo grado, confermava la concorrente responsabilità dei due conducenti dei veicoli nella misura del 30% (attribuito alle attrici tamponate) e del 70% (attribuito al convenuto tamponante); riteneva correttamente rinnovata, dal giudice di primo grado, la CTU medicolegale; riteneva correttamente valutati e calcolati i postumi per danno biologico; confermava la quantificazione del danno patrimoniale sulla base delle nuove tabelle legali, divenute vigenti in corso di causa, riguardanti il c.d. danno da lesioni micro permanenti; riformava la pronuncia di primo grado nella parte in cui non erano state riconosciute le spese legali alle attrici, in parte vittoriose, compensandole per la metà (parte; compensava le spese della fase d’appello, risultando le attrici appellanti vittoriose su un piano marginale.

3. Il ricorso viene affidato a sette motivi. La compagnia assicuratrice intimata ha notificato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano violazione degli artt. 148 e 149 C.d.S., art. 348 regolamento C.d.S., art. 2054 c.c. e artt. 112, 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sostanzialmente deducendo l’erroneità della valutazione della responsabilità concorrente dei due conducenti di veicoli a motore nella determinazione del sinistro, e soprattutto nella valutazione della prova liberatoria idonea a superare la presunzione “di fatto” posta a carico del veicolo sopraggiungente e tamponante quello su cui viaggiavano le ricorrenti.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. Da un lato, le ricorrenti tentano di indurre questa Corte a riesaminare le dichiarazioni testimoniali raccolte dal giudice di merito e i rilievi effettuati dai carabinieri intervenuti sul luogo del sinistro, al fine di svolgere una nuova valutazione complessiva degli elementi di prova raccolti, senza che il vizio dedotto abbia le caratteristiche del vizio di violazione di legge o di omissione di motivazione.

1.3. Dall’altro, la censura non si pone in linea con la ratio decidendi, poichè omette di considerare che la Corte di merito non ha effettuato una meccanica applicazione della presunzione di fatto operante sulla vettura tamponante, e ha tenuto conto della giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto tale presunzione superabile da prove in concreto acquisite in ordine alla condotta colposa della conducente del veicolo tamponato, il quale nella fattispecie in esame è fuoriuscito dalla sede stradale, a causa di una sbandata in curva in presenza di condizioni meteorologiche avverse che avevano reso viscido il manto stradale, e poi è immediatamente ritornato nella carreggiata, adottando quindi un comportamento di guida anomalo e in violazione del generico precetto di cui all’art. 140 C.d.S..

1.4. Se è vero, infatti, che il conducente di un veicolo retrostante, ai sensi dell’art. 107 C.d.S., deve essere in grado di garantire in ogni caso l’arresto tempestivo del mezzo, evitando collisioni con il veicolo che lo precede, e che l’avvenuta collisione pone a carico del conducente medesimo una presunzione “de facto” di inosservanza della distanza di sicurezza, con la conseguenza che non possa applicarsi la presunzione di pari colpa di cui all’art. 2054 c.c., comma 2, è anche vero che tale presunzione può essere in concreto superata con la prova liberatoria e la dimostrazione che il mancato tempestivo arresto dell’automezzo, e la conseguente collisione, sono stati determinati da cause in tutto o in parte a lui non imputabili (vedi Sez. 3 -, Ordinanza n. 13703 del 31/05/2017; Sez. 3, Sentenza n. 6193 del 18/03/2014; Cass.Sez. 3, Sentenza n. 12108 del 23/05/2006).

1.5. Pertanto, la Corte di merito, nell’ambito del suo margine di apprezzamento del “fatto”, così come ricostruito attraverso una regolare ed esaustiva attività istruttoria, ha dimostrato di avere svolto una coerente valutazione del contributo causale in concreto dato dai due conducenti nella determinazione del sinistro, sulla base di corretti canoni normativi e interpretativi che rendono quindi inammissibile un’ulteriore valutazione del fatto in questa sede.

2. Con il secondo motivo le ricorrenti deducono la violazione della L. n. 1578 del 1933, del R.D.L. n. 36 del 1934, art. 9, dell’art. 83 c.p.c., art. 157 c.p.c., art. 166 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per mancanza di procura scritta rilasciata al sostituto d’udienza che ha rilevato l’eccezione di nullità della CTU. Con il terzo motivo, sempre in relazione alla medesima questione, le ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 157 c.p.c., comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto riferiti al medesimo rilievo di nullità dell’attività processuale per difetto di rappresentanza processuale.

2.1. Il secondo e il terzo motivo sono inammissibili.

2.2. Risulta del tutto inconferente la deduzione circa la mancanza di delega scritta rilasciata dal difensore al sostituto processuale che alla prima udienza utile ha rilevato la nullità della CTU effettuata dal primo consulente nominato, per conto dell’ avvocato costituito e ha, in tesi, compulsato il giudice a emettere un’ordinanza di rinnovo della CTU senza averne i poteri. Difatti nel caso di specie si trattava di un sostituto d’udienza che ha agito per delega del procuratore costituito della controparte delle ricorrenti, agli effetti della L. n. 36 del 1934, art. 9.

2.3. Prevale in ogni caso la considerazione che un vizio di tal genere, non determina una nullità assoluta tale da invalidare l’attività processuale svolta, bensì una nullità relativa, sanabile per effetto del mancato tempestivo rilievo prima del compimento dell’atto da parte del delegato, se ammesso a rappresentare la parte processuale in sostituzione del difensore costituito, e non dopo il suo compimento; oppure, se prontamente eccepito, deve essere dedotto dalla parte nell’interesse della quale è stata effettuata l’attività processuale, alla prima udienza utile, ex art. 157 c.p.c., comma 2. Difatti, la funzione esercitata dal sostituto d’udienza, anche se in ipotesi non munito di regolare delega scritta, in mancanza di preventiva opposizione, raggiunge ugualmente lo scopo di rappresentare la parte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5330 del 30/10/1985; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 2458 del 15/03/1994; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21840 del 15/10/2014). La nullità, difatti, risulta tardivamente eccepita dalla parte nelle successive difese, quando l’attività processuale era già stata espletata.

2.4. Con il quarto motivo le ricorrenti denunciano violazione dell’art. 1226 c.c., della L. n. 57 del 2001 e dell’art. 3 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In particolare denunciano che i giudici di merito, anzichè applicare i criteri di liquidazione del danno biologico con criteri equitativi, sul parametro delle cd. tabelle milanesi al tempo vigenti, trattandosi di lesioni micro permanenti, abbiano ritenuto di potere applicare i criteri equitativi, di fatto “retroattivamente”, previsto dalla legge 57- 2001, incorrendo in un error in iudicando.

2.5. Il motivo è fondato nei termini che seguono.

2.6. In relazione al regime di calcolo del danno biologico e del danno morale, il giudice di merito ha adottato le tabelle sul danno da lesioni micropermanenti sulla base della L. n. 57 del 2001, art. 5, entrata in vigore al tempo della lite, ma successivamente al sinistro, ritenendole utilizzabili come criterio orientativo di riferimento, senza applicare alcun correttivo per le condizioni soggettive del danneggiato e così riducendo il quantum sia del danno biologico che del danno morale. Tale automatismo nell’applicazione del diritto in via retroattiva non è ammissibile (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11048 del 13/05/2009). Ed invero, le tabelle mediche per il danno da lesione micropermanente sono state approvate per D.M. del 3 luglio 2003, in vigore dal giorno 11 settembre 2003, data della sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale e senza effetto retroattivo. A partire da tale data è stato così introdotto un regime speciale per il danno biologico lieve o da micropermanente (sino a 9 punti) in deroga al regime ordinario codificato dall’art. 2056 c.c., e con la previsione (introdotta da successiva novella n. 273 del 2002) del potere di correzione della stima del danno nella misura del 25%, così delimitando il potere di personalizzazione del danno, ampiamente sostenuto dalla Corte Costituzionale (1986 n. 194) e dalla Corte di cassazione (incluso il punto 4.9 del preambolo sistematico delle SU 11 novembre 2008 nn. 26973 e 26974).

2.7. A prescindere dalla sussistenza di tabelle di liquidazione del danno, spetta alla parte lesa il diritto di esigere una valutazione equitativa e personalizzata del danno sofferto, vale a dire una valutazione in grado di riparare “tout le dommage, rien que le dommage”, come è stato efficacemente statuito dalla Corte di cassazione francese sin dal 1955 (n Cass. civ. 2e, 28 octobre 1954, J.C.P. 1955, II, 8765), e ripreso dall’ordinamento dell’Unione Europea come criterio di riferimento per ogni Stato membro. Fa parte, infatti, di un orientamento costante (acquis) della Corte di Giustizia dell’Unione Europea l’assunto che il diritto comunitario non osta a che i giudici nazionali vigilino affinchè la tutela dei diritti garantiti dall’ordinamento giuridico comunitario, per quanto debba essere piena ed effettiva, non comporti nè un risarcimento simbolico, nè un arricchimento senza giusta causa (v., in particolare, sentenze nelle cause riunite da C-295/04 a C-298/04, Vincenzo Manfredi e altri contro Lloyd Adriatico Assicurazioni SpA e altri, punto 94; 4 ottobre 1979, causa 238/78, Ireks-Arkady/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 2955, punto 14; 21 settembre 2000, cause riunite C-441/98 e C-442/98, Michailidis, Racc. pag. 1-7145, punto 31; causa C-453/99, Courage e Crehan, Racc. pag. 1-6297, punto 30).

2.8. In merito, rileva tuttavia citare la sentenza del 23 gennaio 2014, resa nella causa C-371/12, Petillo c. Ass. Generali, secondo cui le direttive Europee in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, e di controllo dell’obbligo di assicurare tale responsabilità, non ostano ad una legislazione nazionale, la quale prevede un particolare sistema di risarcimento dei danni morali derivanti da lesioni corporali di lieve entità causate da sinistri stradali, che limita il risarcimento di tali danni rispetto a quanto ammesso in materia di risarcimento di danni identici risultanti da cause diverse da detti sinistri, dal momento che quest’ultima non ha l’effetto di escludere d’ufficio o di limitare in maniera sproporzionata il diritto della vittima a beneficiare di un risarcimento. In tale particolare materia, difatti, la Corte di Giustizia ha ammesso che in un ordinamento nazionale possano coesistere diversi sistemi di risarcimento del danno alla persona, purchè non venga leso il principio di effettività di tutela. Tuttavia tale indirizzo non autorizza a ritenere che la limitazione, meno favorevole, fissata dalla legge possa costituire un criterio equitativo di liquidazione prevalente, valevole per altre ipotesi in essa non considerate.

2.9. Sulla specifica questione, si vedano anche in punti 4.8 e 4.9 del preambolo alle S.U., 11 novembre 2008 nn. 26973 e 26974, ove è chiaramente detto che “il giudice, qualora si avvalga delle nuove tabelle dovrà procedere ad adeguata personalizzazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza”. Tale è infatti la indicazione che si ritrae dalla motivazione delle sentenze delle SS.UU. citate, laddove si afferma non solo che “determina quindi duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei suindicati termini, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo”, ma anche che il danno deve essere personalizzato. L’ affermazione del principio di personalizzazione del danno non contrasta con il principio di unitarietà del danno, ma anzi lo completa, poichè vale ad indicare che il giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari comunemente in uso nei Tribunali, può procedere alla personalizzazione del danno, dando adeguatamente conto, con motivazione analitica e non stereotipata, della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una differente e, dunque, individualizzata considerazione in termini monetari (v. Cass.Sez. 3 -, Sentenza n. 11754 del 15/05/2018; Cass. Sez. 6 3, Ordinanza n. 10912 del 07/05/2018).

2.10. L’errore compiuto dai giudici dell’appello è dunque duplice. Difatti essi hanno applicato nei fatti, retroattivamente, un regime di legge speciale intriso di automatismi e limitativo del risarcimento e, quindi, non hanno svolto una valutazione equitativa del danno alla persona in concreto subito, in violazione dei suddetti principi (v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11048 del 13/05/2009; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3906 del 18/02/2010).

3. Il settimo motivo, proposto in via subordinata rispetto al rilievo di nullità della seconda CTU, denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, concerne il merito della valutazione del danno biologico. Il quinto e sesto motivo, concernente la violazione delle norme in tema di liquidazione delle spese legali e di primo e secondo grado.

3.1. I motivi sono assorbiti dal suddetto rilievo di nullità della decisione in merito alla valutazione del danno biologico.

4. Conclusivamente, la Corte accoglie per quanto di ragione il quarto motivo, dichiara inammissibili i primi tre motivi e, assorbiti gli altri, cassa in relazione e rinvia alla Corte d’Appello di Messina in diversa composizione, anche per le spese.

PQM

1. Accoglie per quanto di ragione il quarto motivo, dichiara inammissibili i primi tre e, assorbiti gli altri, cassa in relazione e rinvia alla Corte d’Appello di Messina in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2018

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