Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2282 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/01/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 31/01/2011), n.2282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero delle Finanze e Agenzia delle Entrate, in persona

rispettivamente del Ministro e del Direttore pro tempore,

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domiciliano in Roma, via dei Portoghesi n. 12.

– ricorrenti –

contro

T.S..

– intimata –

e

Provincia di Messina.

– intimata –

avverso la sentenza n. 193/2/05 della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, Sezione distaccata di Messina, depositata

l’8 febbraio 2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16

dicembre 2010 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

sentite le difese delle parti ricorrenti, perorate dall’Avvocato

dello Stato Gianna Galluzzo;

viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Sepe Attilio Ennio, che ha chiesto l’accoglimento del

primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ministero dell’Economia e delle Finanze e Agenzia delle Entrate ricorrono, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 193/2/05 della Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sezione distaccata di Messina, dell’8 febbraio 2006, notificata il 23 marzo 2006, che aveva confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da T.S. avverso il diniego di rimborso opposto dall’Amministrazione alla sua istanza di rimborso della ritenuta fiscale operata dalla Provincia di Messina, in qualità di suo datore di lavoro, sull’indennità di fine rapporto a seguito del suo collocamento a riposo in data 1.9.1991. In particolare, il giudice di secondo grado motivò la propria decisione reputando provato l’avvenuto versamento dell’imposta in forza dell’attestazione rilasciata, in qualità di sostituto, dalla Provincia di Messina e ritenendo infondata l’eccezione di decadenza sollevata dall’Amministrazione ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in ragione del rilievo che tale disposizione, ai sensi del D.P.R. n. 482 del 1985, artt. 4 e 5, non opera nel caso di liquidazione avvenuta posteriormente al 1 gennaio 1980. Sia la contribuente che l’intimata Provincia di Messina non si sono costituiti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 37 e 38 e della L. n. 482 del 1985, artt. 4 e 5, assumendo che, contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza impugnata, nel caso di specie non potevano trovare applicazione la L. n. 482 del 1985, artt. 4 e 5, che di fatto avrebbe sottratto la liquidazione dell’imposta dal regime decadenziale, atteso che essi hanno esclusivo riguardo ai rapporti di lavoro cessati prima della sua entrata in vigore, laddove il rapporto di lavoro della contribuente ha avuto termine il 31.7.1992. Ne consegue, ad avviso della ricorrente, l’applicabilità del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 2, che stabiliva per le richieste di rimborso, nel testo all’epoca in vigore, il termine di decadenza diciotto mesi dalla data dell’erogazione, con l’effetto che l’istanza del ricorrente doveva essere respinta per intervenuta decadenza, essendo stata avanzata, per le ritenute risalenti all’anno 1991, soltanto in data 15 dicembre 1997.

Il motivo è fondato.

La Commissione tributaria regionale ha affermato l’inapplicabilità nel caso di specie della disposizione in materia di decadenza contenuta nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 sulla base della considerazione che, risultando l’indennità corrisposta in data successiva al 1 gennaio 1980, troverebbe applicazione la disposizione di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 5 che, nel prevedere la riliquidazione anche officiosa dell’imposta da parte dell’Amministrazione, di fatto renderebbe operante il termine prescrizionale ordinario di dieci anni in luogo del termine decadenziale di 18 mesi previsto dall’art. 38 citato, nella versione all’epoca in vigore.

Queste argomentazioni non meritano di essere condivise. La L. n. 482 del 1985, art. 5 così dispone: “E’ in ogni caso liquidata ai sensi dell’art. 4, comma 1 l’imposta dovuta sulle indennità ed altre somme percepite a decorrere dall’1 gennaio 1980. La riliquidazione deve essere richiesta ai sensi del comma 5 del predetto art.”. La locuzione normativa “indennità ed altre somme percepite a decorrere dall’1 gennaio 1980” apre la strada, almeno in astratto, ad una duplice ed opposta lettura della norma, potendo essere riferita, da un lato, ad ogni indennità corrisposta dopo tale data, senza nessun altro sbarramento se non quello della sopravvenuta eventuale modifica del regime tributario esistente, oppure, dall’altro, alle sole indennità corrisposte, da tale data, fino alla entrata in vigore della presente legge.

Quest’ultima è l’interpretazione da accogliere. Mentre la prima soluzione, fatta propria dalla sentenza impugnata, non può invero contare che su un dato incerto, e cioè il non avere la legge stabilito espressamente un termine finale di sbarramento per la riliquidazione officiosa, la seconda poggia su un dato letterale ed uno sistematico decisivi. Il primo è che lo stesso articolo richiama, ai fini dell’istanza di riliquidazione dell’imposta dell’interessato, il procedimento previsto dal precedente art. 4, comma 5, il quale, a sua volta, stabilisce che tale istanza di riliquidazione va presentata “entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge”, disciplina questa che evidentemente è incompatibile con l’interpretazione normativa qui disattesa. Il secondo dato da considerare è che tanto l’art. 5 che il precedente art. 4 hanno chiara natura di disposizioni transitorie e di coordinamento, essendo tese a stabilire i casi in cui le nuove disposizioni tributarie introdotte dalla riforma e più favorevoli al contribuente si applicano alle indennità tassate nel vigore del precedente regime. L’art. 4 in particolare, cui l’art. 5 è strettamente legato, indica una serie di casi in cui la liquidazione è stata fatta, o avrebbe dovuto essere fatta, secondo il precedente regime ed a cui tale disposizione dichiara ora applicabile il nuovo.

La ratio legis di tali disposizioni può pertanto essere agevolmente individuata nell’intento di consentire la riapertura del procedimento di riliquidazione o di rimborso in favore di quei dipendenti che, collocati a riposo in data anteriore alla L. n. 482 del 1985, non avrebbero potuto avvalersi del più favorevole trattamento fiscale introdotto dalla suddetta legge.

In questo senso, del resto, questa Corte si è già pronunciata con la sentenza n. 12808 del 2000, che ha affermato la non applicabilità della disposizione di cui alla citata L. n. 482 del 1985, art. 5 ai casi di indennità di buonuscita erogata a dipendenti cessati dal servizio in data posteriore alla entrata in vigore della legge medesima.

Il primo motivo va pertanto accolto, con l’importante precisazione e conseguenza che, come dedotto dal ricorso, la domanda di rimborso per cui è causa soggiace al termine di decadenza di 18 mesi stabilito dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, costituendo orientamento del tutto consolidato di questa Corte il principio che la domanda di rimborso sulla ritenuta operata, come nel caso di specie, da un ente pubblico diverso dallo Stato è soggetta al termine decadenziale di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e non alla diversa disciplina posta dal precedente art. 37, essendo il relativo prelievo inquadrabile tra le ipotesi di versamento diretto e non tra quelle di ritenuta diretta, a cui sole fa riferimento il citato art. 37 (Cass. n. 18114 del 2004; Cass. n. 14773 del 2001; Cass. n. 12808 del 2000).

Il secondo e terzo motivo, che denunziano, rispettivamente, violazione e falsa applicazione del l’art. 2697 cod. civ. e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, commi 1 e 2, si dichiarano assorbiti.

Il ricorso va pertanto accollo in relazione al primo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Sussistendone le condizioni, poichè è pacifico che l’indennità è stata riscossa dalla contribuente nel 1991 mentre l’istanza di rimborso è stata presentata soltanto il 15.12.1997, sicchè si è verificata la decadenza del diritto al rimborso eccepita dall’Amministrazione ai sensi dell’art. 38 citato, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito mediante rigetto del ricorso introduttivo.

Le alterne vicende del giudizio e la natura delle questioni controverse integrano giusti motivi di compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri;

cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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