Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2282 del 02/02/2021

Cassazione civile sez. I, 02/02/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 02/02/2021), n.2282

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

ricorso n. 7760/2019 proposto da:

F.M., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Gaetano Bosco, giusta procura speciale in calce

al ricorso

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 142/2019 della Corte d’appello di Milano

depositata il 15/1/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/10/2020 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Milano, con ordinanza del 29 settembre 2017, rigettava il ricorso presentato da F.M., proveniente da un villaggio nel Pakistan posto al confine con l’India, avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego del riconoscimento del suo status di rifugiato nonchè del suo diritto alla protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14, o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 15 gennaio 2019, respingeva l’impugnazione proposta dal richiedente asilo, rilevando, fra l’altro, che: i) gli episodi di violenza e gli attentati di matrice terroristica che si erano verificati nella zona di provenienza dell’appellante non erano così estesi e generalizzati da configurare una situazione di violenza indiscriminata tale da far ritenere che la mera presenza del migrante nel territorio nazionale di origine lo avrebbe esposto a una minaccia gravissima per la sua incolumità; ii) i lavori intrapresi denotavano un tentativo di integrazione nel paese di accoglienza, ma non erano sufficienti alla concessione del beneficio della protezione umanitaria;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso F.M. prospettando tre motivi di doglianza;

il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al solo fine di prendere parte all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il primo motivo di ricorso assume che la Corte d’appello abbia negato la protezione sussidiaria a dispetto del fatto che il ricorrente, in caso di rimpatrio, possa perdere la propria vita a causa del conflitto armato che affligge il territorio da cui proviene;

5.2 il secondo motivo sostiene che la Corte distrettuale, al fine del riconoscimento della protezione sussidiaria, abbia preteso la dimostrazione dell’assoluta certezza del fatto che il migrante avrebbe subito un grave danno alla propria persona in caso di rimpatrio, quando invece il dato normativo richiedeva soltanto un fondato timore in tal senso;

5.3 le doglianze, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili; ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile a una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018);

la Corte d’appello si è ispirata a simili criteri, laddove ha verificato in primo luogo se il rimpatrio avrebbe esposto il migrante a una “gravissima minaccia” in ragione di una situazione di “violenza generalizzata e indiscriminata” ivi esistente ed ha poi escluso gli episodi di violenza e gli attentati di matrice terroristica di cui le fonti internazionali davano conto avessero quel carattere generalizzato che è necessario per riconoscere una situazione di violenza indiscriminata;

la prima critica, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dalla Corte d’appello, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018);

la seconda critica intende in termini di individuazione della necessità di una certezza del verificarsi di un grave danno alla persona una valutazione che, invece, è funzionale all’accertamento di uno stato di violenza generalizzata e indiscriminata e, come tale, fonte di pericolo in ragione della sola presenza sul territorio;

la censura è quindi inammissibile, perchè non coglie la ratio della decisione impugnata, come il ricorso per cassazione deve invece necessariamente fare;

6.1 il terzo motivo di ricorso denuncia l’omessa valutazione di un fatto decisivo oggetto di discussione, costituito dalle attività lavorative del ricorrente, che non sarebbero state correttamente valutate;

6.2 il motivo è inammissibile;

la censura infatti è volta a denunciare non un’omissione di valutazione della condizione lavorativa addotta, ma una valutazione non corretta della medesima e quindi intende sollecitare un giudizio in termini più appaganti della congerie istruttoria già espressamente apprezzata dalla Corte di merito;

in questo modo il mezzo si pone al di fuori dei limiti del canone di critica utilizzato, che è funzionale alla denuncia dell’omessa considerazione di un fatto storico-naturalistico portato all’attenzione del giudice di merito e non della considerazione di tale fatto in termini diversi da quelli proposti dalla parte;

peraltro, il fatto denunciato come non valutato non è neppure decisivo, perchè il livello di integrazione raggiunto dal migrante in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato, non ha rilievo ai fini della concessione della forma di protezione in discorso (Cass., Sez. U., 29459/2019);

7. in conclusione, in forza delle ragioni sopra illustrate, il ricorso va dichiarato inammissibile;

la costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c., ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2021

 

 

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