Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22818 del 20/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/10/2020, (ud. 08/03/2019, dep. 20/10/2020), n.22818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10325 del ruolo generale dell’anno 2014

proposto da:

C.A.D. La Spezia s.r.l., in liquidazione, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti

Alessandro Fruscione e Salvatore Mileto per procura speciale a

margine del ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via

Giambattista Vico, n. 22, presso lo studio legale tributario

Santacroce-Procida-Fruscione;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane, in persona del direttore generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Liguria, n. 12/11/2013, depositata in data 4 marzo

2013;

udita la relazione svolta in camera di consiglio dell’8 marzo 2019

dal Consigliere Dott. Triscari Giancarlo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l’Agenzia delle dogane aveva emesso nei confronti di C.a.d. La Spezia s.r.l. quattro avvisi di rettifica dei valori dichiarati nelle bollette doganali di partite di prodotti tessili di abbigliamento provenienti dalla Repubblica Popolare Cinese, poichè ritenuti inattendibili; avverso i suddetti atti impositivi la società aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di La Spezia;

l’appello proposto da C.a.d. La Spezia s.r.l. avverso la pronuncia di primo grado è stato rigettato dalla Commissione tributaria regionale del Veneto che, in particolare, ha ritenuto che: sussistevano elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti circa l’inattendibilità del valore dichiarato della merce, in quanto risultati inferiori al costo della materia prima; nessun elemento di prova contraria era stato offerto dalla contribuente; era corretta l’attribuzione della responsabilità, in via solidale, a C.a.d. La Spezia s.r.l., che aveva operato con procedura domiciliata e, quindi, con rappresentanza indiretta dell’importatore; non sussisteva il vizio di nullità della sentenza di primo grado per violazione dell’art. 112, c.p.c.;

la contribuente ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a sei motivi, illustrato con successiva memoria, cui l’Agenzia delle dogane ha resistito con controricorso;

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 36, nonchè dell’art. 118, disp. att. c.p.c.;

parte ricorrente sostiene che la sentenza è nulla in quanto non contiene l’esposizione dello svolgimento del processo, le richieste avanzate dalle parti e la succinta esposizione dei motivi in fatto ed in diritto;

il motivo è infondato;

va precisato che, secondo questa Corte, in forza del generale rinvio alle norme del codice di rito compatibili (e, dunque, anche alle sue disposizioni di attuazione) contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, è applicabile al nuovo rito tributario, così come disciplinato dal citato decreto, il principio desumibile dalle norme di cui all’art. 132, c.p.c., comma 2, n. 4 e all’art. 118, disp. att. c.c., stesso codice, secondo il quale la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto, determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. civ., 18 aprile 2017, n. 9745);

tale vizio non ricorre nel caso di specie, posto che la sentenza impugnata contiene sia il riferimento alle ragioni fondanti la pretesa dell’amministrazione doganale sia la specifica illustrazione delle diverse posizioni delle parti in ordine alla pronuncia di rigetto del giudice di primo grado e motiva in fatto ed in diritto sulle ragioni per le quali ritiene di dovere rigettare l’appello;

con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 29 del Reg. n. 2913/1992, per non avere la CTR tenuto conto del prezzo delle merci indicato nelle fatture e per avere, invece, ritenuto non attendibile il valore indicato in dogana sulla base dei dati statistici risultanti dal sistema “M.E.R.C.E.”;

il motivo è infondato;

secondo l’art. 181-bis del Regolamento Cee n. 2454/1993, “Le autorità doganali non sono tenute a determinare il valore in dogana delle merci importate in base al metodo del valore di transazione se, in esito alla procedura di cui al paragrafo 2, hanno fondati dubbi che il valore dichiarato rappresenti l’importo totale pagato o da pagare ai sensi dell’art. 29 del codice doganale”;

la Corte di giustizia (sentenza 16 giugno 2016, causa C-291/15) ha precisato che II Reg. (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del Reg. (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario, art. 181-bis, come modificato dal Reg. (CE) n. 3254/94 della Commissione, del 19 dicembre 1994, deve essere interpretato nel senso che non osta a una prassi delle autorità doganali secondo la quale il valore in dogana delle merci importate è determinato con riferimento al valore di transazione di merci similari, metodo di cui al Reg. (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, art. 30, come modificato dal Reg. (CE) n. 82/97 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, ove si ritenga che il valore di transazione indicato, confrontato con la media statistica dei prezzi di acquisto riscontrati nell’importazione di merci similari, sia anormalmente basso quantunque l’autorità doganale non confuti nè ponga altrimenti in dubbio l’autenticità della fattura o del documento probatorio del bonifico presentati per giustificare il prezzo effettivamente corrisposto per le merci importate e senza che l’importatore, in risposta alla richiesta in tal senso dell’autorità doganale, adduca prove aggiuntive per dimostrare l’esattezza del valore di transazione delle stesse”;

in particolare, nella suddetta pronuncia la Corte Europea ha affermato che: “Ne deriva che le autorità doganali possono, per determinare il valore in dogana, non tenere conto del prezzo dichiarato delle merci importate e ricorrere ai metodi secondari di determinazione del valore in dogana delle merci importate, quali previsti agli arttt. 30 e 31 del codice doganale, e, segnatamente, al prezzo di vendita di merci similari, qualora i loro dubbi sul valore di transazione delle merci persistano, anche dopo una richiesta di ulteriori informazioni o complementi di documentazione e dopo aver fornito all’interessato una ragionevole possibilità di far valere il proprio punto di vista riguardo ai motivi sui quali sono fondati tali dubbi” (par. n. 35);

inoltre, con la medesima pronuncia, con riferimento alla questione se i “fondati dubbi” possano sorgere sulla base del mero raffronto con i dati statistici, quale il sistema M.E.R.C.E., la Corte di giustizia ha ritenuto che una rilevante differenza di prezzo tra quello dichiarato e quello medio statistico “è sufficiente a giustificare i dubbi nutriti dall’autorità doganale e il rigetto da parte della stessa del valore in dogana delle merci in questione” (Corte giust. 16 giugno 2016, causa C291/15, EURO 2004 Hungary Kft c. Nemzeti Ado- es Vamivatal Nyugat-dunantuli Regionalis Vam- es Penzeigyori Foigazgatosaga, punto 39);

nella fattispecie, il giudice del gravame ha accertato che i valori dichiarati delle merci non erano attendibili, quindi sussistevano i “fondati dubbi”, tenuto conto del fatto che gli stessi erano inferiori al costo della materia prima utilizzata per la produzione delle suddette merci, ed ha, altresì, precisato che nessuna prova contraria era stata fornita dalla società contribuente;

non correttamente, dunque, parte ricorrente sostiene che il giudice del gravame abbia fatto una errata applicazione della previsione di cui all’art. 29 del Codice doganale comunitario, in quanto, se è vero che, in generale, secondo la suddetta previsione, il valore della merce deve essere determinato tenendo in considerazione il valore di transazione, tuttavia, non può escludersi, proprio sulla base della previsione di cui all’art. 181-bis, del Reg. Cee n. 2454/1993, che quel valore sia oggetto di contestazione in quanto ritenuto non corrispondente a quello reale, sussistendo, quindi, “fondati dubbi” sulla veridicità del valore della merce dichiarata al momento dell’importazione, come accertato dal giudice del gravame nel caso di specie;

con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 30 del Reg. n. 2913/1992, per avere la CTR ritenuto corretta la rideterminazione del valore della merce compiuta dall’amministrazione doganale basata sul sistema M.E.R.C.E. senza avere applicato, a seguito delle verifiche di cui all’art. 181-bis, Reg. Cee n. 2454/1993, l’ordine successivo dei criteri sussidiari di cui al sopra citato art. 30;

con il quarto motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione degli artt. 29, 30 e 31, par. 2, lett. g), del Reg. Cee n. 2913/1992, per avere la CTR ritenuto legittima la determinazione del valore della merce sulla base della diretta applicazione dei valori contenuti nel sistema M.E.R.C.E., e, quindi, prescindendo dai criteri specificamente indicati dall’art. 30 CDC;

i motivi, che possono essere esaminati unitamente, sono fondati;

va precisato che il Codice doganale comunitario ha stabilito, con gli artt. 29, 30 e 31, una rigida sequenza di regole di determinazione del valore doganale e che il valore di transazione deve comunque riflettere il valore economico reale della merce importata e tener conto di tutti gli elementi di rilievo economico di essa;

ne consegue che, nel seguire la rigida scansione delle regole fissate dal codice doganale comunitario, quando il valore in dogana non possa essere determinato mediante ricorso al valore di transazione delle merci importate, la valutazione doganale si dovrà attenere alle disposizioni dell’art. 30, cit., applicando, in sequenza, i metodi previsti alle lettere da a) a d) del paragrafo 2 di quest’ultimo articolo (Corte giust. in causa C-116/12, cit., punto 41) e soltanto quando non sia possibile determinare il valore in dogana delle merci importate neppure sulla base dell’art. 30 codice doganale, si opererà la valutazione in dogana conformemente alle disposizioni dell’art. 31 cit. codice (sentenza in causa C-116/12, punto 42);

in definitiva, i criteri di determinazione del valore in dogana devono essere applicati in base agli artt. 29, 30 e 31 del Codice doganale comunitario ma rispettando il nesso di sussidiarietà tra essi esistente: soltanto quando il valore in dogana non possa essere determinato applicando la disposizione precedente, si deve far riferimento a quella immediatamente successiva secondo l’ordine stabilito dal codice (sentenza in causa C-116/12, punto 43);

la sentenza impugnata, dopo avere accertato la sussistenza dei presupposti per ritenere non attendibile il valore delle merci dichiarato in dogana da C.A.D. La Spezia s.r.l., ha ritenuto corretta la determinazione del loro valore effettivo mediante l’applicazione del criterio del campione rappresentativo e del valore medio d’importazione per ciascun “pigiama e camicia da notte” con riferimento al valore minimo dichiarato dagli altri operatori commerciali sempre di merce proveniente dalla Repubblica Popolare Cinese, senza alcuna ulteriore specificazione che consenta di verificare la corretta applicazione dei criteri sussidiari di determinazione del valore di transazione di cui agli artt. 30 e 31, CDC secondo la rigida sequenza configurata dalle suddette previsioni, sicchè la pronuncia è viziata per violazione di legge;

si rende, pertanto, necessario che il giudice del rinvio proceda agli accertamenti sopra indicati, al fine della verifica del rispetto delle previsioni normative di cui agli art. 30 e 31, Codice doganale comunitario;

con il quinto motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 2729 e 2697 c.c., in riferimento al D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, commi 1, 2, 3 e 5, per avere ritenuto che il richiamo a dati statistici sul valore delle merci emergenti dal database dell’Agenzia delle dogane, da un lato, legittimasse, quale presunzione grave, precisa e concordante, l’accertamento e, dall’altro, l’inversione dell’onere della prova;

il motivo è assorbito dalle considerazioni espresse in sede di esame del secondo motivo di ricorso;

con il sesto motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione dell’art. 201 CDC, per aver ritenuto la contribuente responsabile in solido con l’importatore nel pagamento della pretesa doganale;

il motivo è infondato;

questa Corte (Cass. civ., 25 gennaio 2019, n. 2217) ha precisato che i CAD (Centri di Assistenza Doganali), istituiti con D.M. Finanze n. 549 del 1992, sono società costituite tra spedizionieri doganali, abilitate ad emettere dichiarazioni doganali, in rappresentanza sia diretta che indiretta, previa l’acquisizione ed il controllo formale della documentazione fornita dal proprietario delle merci e che, in attuazione della L. n. 213 del 2000, con D.M. 7 dicembre 2000, sono state disciplinate le procedure autorizzatorie e le modalità di esercizio delle procedure semplificate di cui all’art. 76 del Reg. Cee n. 2913/92, nonchè il rilascio delle medesime ai CAD, sicchè la spendita da parte del CAD del proprio nome in qualità di dichiarante ai sensi dell’art. 201 CDC fa sì che la sua responsabilità sia solidale con quella del mandante (importatore proprietario delle merci) e che tale responsabilità possa, quindi, essere fatta valere, come nella normale attività negoziale privatistica, nei confronti di terzi, fra cui sono comprese, ovviamente, le Pubbliche Amministrazioni;

sotto tale profilo, l’art. 201 del Reg. n. 2913/1992 stabilisce la solidarietà passiva dello spedizioniere doganale o di chiunque presenti la merce per conto di altri con il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria quando, come nella fattispecie, agisce nell’ambito della rappresentanza indiretta, diventando lui stesso dichiarante e dunque responsabile solidale con il rappresentato nell’obbligazione doganale;

nella specie, risulta dalla sentenza censurata che

il CAD La Spezia s.r.l. ha operato in regime di rappresentanza indiretta e deve quindi essere ritenuto dichiarante ai sensi dell’art. 76 C.D.C., sicchè risponde in solido con l’importatore di tutte le obbligazioni tributarie ai sensi dell’art. 201 del Reg. 12 ottobre 1992, n. 2913, essendo tale figura di rappresentante indiretto, anche per la sua preparazione professionale, in grado di valutare la veridicità dei documenti trasmessigli, e dunque consapevole dell’irregolarità dell’introduzione delle merci nel territorio della Comunità;

in conclusione, vanno accolti il terzo e quarto motivo, assorbito il quinto, infondati il primo, secondo e sesto, con conseguente cassazione della sentenza per i motivi accolti e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, assorbito il quinto, infondati i restanti, cassa la sentenza per ii motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2020

 

 

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