Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22818 del 03/11/2011

Cassazione civile sez. I, 03/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 03/11/2011), n.22818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria C. – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23005/2006 proposto da:

C.O.P. (c.f. (OMISSIS)) domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato TORRISI RENATO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4461/2005 del GIUDICE DI PACE di CATANIA,

depositata il 30/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine

per l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ai sensi degli artt. 321 e 322 c.p.c., artt. 68 e 69 disp. att. c.p.c., in tema di conciliazione in sede non contenziosa, e con riguardo ad un rapporto obbligatorio sorto il 10.09.2004 ed in relazione al quale assumeva di non avere ricevuto la riconsegna di un’anta per cucina consegnata per la sostituzione del vetro e di avere subito danno esistenziale, P.V., con ricorso depositato in data 13.07.2005, chiedeva al Giudice di Pace di Catania di convocare C.O., titolare dell’esercizio commerciale in cui la vicenda si era svolta, e di condannarlo al risarcimento del sofferto pregiudizio, quantificato complessivamente in Euro 500,00.

Con sentenza del 28 – 30.11.2005, il Giudice di Pace adito, dichiarata la contumacia del convenuto C. e negativo il tentativo di conciliazione, condannava il medesimo C. a risarcire al P. il danno a questi inferto, quantificato, in via equitativa, in Euro 140,00.

Avverso questa sentenza il C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi e notificato il 10.07.2006 al P., che non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il C. denunzia:

1. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 311 e ss. c.p.c., art. 322 c.p.c. e art. 69 disp. att. c.p.c. in quanto il giudizio si è svolto in modo assolutamente difforme al rito”.

Sostiene:

– che l’art. 322 c.p.c. delinea un procedimento autonomo, preventivo e facoltativo rispetto al processo, teso ad evitare l’instaurarsi del processo stesso;

– che qualora il tentativo di conciliazione non contenziosa non abbia esito positivo, il giudizio può proseguire nella forma ordinaria contenziosa, a condizione che entrambe le parti, se comparse, ne facciano esplicita istanza, non essendo configurabile un passaggio automatico a tale fase successiva;

– che qualora, come nel caso in esame, non sia stato possibile esperire il tentativo di conciliazione per la mancata comparizione della parte invitata e sia comparso il solo ricorrente, la sua istanza di proseguire nella forma contenziosa ed il consequenziale provvedimento di fissazione, da parte del giudice, della prima udienza contenziosa, devono essere notificati all’invitato non comparso, ma non può il Giudice adito, in assenza di istanza del ricorrente, disporre il passaggio alla fase contenziosa e a maggior ragione, invitare il ricorrente a discutere la causa, istruirla e pori a in decisione;

– che il Giudice di Pace ha omesso un passaggio fondamentale e caratterizzante del rito previsto per l’istituto della conciliazione in sede non contenziosa che non avendo la parte ricorrente formulato l’istanza per il passaggio alla fase contenziosa, la sentenza di condanna è nulla;

2. “Violazione dell’art. 131 c.p.c. laddove sancisce che la legge prescrive i casi in cui il Giudice pronuncia Sentenza, Ordinanza o Decreto”.

Il ricorrente sostiene che nessuna norma rinvenibile nel nostro ordinamento prevede che il Giudice di pace possa concludere una conciliazione non contenziosa con sentenza e comunque con una pronuncia giurisdizionale.

3. “Violazione dell’art. 24 Cost. e art. 111 Cost., comma 2”.

Deduce che sono stati violati tutti i suoi diritti di difesa, che non è stato posto in condizione di intervenire nel procedimento a causa dell’erroneo passaggio da una fase non contenziosa ad una fase contenziosa del quale non è stato mai messo a conoscenza che è stato dichiarato contumace nonostante non fosse stato mai regolarmente citato o che gli fosse mai stato notificato alcun provvedimento di fissazione di udienza contenziosa, che difetta anche l’integrità del contraddittorio fra le parti e che risultano pertanto affetti da radicale nullità il procedimento e l’impugnata sentenza del Giudice di pace di Catania.

4. “Violazione dell’art. 112 c.p.c. sotto il profilo della mancata corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato”.

Sostiene che il Giudice di Pace ha posto in essere un procedimento del tutto difforme da quello per cui era stato designato e che ha pronunciato un provvedimento (Sentenza) del quale non era stato richiesto.

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati nei sensi in prosieguo precisati.

Nel procedimento previsto dall’art. 322 c.p.c., di conciliazione in sede non contenziosa, ove la conciliazione sia impedita dalla mancata presentazione della controparte, il giudice di pace una volta constatato l’insuccesso dell’attivata procedura d’indole amministrativa, anche se essa inerisca a materia civile rientrante nella sua competenza giurisdizionale e la controparte, pur debitamente invitata, non si sia presentata, non può, dichiarata la contumacia di questi, trattare e definire la lite secondo le regole proprie dei procedimenti giudiziari contenziosi, senza che il passaggio alla fase contenziosa sia preceduto dalla domanda della parte che aveva instato per la conciliazione e senza che l’introduzione e la conduzione della nuova e diversa fase avvengano in forme processuali idonee ad assicurare nei confronti della controparte, il rispetto dei principi della domanda e del contraddittorio, derivandone altrimenti, come nella specie, l’illegittimità della pronuncia e la nullità della fase contenziosa nonchè del provvedimento conclusivo.

Conclusivamente il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata senza rinvio.

Giusti motivi, essenzialmente desunti dalle peculiarità del caso e dalla novità delle controverse questioni, consigliano l’irripetibilità delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2011

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