Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22817 del 09/11/2016
Cassazione civile sez. VI, 09/11/2016, (ud. 22/09/2016, dep. 09/11/2016), n.22817
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.D., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale,
dall’Avv. Domenico Polimeni, con domicilio eletto nel suo studio in
Roma, via Ludovisi, n. 36;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale dello
Stato, con domicilio eletto negli Uffici di questa in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
– resistente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro in data 20
novembre 2014;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 22
settembre 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito l’Avv. Antonino Pellicanò, per delega dell’Avv. Domenico
Polimeni.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che con atto di citazione in data 10 marzo 2011, C.D. conveniva dinanzi alla Corte d’appello di Catanzaro il Ministero della giustizia, chiedendo ex art. 395 c.p.c., n. 4, la revocazione del decreto della Corte d’appello depositato il 30 gennaio 2010, con il quale era stata parzialmente accolta la sua domanda di equa riparazione, dovuta ad irragionevole durata del processo presso il giudice del lavoro di Reggio Calabria diretta a conseguire il riconoscimento di assegno di invalidità;
che il C. deduceva l’errore di fatto nel calcolo della durata del processo presupposto, che si era concluso, non in data 10 agosto 2002, come ritenuto nella decisione impugnata, ma in data 11 marzo 2008, e chiedeva la consequenziale condanna del Ministero al maggiore indennizzo;
che la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza in data 20 novembre 2014, ha rigettato la domanda di revocazione, rilevando che l’assunto di fatto dell’impugnante non trova sostegno nella documentazione prodotta, dalla quale non si rileva che il processo presupposto si è concluso con sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria in data 11 marzo 2008;
che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il C. ha proposto ricorso, con atto notificato il 23 aprile 2015, sulla base di un motivo;
che il Ministero della giustizia non ha svolto difese con controricorso, ma ha depositato un atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;
che il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa in prossimità dell’udienza.
Considerato che con l’unico mezzo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4;
che, ad avviso del ricorrente, l’errore di fatto emergerebbe dallo stesso decreto rep. n. 139/2010 e, inoltre, lo stesso troverebbe conforto negli atti e nei documenti prodotti dal C. e contenuti, peraltro, all’interno del fascicolo di parte relativo al giudizio n. 749/2008 R.E.R., a sua volta allegato al fascicolo del giudizio per revocazione; d’altra parte, il dato sarebbe nella specie incontestato;
che il motivo è fondato;
che sussiste l’errore di fatto revocatorio lamentato dal ricorrente;
che dallo stesso decreto impugnato per revocazione, depositato il 30 gennaio 2010 (rep. n. 139 del 2010), risulta infatti che la Corte d’appello di Catanzaro ha rilevato che il giudizio presupposto, iniziato in data 4 giugno 1991 e definito in primo grado con sentenza del 26 febbraio 2002, era proseguito in secondo grado, con appello proposto in data 1 agosto 2002 e deciso all’udienza dell’11 marzo 2008;
che, pertanto, costituisce errore revocatorio l’affermazione, contenuta nel decreto del 30 gennaio 2010, secondo cui, per il computo di durata del giudizio presupposto, il termine finale va individuato nel 1 agosto 2002, data di emissione della sentenza di appello: infatti, il 1 agosto 2002 è la data della proposizione dell’appello, non della sua definizione, avvenuta l’11 marzo 2008;
che, pertanto, il ricorso deve essere accolto;
che, cassata la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro;
che il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 22 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016