Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22817 del 03/11/2011

Cassazione civile sez. I, 03/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 03/11/2011), n.22817

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1247/2006 proposto da:

C.F. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso l’avvocato

VERINO MARIO ETTORE, che lo rappresenta e difende, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ASSISI;

– intimato –

sul ricorso 3729/2006 proposto da:

COMUNE DI ASSISI (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.B. MORGAGNI 2-A,

presso l’avvocato SEGARELLI UMBERTO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MOLINI TOSCA, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

C.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 290/2005 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 22/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato MARIO ETTORE VERINO che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso principale; rigetto del ricorso

incidentale;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale Comune,

l’Avvocato UMBERTO SEGARELLI che ha chiesto il rigetto del ricorso

principale; per l’accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso principale; per l’assorbimento del ricorso

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 25.01.1994, il Presidente del Tribunale di Perugia ingiungeva al Comune di Assisi di pagare all’istante ing. C.F., oltre alle spese di procedura, la somma di L. 390.105.405, di cui L. 388.926.905, oltre IVA e CAP, secondo la parcella munita del parere di congruità reso il 23.02.1990, dal Consiglio dell’Ordine, a titolo di corrispettivo per la prestazione professionale svolta in favore dell’ente ed in forza della convenzione del 5.10.1985, e L. 1.178,500 a titolo di rimborso di spese per il detto parere, con gli interessi al tasso ufficiale di sconto sul primo importo a decorrere dal 29.10.1990 L. n. 143 del 1949, ex art. 9, comma 4, (60 giorni dalla consegna della notula, inoltrata il 29.08.90) e con gli interessi al tasso legale sull’altro importo a decorrere dal 23.2.90.

Con sentenza 30.10-6.11.2001, il Tribunale di Perugia, nel contraddittorio delle parti, rigettava l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dall’ente locale, condannando il Comune al pagamento in favore dell’opposto degli interessi legali da di del dovuto sino al soddisfo in ragione degli acconti corrisposti, oltre al rimborso delle spese del giudizio.

Con sentenza del 10.03-22.07.2005, la Corte di appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, appellata in via principale dal Comune di Assisi ed in via incidentale dal C., revocava l’opposto decreto e condannava il Comune di Assisi a pagare al professionista la somma di Euro 1.421,75, con interessi al tasso di sconto sull’importo di Euro 813,11 ed interessi al tasso legale su quello di Euro 608,64, con decorrenza dal 4.3.1998 (data di pagamento del secondo acconto), compensando le spese processuali dei due gradi di merito. La Corte territoriale osservava e riteneva tra l’altro:

– che nell’opposizione il Comune aveva eccepito l’inesigibilità del credito azionato in via monitoria dal C. e la non debenza degli interessi, e ciò perchè, in base all’art. 6 della convenzione stipulata dalle parti il 5.10.1985 (inerente all’incarico di redazione del progetto di ampliamento del Cimitero civico di S. Maria degli Angeli), il pagamento del corrispettivo era stato fissato alla scadenza del termine di tre mesi dall’accertamento del finanziamento” dei lavori in questione, accertamento ormai prossimo ma non ancora intervenuto, non potendo esso essere identificato, come invece sembrava fare il professionista, con “l’approvazione”, in effetti intervenuta con delibera consiliare del 25.11.1991, divenuta efficace con D.P.G.R. del 25-5-93, “del Piano finanziario” di cui alla L. n. 155 del 1989, art. 4, atto astratto d’indicazione dei costi finanziari dell’investimento, insuscettibile di essere inteso nel significato giuridico proprio di atto contabile concreto con effetti diretti sul bilancio dell’ente che l’opposto aveva chiesto il rigetto dell’opposizione, affermando che nella convenzione stipulata dalle parti per “accertamento del finanziamento” doveva intendersi, secondo i consueti canoni ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. e segg., la scelta-individuazione da parte dell’Amministrazione Comunale delle modalità con cui sarebbero state reperite le risorse finanziarie necessarie per la realizzazione del progetto; e poichè tale individuazione era stata fatta – con l’indicazione degli introiti derivanti dalle concessioni di loculi ed aree cimiteriali ai richiedenti – nel Piano Finanziario rientrante nell’oggetto delle delibere consiliari approvate col D.P.G.R. del 25-5-93, nulla si opponeva all’esigibilità del credito. Gli interessi poi erano effettivamente dovuti dal 29-10-90, 60mo giorno dall’inoltro della parcella professionale L. n. 143 del 1949, ex art. 9, atteso che l’avveramento della condizione sospensiva aveva efficacia retroattiva che il Tribunale aveva motivato la sua decisione affermando che l’accertamento del finanziamento, che condizionava l’obbligazione del Comune, doveva essere visto non nell’effettiva riscossione degli introiti derivanti dalla “concessione delle aree comunali” (“cimiteriali”) – diversa sarebbe stata l’espressione usata dalle parti -, ma già con la decisione di coprire le spese tecniche con i detti introiti:

– che, sebbene le disposizioni della tariffa professionale prevedessero, decorso il termine di “tre mesi” dall’invio della parcella, il pagamento di interessi “al tasso legale” e della “svalutazione monetaria”, non potendo dette disposizioni, poste da un regolamento non statale, derogare all’art. 1224 c.c., comma 2, gli interessi erano dovuti ai sensi di questa disposizione, anche sull’importo del corrispettivo, con decorrenza dalla data di costituzione in mora, e quindi dall’invio della parcella”, nella misura del tasso legale e senza rivalutazione monetaria;

– che con l’atto d’appello il Comune opponente aveva chiesto che, dato atto dell’intervenuto pagamento della sorte entro il termine convenzionale, l’opposto decreto fosse revocato con dichiarazione di improponibilità del ricorso; e che comunque fosse dichiarata la non debenza di interessi e di qualsiasi altro accessorio sulla sorte;

– che il motivo dell’appello principale era fondato;

– che al di là del rilievo che, come sottolineato dall’appellante, non era chiara l’argomentazione con la quale il primo giudice aveva accolto la tesi del C., andava osservato che nella terminologia della contabilità pubblica l’accertamento dell’entrata costituiva la prima delle fasi in cui si articolava (almeno astrattamente) l’acquisizione delle entrate, le altre essendo la riscossione (da parte degli agenti) ed il versamento (nelle casse della P.A.), consistente secondo la tesi del Comune, nell’appuramento della ragione di credito, dell’ammontare relativo e della persona del debitore (cfr. art. 222 regolamento di contabilità generale);

– che tenuto conto delle parti della convenzione, all’espressione “accertamento del finanziamento” di cui alla clausola in esame andava perciò senz’altro attribuito obiettivamente il significato che l’espressione aveva nella contabilità pubblica;

– che l’accertamento del finanziamento nel senso di cui sopra non poteva perciò essere visto, come sostenuto dall’opposto, nell’approvazione del Piano finanziario, avvenuta con delibera consiliare 25-11-91, e divenuta comunque efficace solo a seguito di approvazione da parte del P.G.R. con decreto 25.05.1993, perchè detto Piano, introdotto quale adempimento necessario per la legittimità delle deliberazioni di approvazione dell’investimento e di assunzione dei mutui presso la Cassa Depositi e Prestiti da parte degli enti locali dal D.L. n. 64 del 1989, art. 4, convertito nella L. n. 155 del 1989, conteneva una semplice previsione astratta di finanziamenti. Con detto Piano infatti l’ente doveva “dimostrare l’effettiva possibilità di pagamento sia delle rate di ammortamento del mutuo sia delle maggiori spese di gestione conseguenti alla realizzazione dell’investimento, indicando le effettive risorse con le quali verrà fatto fronte a tali oneri”;

– che detto accertamento non poteva perciò essere visto che nelle promesse di pagamento su prenotazione degli spazi cimiteriali via via acquisite dal Comune, secondo le allegazioni di questo supportate dalla documentazione prodotta, che nel loro specifico contenuto non parevano contestate dall’opposto, sicchè la verifica testimoniale appariva superflua;

– che ove l’opposto avesse dato all’espressione in esame un significato diverso non si sarebbe versato in una ipotesi di dissenso, con conseguente mancata formazione dell’accordo, ma solo in un’ipotesi di errore ostativo, contro il quale l’opposto non aveva sperimentato, ammesso che ne sussistessero le condizioni di accoglibilità (essenzialità e riconoscibilità dell’errore), il rimedio dell’annullamento che, quindi, al momento della notifica del ricorso e pedissequo decreto il credito azionato non era ancora esigibile ed il decreto andava perciò revocato che in corso di causa il credito, come il Comune aveva ammesso, s’era reso in effetti esigibile, e sarebbe perciò stata comunque possibile, anche a seguito della revoca del decreto, la condanna del Comune al pagamento del corrispettivo che stante però l’ammissione fattane da C., doveva ritenersi che il Comune avesse versato (non l’intera sorte, come lo stesso affermava senza offrire in proposito alcuna prova, ma) la massima parte della somma dovuta, avendo pagato in data 6.07.1995 e 4.03.1998, la somma complessiva di lire di lire 387.352.514, oltre CAP e IVA;

– che residuava pertanto a debito del Comune la somma di lire 2.752.891, e quindi di Euro 1.421,75, pari alla somma del residuo credito per compenso professionale di lire 1.574.391, e quindi Euro 813,11 (388.926.905, secondo la parcella col parere di congruità, – 387.352.514) con la somma di L. 1.178.500, e quindi Euro 608,64, pari alla spesa sostenuta dall’opposto per la dichiarazione di congruità della parcella, e ripetibile appunto perchè il pagamento non era stato integrale, somma che il professionista aveva chiesto con il preteso “appello incidentale”;

– che, pertanto, in riforma dell’appellata sentenza doveva essere revocato l’opposto decreto ed il Comune condannato al pagamento in favore dell’opposto della somma di Euro 1.421,75, con interessi;

– che l’accertamento del finanziamento rilevava nella previsione della convenzione non come condizione, ma solo come momento di decorrenza del termine (esso veniva presupposto come certus an anche se incertus quando),e, dunque, l’intervento di detto accertamento non aveva efficacia retroattiva; e poichè non c’era prova che esso fosse intervenuto dopo oltre 60 giorni da detto accertamento, doveva ritenersi che gli interessi al tasso di sconto, secondo la previsione dell’art. 9, comma 4, L. cit., fossero dovuti solo sulla somma di Euro 813,11, oggetto di condanna a titolo di resìduo compenso, con decorrenza dal 4.3.1998, data del pagamento del secondo acconto, potendosi presumere – in difetto di risultanze più precise – che l’esigibilità di questa residua somma fosse intervenuta, come quella della somma versata a detta data, 60 giorni prima della data del pagamento;

– che quanto alla somma di Euro 608,64, oggetto di condanna a titolo di rimborso spese, e soggetta alla disciplina generale, andavano riconosciuti i soli interessi al tasso legale;

– che non si doveva discutere di rivalutazione perchè non richiesta dall’opposto.

Avverso questa sentenza, notificatagli il 26.10.2005, il C. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria e notificato il 27.12.2005, al Comune di Assisi, che, con atto notificato il 31.01.2006, ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale fondato su due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza. A sostegno del ricorso il C. denunzia:

1. “Violazione di legge e falsa applicazione del D.L. n. 65 del 1989, art. 4 comma 9, convertito nella L. n. 155 del 1989”.

Il ricorrente censura per violazione della rubricata normativa, l’interpretazione resa dalla Corte distrettuale secondo cui la delibera di approvazione del piano finanziario dell’investimento, divenuta efficace il 25.05.1993, non integrava “l’accertamento del finanziamento”, a cui nell’art. 6 della convenzione stipulata dalle parti il 5.10.1985, era stata convenzionalmente correlata la dazione del suo compenso, avversando l’attuata equiparazione ermeneutica del previsto accertamento del finanziamento all'”accertamento d’entrata”, proprio della contabilità pubblica, inteso come materiale disponibilità delle somme destinate al finanziamento e conseguita al versamento nelle casse dell’ente, sostenendo essenzialmente che detta approvazione, ben lungi dal configurarsi atto astratto, conferiva certezza in merito al finanziamento del progetto, a maggior ragione, ove legittimato dai sovraordinati organi territoriali;

conseguentemente avversa la conclusione secondo cui il credito era divenuto esigibile soltanto all’esito della materiale disponibilità delle somme derivanti dall’acquisto dei loculi cimiteriali da parte dei privati, assumendo anche la vincolatività di detta delibera in ordine al suo compenso, in quanto implicante il perfezionamento dell’iter amministrativo.

2. “Violazione e falsa applicazione delle disposizioni codicistiche inerenti gli elementi accidentali del negozio giuridico, con specifico riferimento alla condizione ed al termine, segnatamente in merito alla retroattività degli effetti negoziali” (va trattato insieme al 3 oltre che al 2).

Deduce che la subordinazione del pagamento al finanziamento non integrava termine ma condizione con effetti retroattivi connessi al relativo avveramento, per cui gli interessi avrebbero dovuto farsi decorrere dall’invio della notula.

3. “Difetto e/o insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione, circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti”.

Censura nuovamente e per vizi motivazionali sia la ritenuta non coincidenza della delibera di approvazione del piano finanziario dell’investimento seguita dall’approvazione regionale, con “l’accertamento del finanziamento” e sia l’individuazione di un termine nella condizione posta dalle parti alla dazione del compenso.

I tre trascritti motivi del ricorso principale non hanno pregio.

Il primo ed il terzo motivo, questo per la parte delle sollevate censure d’indole motivazionale che attengono al medesimo oggetto della questione ermeneutica contemplata dal primo, non sono fondati, concretandosi in generici e non decisivi rilievi critici avverso l’interpretazione fornita dalla Corte territoriale del contenuto della Convenzione intervenuta tra le parti, sul punto inerente al corrispettivo per la progettazione affidata al Dott. Ing. C..

In aderenza al dettato normativo e con congrue e logiche argomentazioni, i giudici d’appello hanno ineccepibilmente ritenuto che la delibera di approvazione del piano finanziario dell’investimento, seppure divenuta efficace, non integrava, attesa anche la relativa, chiarita funzione assegnatale dalla legge, l’evento costituito dall’accertamento del finanziamento”, a cui nell’art. 6 della convenzione stipulata dalle parti il 5.10.1985, era stato convenzionalmente correlato il compenso del professionista.

A tale conclusione la Corte è irreprensibilmente pervenuta interpretando detto “accertamento del finanziamento” in linea con il tenore letterale della pattuizione oltre che con riguardo alle, parti della Convenzione ed alle regole della contabilità pubblica, e ritenendo giustamente che esso implicasse non già, come sostenuto dal ricorrente, la materiale riscossione dell’entrata, integrata dall’erogazione del finanziamento statale o dal pagamento dei corrispettivi per i loculi cimiteriali, ma un documentato diritto di credito pecuniario, diritto la cui fonte evidentemente non poteva essere ravvisata nel piano finanziario normativamente regolato, adottato dallo stesso ente locale, atto contenente tutt’al più attendibili previsioni quanto alle entrate costituite sia dal conseguimento della sovvenzione statale cui per legge era propedeutico che dal corrispettivo della concessione a terzi dei loculi, ma in entrambi i casi e di per sè solo non certo idoneo a dare certezza dell’esistenza di corrispondenti diritti di credito verso terzi, in capo al Comune.

Il secondo motivo del ricorso e le censure formulate nella residua parte del terzo, con cui il C. avversa l’attuata qualificazione come “termine” in luogo di “condizione”, dell’evento al quale era stato correlato il suo compenso, sono inammissibili per difetto di autosufficienza, avendo il ricorrente omesso di trascrivere la clausola convenzionale di riferimento e così precluso la delibazione delle doglianze in questione.

Anche i rilievi e le richieste “Circa l’effettiva decorrenza degli interessi” contenuti nella parte finale del ricorso principale si rivelano inammissibili, sostanziandosi in generiche, apodittiche critiche e pretese, non riassunte in specifici motivi di impugnazione nè contrastanti le espresse ragioni delle statuizioni dell’impugnata sentenza, cui sono state riferite. A sostegno del ricorso incidentale e con riguardo “alla statuizione di condanna dell’ente al pagamento della somma di Euro 1.421,75, con interessi al tasso di sconto sull’importo di Euro 813,11 ed interessi legali sull’importo di Euro 608,64, importi reputati dovuti rispettivamente à titolo di residua sorte ed a titolo di rimborso del costo per il visto di congruità dell’Ordine professionale, indispensabile per l’avvio della procedura monitoria”, il Comune di Assisi deduce:

1. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c. e ss..

Difetto, insufficienza, contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia.” Contesta la debenza del residuo compenso, sostenendo anche che gli effettuati pagamenti corrispondevano alle fatture emesse dal C., recanti importi dal professionista pretesi e ricevuti a saldo.

Il motivo non merita favorevole apprezzamento.

Se da un canto non sono stati addotti elementi decisivi contrari alla conclusione della Corte distrettuale secondo cui il Comune non aveva provato di avere pagato l’intera sorte pretesa con l’ingiunzione e dall’ente contestata esclusivamente in ordine alla relativa esigibilità, dall’altro inammissibile si rivela la prospettazione nuova ed involgente accertamenti in fatto preclusi in questa sede, secondo cui il professionista avrebbe richiesto e ricevuto a saldo una somma inferiore a quella inizialmente pretesa con il provvedimento monitorio.

2. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 636 e 633 c.p.c. e ss.. Difetto, insufficienza, contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia”.

Contesta la debenza del costo del parere di congruità, in ragione anche del fatto che il decreto ingiuntivo è stato revocato, in quanto al momento della sua adozione il credito azionato era inesigibile.

La censura non ha pregio, sia per quanto già rilevato in relazione al primo motivo del medesimo ricorso incidentale e sia perchè il Comune non risulta avere in precedenza contestato l’esistenza di tale credito nè prospettato che il compenso spettante al professionista dovesse essere determinato secondo criterio diverso da quello della tariffa, previsto dall’art. 2233 c.c., sicchè l’essersi il C. dotato del parere del competente ordine professionale costituiva in ogni caso iniziativa utile a conforto della sua fondata pretesa.

Conclusivamente il ricorso principale e quello incidentale devono essere respinti, con compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimità, in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi principale ed incidentale, li rigetta.

Compensa per intero le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2011

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