Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22816 del 29/09/2017


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Cassazione civile, sez. III, 29/09/2017, (ud. 05/04/2017, dep.29/09/2017),  n. 22816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4179/2015 proposto da:

COMUNE CASTELLABATE, in persona del Sindaco p.t. Sig.

S.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo

studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARCELLO GIUSEPPE FEOLA giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

P.E., S.M., S.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 142, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMILIANO MIGLIORINO, rappresentati e difesi

dall’avvocato ANTONIO AMATUCCI giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

D.B.R., D.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 332/2013 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 17/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/04/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.A. espose, con atto di citazione del 1991, di essere proprietario di un fabbricato per civile abitazione ubicato in via di Sant’Andrea nel Comune di Santa Maria di Castellabate, oggetto di rilascio di concessione edilizia in sanatoria e certificato di abitabilità da parte dello stesso Comune. Precisò che, con Delib. 8 marzo 1988, n. 59, il Comitato di Gestione dell’A.S.L. di Agropoli aveva scelto detto immobile per collocarvi un presidio sanitario zonale, previa stipula di un contratto di locazione al canone mensile di Lire 1.400.000.

Lamentò che, nonostante il parere favorevole dell’U.T.E. di Salerno, tempestivamente trasmesso al Comune, l’ente locale aveva omesso di procedere alla stipula del contratto di locazione, nonostante i numerosi solleciti in tal senso formulati dall’A.S.L..

A causa di tale omissione, il proprietario dell’immobile aveva dovuto chiedere la nomina di un commissario ad acta che provvedesse alla stipula del predetto contratto ed aveva nel frattempo subito il danno corrispondente alla mancata percezione del canone di locazione, dall’agosto 1989 al febbraio 1991. Agì in giudizio chiedendo che di tale danno fossero ritenuti responsabili il Comune di Castellabate e i due sindaci succedutisi nel tempo, D.C. e D.B.R., convenuti in giudizio per essere condannati in solido al risarcimento del danno.

Il Comune si costituì in giudizio e dedusse la presenza di irregolarità urbanistico-edilizie e la mancanza del certificato di agibilità dell’immobile. Il Tribunale di Vallo della Lucania, con sentenza del 2007, accolse la domanda e condannò in solido il Comune di Castellabate, D.C. e D.B.R. al risarcimento dei danni in favore del S. nella misura di Euro 18.075,75 oltre interessi e rivalutazione, e pagamento delle spese del giudizio.

In appello, il Comune rappresentò che erroneamente era stato ritenuto esistente un obbligo legale alla stipula del contratto in base alla L.R. Campania n. 63 del 1980, art. 71. In mancanza di un obbligo legale alla stipula del contratto, evidentemente, doveva ritenersi permanere la discrezionalità del Comune sull’accertamento della legittimità urbanistico-edilizia dell’immobile e sull’idoneità del medesimo ad essere destinato a presidio sanitario.

Il Giudice di appello ha dichiarato inammissibile l’appello principale in quanto non notificato agli eredi, nonostante il Comune fosse stato messo a conoscenza sia dell’avvenuto decesso del S.A. sia del domicilio degli eredi. La costituzione degli eredi era avvenuta solo in seguito alla notifica dell’appello incidentale mentre nessun atto proveniente dall’appellante era stato loro notificato dal Comune sicchè la sentenza impugnata era passata in giudicato.

La Corte d’appello ha ritenuto sussistente la negligenza inescusabile del Comune nell’ambito del procedimento di notifica e ammissibili gli appelli incidentali diretti contro autonomi capi della sentenza e contro una parte diversa da quella sulla quale era stata proposta l’impugnazione principale.

Risultavano inesistenti le notifiche dell’atto introduttivo del primo grado del giudizio nei confronti di D.B.R. e D.C.; di conseguenza il dies a quo, ai fini dell’impugnazione della sentenza da parte di ciascuno degli appellanti incidentali, deve essere individuato con riferimento alle notifiche dell’appello principale.

Il Giudice di appello ha ritenuto pertanto che la sentenza di primo grado fosse nulla. Avverso la sentenza il Comune di Castellabate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria. Resistono S.M., S.G. ed P.E. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 101,102,138,139,157,159,160,161,163 e 164 c.p.c.; della L. n. 142 del 1990, artt. 36 e 38(ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Nullità assoluta della sentenza di primo grado e del procedimento (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

La sentenza impugnata sarebbe illegittima nella parte in cui, dichiarando correttamente la nullità della sentenza di primo grado per inesistenza della notifica dell’atto di citazione, ha limitato tale effetto alla sola posizione del D.B. e D. e non anche a quella del Comune di Castellabate. Ad avviso del ricorrente vi era un rapporto di sostanziale inscindibilità delle posizioni dei convenuti in primo grado e quindi un litisconsorzio necessario sostanziale e processuale.

Stante l’accertata inesistenza della notifica dell’atto di citazione in primo grado, la nullità della sentenza doveva essere dichiarata anche nei confronti del Comune in ragione della nullità assoluta della sentenza stessa.

Con il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 100,163,164,291,300,328,330,342 e 343 c.p.c.; degli artt. 24 e 111 Cost. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Ad avviso del ricorrente l’indirizzo giurisprudenziale che asserisce la nullità della notifica, fatta dal ricorrente alla parte deceduta anzichè agli eredi, sarebbe inapplicabile nel caso in esame in ragione della peculiarità dello stesso e del fatto che la nullità della notifica era stata sanata per effetto della costituzione in giudizio degli eredi.

Gli eredi del S. avevano infatti potuto esplicare il proprio diritto di difesa mediante la proposizione di un appello incidentale a seguito della notifica, regolarmente effettuata nei loro confronti, dell’appello incidentale del sig. D.B..

Si applicherebbe in questo caso il diverso indirizzo interpretativo che si attaglia maggiormente alla specificità del caso e cioè la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la notificazione dell’impugnazione, se comunque rientra nell’area di conoscibilità dell’interessato, non è affetta da inesistenza ma da nullità suscettibile di sanatoria mediante la costituzione in giudizio del soggetto effettivamente legittimato (Cass., 11/06/2007 n. 13667 e Cass., U., 19/12/1996 n. 11394).

Occorre preliminarmente rilevare l’inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., n. 5, perchè il Comune ricorrente non ha riportato gli atti ritenuti non adeguatamente valutati dal giudice di merito. In nessuna parte del ricorso, infatti, si indicano gli atti dai quali desumere la pretesa inscindibilità del rapporto controverso. I signori D. e D.B. vennero citati nella loro qualità di sindaci pro tempore per essere dichiarati responsabili in solido dei danni che il Comune aveva causato con l’omessa stipula del contratto con il dante causa dei resistenti. La responsabilità solidale in un’azione di risarcimento del danno non genera alcun rapporto di inscindibilità tra le posizioni dei coobbligati, tali ai sensi dell’art. 28 Cost.. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso di escludere che l’obbligazione solidale passiva (non)comporti, sul piano processuale, l’inscindibilità delle cause e rfidlt dia luogo a litisconsorzio necessario/in quanto, avendo il creditore titolo per rivalersi per l’intero nei confronti di ogni debitore, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, il quale può utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati, con la conseguenza che se sia uno solo di essi a proporre appello (o questo sia formulato solo nei confronti di uno di essi) il giudizio può legittimamente proseguire senza dover estendere necessariamente il contraddittorio nei confronti degli altri, non rientrandosi in una delle ipotesi previste dall’art. 331 c.p.c. (Cass., 2, n. 24680 del 21/11/2006).

Anche il secondo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto, laddove rappresenta che vi sarebbe stata conoscibilità del gravame avendo il Comune notificato l’appello allo stesso procuratore che gli aveva notificato, in qualità di difensore degli eredi S., l’atto di precetto sulla scorta della sentenza di primo grado, nulla dice in ordine al procuratore che avrebbe redatto l’atto, nè in merito all’atto di precetto dal quale derivare la conoscibilità.

Avendo l’ente ricorrente notificato non agli eredi del S. ma al difensore, tale atto è sanzionato sotto il profilo processuale con la dichiarazione di nullità assoluta, sicchè il secondo motivo deve essere anch’esso dichiarato inammissibile.

In secondo luogo occorre rilevare che i singoli motivi sono generici e non specificano le ragioni dell’impugnazione secondo le prescrizioni di questa Corte secondo la quale “I motivi posti a fondamento del ricorso per cassazione devono avere i caratteri della completezza e della riferibilità alla decisione impugnata con l’esposizione tra l’altro di argomentazioni intellegibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o principi di diritto, essendo inammissibile il motivo nel quale non venga recitato in qual modo e sotto quale profilo (se per contrasto con la norma indicata o con la interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina) abbi avuto luogo la violazione nella quale si assume essere incorsa la pronuncia” (Cass. 3, n. 8569 del 2013).

Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con le conseguenze derivanti dalla soccombenza sulle spese del giudizio di cassazione e sul raddoppio del contributo unificato.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in Euro 2.200 (oltre Euro 200 per esborsi), accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2017

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