Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22807 del 20/10/2020

Cassazione civile sez. un., 20/10/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 20/10/2020), n.22807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di sez. –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9357-2019 proposto da:

C.M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO

EMILIO 34, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MANDOLESI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato DARIO

MARINUZZI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE

PUBBLICA, MINISTERO DELL’ECONOMIA;

– intimati –

per la risoluzione del conflitto negativo di giurisdizione tra le

sentenza nn. 5814/2015 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL

LAZIO depositata il 21/04/2015 e la n. 433/2018 della CORTE DEI

CONTI -SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO ROMA,

depositata il 28/11/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SANLORENZO RITA, che ha concluso per la declaratoria

della giurisdizione del giudice amministrativo;

udito l’Avvocato Roberto Mandolesi.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- C.M.A., militare in servizio presso il Comando provinciale della Guardia di Finanza (OMISSIS), insieme ad altri lavoratori dipendenti appartenenti al Comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, ha adito il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – sede di Roma, per chiedere nei confronti delle Amministrazioni convenute (Ministero dell’economia e delle finanze-Guardia di Finanza e Inpdap, cui è poi subentrato l’Inps) il riconoscimento del suo diritto al trattamento pensionistico spettante secondo il sistema retributivo vigente prima della riforma introdotta dalla L. 8 agosto 1995, n. 335.

In via subordinata, ha chiesto l’accertamento della responsabilità delle Amministrazioni per il mancato tempestivo avvio delle procedure di negoziazione o concertazione riguardanti il trattamento di fine rapporto e la previdenza complementare, con conseguente condanna al risarcimento dei danni subiti.

1.1.- Con sentenza depositata il 21/4/2015, n. 5814, il Tar ha declinato la sua giurisdizione ritenendo sussistente per entrambe le domande la giurisdizione della Corte dei conti.

1.2.- Il Giudice amministrativo ha osservato che il diritto era stato invocato sul presupposto, incontestato, che non era stata data completa attuazione al sistema della previdenza complementare per il pubblico impiego, previsto dalla L. n. 335 del 1995, cit.; che, secondo l’assunto dei ricorrenti, il mancato avvio delle procedure di negoziazione o concertazione per la costituzione della previdenza complementare (cosiddetto “secondo pilastro”) era stato penalizzante per i dipendenti appartenenti alla loro categoria, in quanto la istituzione della previdenza complementare era destinata a colmare il divario economico derivante dal passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo e, finchè non fosse stata istituita una forma di previdenza aggiuntiva, essi avevano diritto al calcolo della pensione secondo il precedente sistema; diversamente opinando, sempre secondo i ricorrenti, tutto l’impianto normativo creato dalla L. n. 335 del 1995 doveva ritenersi affetto da illegittimità costituzionale per contrasto con l’art. 3 Cost., art. 36 Cost., comma 1, art. 38 Cost., comma 2.

1.3.- Secondo il Tar, seguendo questa prospettazione, la controversia aveva ad oggetto la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione, nonchè il risarcimento dei danni conseguenti alla mancata istituzione della previdenza complementare, sicchè, sulla base del petitum sostanziale, essa rientrava in materia devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti.

2.- Il C. ha quindi adito la Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo che, con sentenza n. 40 del 2017, ha riconosciuto la sua giurisdizione sulla domanda principale, rigettandola nel merito sul presupposto dell’insussistenza di un rapporto di subordinazione o di collegamento tra il nuovo sistema di calcolo contributivo (o misto) della pensione e l’attivazione delle forme di previdenza complementare di comparto di cui al D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, come innovato dalla stessa L. n. 335 del 1995.

2.1.- Riguardo, invece, alla domanda risarcitoria, il Giudice contabile ha ritenuto – in ragione del collegamento del danno lamentato alla mancata attivazione del secondo pilastro, sia sotto forma della minor profittabilità degli incentivi fiscali previsti per i fondi, sia per effetto dell’impossibilità di destinare al fondo pensione il TFR, che in tal modo avrebbe aumentato il montante previdenziale – che essa trovasse la sua causa petendi nell’ambito della previdenza complementare e, dunque, esulasse dalla gestione del rapporto pensionistico attribuito alla competenza esclusiva della Corte dei conti. Al riguardo ha precisato che le questioni riguardanti il trattamento di fine servizio, la cosiddetta buonuscita, sono attribuite alla giurisdizione del giudice competente per il rapporto di lavoro (Cass. Sez. Un. 7/11/2013, n. 25039), che nella specie va individuato, ai sensi dell’art. 17 cod. giust. cont. (D.Lgs. 6 agosto 2016, n. 174), nel giudice amministrativo, al quale solo spetta di valutare se il danno in parola sussista effettivamente e se esso sia da porsi in relazione causale con l’azione amministrativa o, comunque, con una responsabilità dello Stato.

2.2.- La Corte dei conti – sezione giurisdizionale centrale di appello, con sentenza n. 433/2018, depositata il 28/11/2018, ha confermato la sentenza della Sezione regionale, anche in punto di giurisdizione sulla domanda risarcitoria.

3.- Con ricorso notificato in data 15/3/2019 il C. ha proposto ricorso presso questa Corte per conflitto negativo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 2, punto 1, e ha chiesto che, sulla domanda risarcitoria formulata nei due giudizi instaurati, rispettivamente, dinanzi al Tar e, successivamente, dinanzi alla Corte dei conti, sia individuato e dichiarato il giudice fornito di giurisdizione.

3.1.- Al ricorso ha resistito solo l’Inps con tempestivo controricorso, con il quale ha chiesto che sia dichiarata in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e, in via subordinata, che sia dichiarata la giurisdizione della Corte dei conti in ordine alle domande pensionistiche e del giudice amministrativo in ordine alle domande relative alla mancata attivazione della previdenza complementare.

Non hanno invece svolto attività difensiva la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’economia.

In prossimità dell’udienza, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Deve in primo luogo rigettarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Inps sul presupposto che il ricorrente difetti di interesse, in quanto egli non sarebbe ancora in possesso dello status di pensionato.

L’eccezione è inammissibile, perchè – al di là della veridicità di tale asserzione, contrastata dal C. nella sua memoria ex art. 378 c.p.c. – la questione del difetto di interesse attiene al merito e non già alla giurisdizione, sicchè il suo esame è precluso alla Corte di Cassazione investita della risoluzione del conflitto.

1.1. Il principio, risalente già a Cass. Sez. Un. 22/12/1999, n. 928, e a Cass. Sez. Un. 6/8/1998, n. 7707, è stato di recente riaffermato da queste Sezioni Unite: “Il difetto di interesse ad agire per mancanza di lesione costituisce una questione relativa ai presupposti dell’azione, la cui decisione rientra nei limiti interni della giurisdizione contabile, con la conseguenza che il ricorso per cassazione che prospetti tale vizio sotto il profilo del difetto di giurisdizione è inammissibile, non riguardando il superamento dei limiti esterni della giurisdizione della Corte dei conti (Cass. Sez.Un. 4/10/2019, n. 24858; v. pure Cass. Sez. Un., 14/1/2015, n. 475).

2. E’ bene ribadire che la giurisdizione della Corte dei conti in materia di pensioni (R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 62) ha carattere esclusivo, in quanto affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia: in essa sono comprese tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisce elemento identificativo del petitum sostanziale e, quindi, tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, nonchè, pur in costanza di lavoro, ogni diritto relativo al rapporto pensionistico (Cass. Sez. Un. 14/11/2018, n. 29284; Cass. Sez. Un. 19/6/2017, n. 15057, ed ivi ulteriori riferimenti giurisprudenziali).

2.1. Deve peraltro aggiungersi che, per radicare la giurisdizione della Corte dei conti, “non è sufficiente la natura largamente previdenziale della prestazione richiesta, ma occorre altresì che tale prestazione sia dovuta da un ente preposto alla previdenza obbligatoria nell’ambito di un rapporto (previdenziale, appunto) che trovi fonte esclusiva nella legge e abbia causa, soggetti e contenuto diversi rispetto al rapporto di lavoro, il quale a sua volta si ponga rispetto al rapporto previdenziale come mero presupposto di fatto e non come momento genetico del diritto alla prestazione” (Cass. Sez. Un. 19/05/2015, n. 10183; Cass. Sez. Un., 12/10/2009, n. 21554; Cass. Sez. Un., 23/04/2008, n. 10464).

2.2. Riguardo alla previdenza integrativa, si è poi affermato che “le controversie promosse da dipendenti in servizio o in quiescenza nei confronti di enti pubblici non economici diversi dallo Stato ed aventi per oggetto il trattamento integrativo erogato da tali enti in aggiunta alla pensione, non attenendo ad un rapporto previdenziale autonomo, ma essendo relative a prestazioni che ineriscono strettamente al pregresso rapporto di impiego posto in essere con l’ente datore di lavoro, in quanto corrisposte da un fondo costituito dai medesimi enti pubblici per mezzo dell’accantonamento di una parte della retribuzione ed alimentato anche da contributi dei dipendenti, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice del rapporto di lavoro e, quindi, al giudice amministrativo in via esclusiva o a quello ordinario” (Cass. Sez. un. 8/6/2011, n. 12462 che richiama Cass. Sez. Un. 30/04/2010, n. 10509; cfr. anche Cass., sez. un., 23/7/2013, n. 17867, e, da ultimo, Cass. Sez. Un., 27/8/2019, n. 21741).

3. La domanda proposta dal C. – e su cui è sorto il conflitto negativo di giurisdizione da dirimere in questa sede – è volta ad ottenere l’accertamento della responsabilità delle amministrazioni datrici di lavoro per il mancato tempestivo avvio delle procedure di negoziazione o concertazione del trattamento di fine rapporto e della previdenza complementare, nonchè la condanna delle stesse al risarcimento dei danni cagionati da tale inadempimento.

3.1. L’attivazione della previdenza complementare è materia riservata alla concertazione-contrattazione, ai sensi delle disposizioni della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 20 e D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 3, comma 2.

Nello specifico, la L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 20, ha disposto che “Ai fini dell’armonizzazione al regime generale del trattamento di fine rapporto e dell’istituzione di forme di previdenza complementare dei dipendenti pubblici, le procedure di negoziazione e di concertazione previste dal D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 195, potranno definire, per il personale ivi contemplato, la disciplina del trattamento di fine rapporto ai sensi della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, commi da 5 a 8, e successive modificazioni, nonchè l’istituzione di forme pensionistiche complementari, di cui al D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, art. 3 e successive modificazioni”.

Le procedure di negoziazione e di concertazione provvedono a definire a) la costituzione di uno o più fondi nazionali di pensione complementare per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare; b) la misura percentuale della quota di contribuzione a carico delle Amministrazioni e di quella dovuta dal lavoratore, nonchè la retribuzione utile alla determinazione delle quote stesse; c) le modalità di trasformazione della buonuscita in trattamento di fine rapporto, le voci retributive utili per gli accantonamenti del trattamento di fine rapporto, nonchè la quota di trattamento di fine rapporto da destinare a previdenza complementare. Destinatario dei fondi pensione è il personale che liberamente aderisce ai fondi stessi.

3.2. E’ il cosiddetto “secondo pilastro” del sistema pensionistico, il cui scopo è quello di aggiungersi alla previdenza di base obbligatoria o cosiddetta di “primo pilastro”. Esso ha come obiettivo quello di concorrere ad assicurare al lavoratore, per il futuro, “più elevati livelli di copertura previdenziali” (così L. Delega n. 421 del 1992, art. 3, comma 1, lett. v)), insieme alle prestazioni garantite dal sistema pubblico di base ed ha trovato compiuta disciplina nel D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, cit.

3.3. Si tratta dunque di una prestazione pensionistica, espressamente definita “complementare” rispetto a quella obbligatoria posta a carico dello Stato, certamente in “collegamento funzionale” con quest’ultima (Corte Cost. 3/10/2019, n. 218, che rinvia a Corte Cost. n. 393/2000 e n. 319/2001), ma da questa sostanzialmente diversa, essendo piuttosto rimessa alla determinazione negoziale in una logica di composizione degli interessi contrapposti delle parti del rapporto di impiego.

4. La controversia in esame involge in via diretta e immediata il rapporto di impiego e, prioritariamente, gli obblighi del datore di lavoro in merito all’avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto, e della conseguente istituzione della previdenza complementare, il cui mancato adempimento è, secondo la prospettazione del ricorrente, fonte di responsabilità contrattuale.

In altri termini, si è in presenza di un’azione risarcitoria, in cui tanto il petitum quanto la causa petendi trovano la loro giustificazione in un inadempimento contrattuale, esulando così dalla materia strettamente pensionistica.

5. Ciò consente di risolvere il conflitto in favore del giudice del rapporto di lavoro – che, nel caso in esame, è il tribunale amministrativo, essendo pacifico che il rapporto di impiego del ricorrente rientra nel regime di diritto pubblico non contrattualizzato sulla base del seguente principio di diritto: “La domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno da mancata attuazione della previdenza complementare per il personale del Comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, riservata alla concertazione-contrattazione, ai sensi delle disposizioni della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, comma 20 e D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 3, comma 2, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, attenendo all’inadempimento di prestazioni di contenuto solo genericamente previdenziale e strettamente inerenti al rapporto di pubblico impiego, non già a materia riguardante un riguardante un trattamento pensionistico a carico dello Stato, sicchè la relativa controversia esula dalla giurisdizione della Corte dei conti”.

6. L’esistenza di contrasti giurisprudenziali, resa evidente in questa controversia dal conflitto reale negativo tra il giudice contabile e il tribunale amministrativo regionale, giustifica la compensazione delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte, sezioni unite, cassa la sentenza del Tar del Lazio e dichiara la giurisdizione del Giudice amministrativo, dinanzi al quale rimette le parti anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 ottobre 2020

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