Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22803 del 09/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/11/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 09/11/2016), n.22803

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27516-2015 proposto da:

S.A., D.S.L., B.G.R.,

M.A., MO.PA., MI.CL., tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO N 18, presso lo studio

dell’avvocato PIETRO FRISANI, che li rappresenta e difende, giuste

procure speciali in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente successivo –

e contro

C.D., D.G.M.G., G.G.,

MA.FL., SA.BE.GI., tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA NICOLA RICCIOTTI N. 11, presso lo studio

dell’Avvocato FRANCESCO IMPROTA, rappresentati e difesi

dall’Avvocato LUIGI ANGELOZZI, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti successivi –

e contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

e contro

A.R., GI.AL.;

– intimati-

avverso il decreto n. 891/2015 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositato il 28/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA.

Fatto

IN FATTO

Con decreto n. 891/15 la Corte d’appello di Perugia, provvedendo su più ricorsi riuniti, proposti ai sensi della L. n. 89 del 2001 da dipendenti del Ministero degli Esteri in relazione al medesimo giudizio presupposto svoltosi innanzi al TAR Lazio, avente ad oggetto la corresponsione di un’indennità integrativa speciale pari a Lire 1.081.000 annue, prevista dalla L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 37, dichiarava improcedibili i ricorsi proposti da B.G., D.S.L., M.A., Mi.Cl., Mo.Pa. e S.A., perchè non notificati al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Accoglieva, invece, i ricorsi proposti dagli altri, tra cui C.D., D.G.M.G., G.G., Ma.Fl., S.B.G., A.R. e Gi.Al.; e valutata in dieci anni e sette mesi circa la durata del processo presupposto eccedente il limite di ragionevolezza, condannava il Ministero a corrispondere a ciascuno dei suddetti ricorrenti la somma di Euro 3.000,00, oltre interessi dalla domanda al saldo.

A base della decisione d’accoglimento, la circostanza che seppur infondata, la domanda proposta nel giudizio presupposto (avente ad oggetto la corresponsione dell’indennità di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 37, per il personale del Ministero degli esteri destinato a prestare servizio fuori dall’Italia), non poteva ritenersi temeraria, anche se prossima alla temerarietà. Quindi, osservava che ciò insieme con la tenuità della posta in gioco giustificava una liquidazione dell’indennizzo in misura ridotta, chè quella usuale sarebbe stata, per ciascun anno di irragionevole durata del processo, superiore all’indennità domandata nella causa svoltasi davanti al TAR.

Quanto alle spese, liquidava complessivamente per tutti i ricorrenti Euro 800,00, oltre spese generali, IVA e CAP.

Avverso detto decreto sono stati proposti (e già riuniti) tre distinti ricorsi per cassazione: uno da B.G., D.S.L., M.A., Mi.Cl., Mo.Pa. e S.A.; un altro da C.D., D.G.M.G., G.G., Ma.Fl. e Sa.Be.Gi.; e un altro ancora dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nei soli confronti di A.R. e Gi.Al..

Quest’ultimo ricorso è stato, quindi, rinunciato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, avendo i predetti due ricorrenti rinunciato in via stragiudiziale a prendere l’indennizzo, essendo già stati socddisfatti della loro pretesa in un precedente procedimento.

In relazione al primo dei due ricorsi il Ministero si è limitato a depositare un “atto di costituzione” in vista della partecipazione all’udienza di discussione.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso proposto da B.G., D.S.L., M.A., Mi.Cl., Mo.Pa. e S.A. è articolato su due motivi.

Il primo lamenta la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4, nel testo in vigore ante D.L. n. 83 del 2012, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il secondo deduce l’omesso esame d’un fatto decisivo per il giudizio e discusso dalle parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Entrambi affermano che il ricorso è stato, invece, regolarmente notificato al Ministero e depositato all’udienza del 27.4.2015, come da apposita dichiarazione resa a verbale.

2. – Detti motivi, da esaminare congiuntamente per l’identica loro confluenza, sono inammissibili, poichè configurano un errore revocatorio.

Ed infatti, è affetta da errore di fatto revocatorio la decisione della Corte di cassazione che si fondi sull’asserita mancanza della notifica del ricorso per cassazione ove questa, invece, risulti dagli atti (Cass. n. 14420/15). Analogamente, si è ritenuto che l’affermazione contenuta nella sentenza d’appello circa l’avvenuta notificazione della sentenza di primo grado al procuratore costituito, in palese contrasto con le risultanze degli atti prodotti nel giudizio, che escludono incontestabilmente siffatta notificazione, configura un errore revocatorio ex art. 395 c.p.c., n. 4, non suscettibile di essere dedotto in sede di legittimità sotto il profilo della violazione di legge o del vizio di motivazione (Cass. n. 11056/00).

Nel caso di specie, ciò che è denunciato è, appunto. un caratteristico errore percettivo in cui sarebbe incorsa la pronuncia di merito, errore la cui verifica eccede l’ambito del giudizio di legittimità.

3. – Il ricorso proposto da C.D., D.G.M.G., G.G., Ma.Fl. e Sa.Be.Gi., si basa su tre motivi.

Il primo denuncia la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, artt. 1226 e 2056 c.c., art. 6, par. 1, e art. 13 CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 lamentando l’esiguità della liquidazione dell’indennizzo, la sua non rispondenza ai paratremi della giurisprudenza della Corte EDU e di questa Corte di cassazione, e la circostanza che la Corte di merito non ha valutato la posta in gioco in correlazione con la situazione economica dei ricorrenti.

Il secondo motivo deduce, ancora, la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, artt. 1226 e 2056 c.c., art. 6, par. 1, e art. 13 CEDU, nonchè dell’art. 11 preleggi e della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. La Corte territoriale, si sostiene, nell’affermare che, se liquidato secondo gli ordinari criteri, l’indennizzo avrebbe superato per ciascun anno di durata irragionevole la misura dell’indennità che i ricorrenti avevano domandato nel giudizio amministrativo presupposto, ha evidentemente applicato, pur senza menzionarla, la norma della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 3, inapplicabile al caso di specie ratione temporis.

Il terzo motivo lamenta la violazione del D.M. n. 55 del 2014, artt. 1, 2, 4, 5 e 28 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Oltre a non aver specificato i criteri di liquidazione seguiti, la Corte territoriale non ha distinto le spese in relazione ai diversi gruppi di ricorrenti, ciascun gruppo essendo difeso da un proprio avvocato, sicchè il procedimento non poteva ritenersi a tal fine come se fosse stato uno solo.

4. – Le prime due censure, anch’esse da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.

Indipendentemente dal giudizio espresso nel decreto impugnato, secondo cui la domanda proposta nel processo di riferimento sarebbe stata quasi temeraria, la Corte distrettuale ha comunque liquidato l’indennizzo in misura consona alla giurisprudenza di questa Corte e compatibile con le indicazioni del giudice della Convenzione.

Infatti, anche nel sistema della L. n. 89 del 2001 precedente alle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, il giudice, nel determinare la quantificazione del danno non patrimoniale subito per ogni anno di ritardo, può scendere al di sotto del livello di “soglia minima” là dove, in considerazione del carattere bagatellare o irrisorio della pretesa patrimoniale azionata nel processo presupposto, parametrata anche sulla condizione sociale e personale del richiedente, l’accoglimento della pretesa azionata renderebbe il risarcimento del danno non patrimoniale del tutto sproporzionato rispetto alla reale entità del pregiudizio sofferto (Cass. nn. 12937/12 e 15268/11).

La circostanza che l’anzidetta liquidazione dell’indennizzo sia stata motivata in considerazione del fatto che un moltiplicatore annuo di maggior importo avrebbe superato la misura dell’indennità oggetto della domanda proposta davanti al giudice amministrativo, non costituisce, quindi. applicazione implicita di una norma – la L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 3, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012 – inapplicabile ratione temporis ai caso di specie (essendo stati introdotti i ricorsi prima della data di efficacia di detta modifica). Ed anche a interpretarlo nel Rens() inteso dalla parte ricorrente, il decreto impugnato non sarebbe soggetto a cassazione. ma solo a correzione della motivazione in base all’art. 384 c.p.c., u.c., restando ad ogni modo corretta per le considerazioni appena esposte una liquidazione contenuta nell’importo di Euro 300,00 ad anno, dato il carattere bagatellare del giudizio presupposto.

5. – E’ fondato, invece, il terzo mezzo.

Il provvedimento discrezionale di riunione di più cause lascia immutata l’autonomia dei singoli giudizi e non pregiudica la sorte delle singole azioni. Ne consegue che la congiunta trattazione lascia integra la loro identità, tanto che la sentenza che decide simultaneamente le cause riunite, pur essendo formalmente unica, si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise, mentre la liquidazione delle spese giudiziali va operata in relazione a ciascun giudizio, atteso che solo in riferimento alle singole domande è possibile accertare la soccombenza, non potendo essere coinvolti in quest’ultima soggetti che non sono parti in causa (cfr. ex multis, Cass. nn. 15860/14, 15954/06 e 7908/01). Con l’ulteriore corollario che, in caso di riunione, ciascun avvocato difensore ha diritto a percepire gli onorari per le prestazioni professionali eseguite (cfr. Cass. n. 197/01).

Nel caso di specie, invece, la Corte territoriale, sebbene avesse riunito in un unico procedimento più ricorsi, ha poi finito con l’operare un’unica liquidazione delle spese, senza distinguere nè tra i vari ricorsi nè tra i diversi difensori dei molteplici ricorrenti.

6. – Infine, per l’avvenuta rinuncia al ricorso va dichiarata l’estinzione del procedimento di cassazione quanto all’impugnazione proposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

7. – Pertanto, il decreto impugnato va cassato limitatamente al terzo motivo del solo ricorso proposto da C.D., D.G.M.G., G.G., Ma.Fl. e Sa.Be.Gi., con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia che nel liquidare le spese si atterrà al principio di diritto di cui al paragrafo 5 che precede, provvedendo, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3, anche sulle spese del presente procedimento di cassazione.

8. – Nulla per le spese quanto ai ricorsi di B.G., D.S.L., M.A., Mi.Cl., Mo.Pa. e S.A., e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, non essendo stata svolta attività difensiva dalle rispettive controparti.

9. – Rilevato che dagli atti il processo risulta esente dal pagamento del contributo unificato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da B.G., D.S.L., M.A., Mi.Cl., Mo.Pa. e S.A., accoglie il terzo motivo del ricorso presentato da C.D., D.G.M.G., G.G., Ma.Fl. e Sa.Be.Gi., respinti i primi due motivi, dichiara estinto il procedimento di cassazione di cui al ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, cassa il decreto impugnato con rinvio, anche per le spese di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione sesta civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2016

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